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Il passato che torna a cercarci

Marco Luceri
  Tony Leung in una scena del film
Data di pubblicazione su web 01/01/2005  
E’ stato uno dei film più attesi dell’anno questo 2046, ultima fatica del maestro di Hong Kong, quel Wong Kar Wai salito alla ribalta mondiale con lo splendido In the Mood for Love, che quattro anni fa lo proiettò nell’empireo dei grandi autori contemporanei. Presentato all’ultimo festival di Cannes in una versione non ancora definitiva, 2046 si è visto scippare la Palma d’oro dal documentario militante Farehneit 9/11 di Michael Moore, ma nonostante questo le aspettative per l’uscita nelle sale italiane non sono state deluse, anche perché sempre più raramente ormai capita di vedere film di una così rara intensità poetica e visiva come 2046.

Regista della solitudine e degli amori metropolitani, Wong Kar Wai riparte proprio dalla fine del film precedente, come a costruire di questo un’ideale continuazione ed approfondimento. Il protagonista porta lo stesso nome di quello di In the Mood for Love, Chow Mo-wan, ed è interpretato dallo stesso attore, Tony Leung (volto feticcio del cinema di Wong Kar Wai, premiato a Cannes per l’interpretazione nel 2000). Tuttavia, se dai titoli di testa tutto sembra ricondurci al secondo episodio di un film già visto, i primi folgoranti minuti, sospesi tra due epoche diverse eppure immobili, indicano ben presto come l’intero approccio sia cambiato.

Se In the Mood for Love è un film d’amore, 2046 è un film sull’amore. La posta, insomma, si alza, e con essa la pretesa da parte del regista cinese di condurci in un non luogo, privo di coordinate spazio-temporali, chiamato memoria. Ma si sa, i ricordi, soprattutto quelli d’amore, "sono sempre bagnati di lacrime"; per questo motivo il filo conduttore che lega il tutto film dal punto di vista narrativo non è altro che la rievocazione, da parte di Chow Mo-wan (scrittore soprattutto di romanzi erotico-sentimentali), degli amori che hanno segnato la sua vita e che lui rivive nella memoria attraverso il libro che sta scrivendo: un romanzo di fantascienza ambientato nel futuro, nel 2046, appunto.

Un'immagine del film
 
Questo numero misterioso ricorre spesso nel film ad indicare più elementi simbolici: oltre al libro, è il numero della camera d’albergo dove Chow Mo-wan consuma i suoi amori più travolgenti (lui alloggia nella camera accanto, la 2047), è anche il nome del luogo futuro, misterioso e senza tempo, da dove dice di venire all’inizio del film ed è soprattutto l’anno in cui la città-stato semindipendente Hong Kong tornerà definitivamente a fare parte integrante della Cina (nel 1997 è iniziato il processo di passaggio dalla sovranità britannica a quella cinese).

Quest’ultimo elemento, extradiegetico naturalmente, permette a Wong Kar Wai di strutturare il film sulla stretta connessione tra le storie d’amore raccontate e l’idea di costante cambiamento che scandisce il loro svilupparsi ed infrangersi nella dimensione del ricordo. E’ chiaro dunque che in 2046 siamo lontani da una struttura di tipo bergmaniano o proustiano, in cui la ricostruzione della memoria (perduta) procede attraverso un’associazione mediata tra oggetti/eventi presenti e personaggi passati. In questo film, le tre dimensioni temporali sono svuotate del loro valore intrinseco, diventano flussi indistinti in cui perdersi dolcemente e amaramente: c’è un continuo rimbalzare d’identità tra tutti personaggi e le loro storie.

Così la gigantesca soggettiva di Chow Mo-wan all’inizio del film diventa in realtà alla fine un’oggettiva del film stesso, in una confusione d’identità e di punti di vista che arriva a coinvolgere lo spettatore. Veniamo cioè proiettati in quel luogo indefinito dal nome 2046 in cui il concetto di tempo è superato, in una confusione di codici linguistici, visivi e di pulsioni che ricorda molto le splendide "mancanze piene" di Blade Runner (e in effetti la ricostruzione in digitale della futuribile città ricorda molto le scenografie del film di Ridley Scott).

Un'immagine del film
 
Chi ci guida allora in questa avventura sentimentale della memoria negli anni Sessanta è il nostro scrittore Chow Mo-wan, gran frequentatore di feste ed appuntamenti mondani, ognuno dei quali diventa occasione per incontri sentimentali con donne bellissime ed elegantissime. La prima che ci viene presentata è Lulu (Carina Lau), una torbida donna sedotta ed abbandonata che dispensa lacrime e lussuria nella stessa maniera e di cui naturalmente ne approfitta Chow Mo-wan, forte del suo cinismo elegante e dei suoi modi affettati. Lei è anche la prima affittuaria della camera 2046. Il legame che lega lo scrittore a lei, spinge quest’ultimo a trasferirsi nell’albergo e ad affittare la stanza adiacente, la 2047.

Da qui in poi inizia il processo (caro al regista hongkonghese) di lenta trasformazione dello spazio scenico degli interni in un vero e proprio personaggio. Caricati dal cromatismo avvolgente della fotografia di Christopher Doyle (lo stesso di In the Mood for Love) le camere d’albergo diventano un mosaico perfetto dove tra letti, lampade, tappeti e soprattutto specchi si intrecciano le torbide passioni amorose dei suoi affittuari, consumate e non, quasi tutte votate, nella loro impossibilità intrinseca, alla lunga agonia. Fa parte di questa magistrale creazione d’atmosfere, come sempre nei film di Wong Kar Wai, anche la musica, il cui uso lo stesso regista ha voluto definire "impressionista". Oltre ai brani originali (composti da Umebayashi Shigeru), sono presenti arie d’opera (ricorre spesso Casta diva dalla Norma) e pezzi di Xavier Cugat, Dean Martin, Nat King Cole, ripresi anche in più versioni (come Siboney di Cugat, che compare in una cover di Connie Francis); e inoltre temi presi da altri film come Finalmente, domenica! di Truffaut e Non uccidere di Kieslowski (scritti rispettivamente da Georges Delerue e Zbigniew Preisner).

Su tutte le storie storia d’amore che si susseguono in 2046 è centrale quella tra Chow Mo-wan e la bellissima Bai Ling, interpretata dalla giovane Zhang Ziyi (nuova stella emergente del cinema cinese). La forte carica erotica impressa da Zhang Ziyi al suo personaggio, una lussuriosa ragazza che come una mantide si diverte a "divorare i suoi amanti", permette alla storia di scivolare via verso un’autodistruzione dove il sesso, il denaro e l’orgoglio sembrano avere la meglio sui sentimenti profondi dell’anima. Ma è solo apparenza, come quella degli specchi che riflettono continuamente le sagome dei due amanti perduti. 

Un'immagine del film

L’impossibilità di cancellare il ricordo d’amore diventa l’inizio di una nuova vicenda tormentata, quel cercarsi e perdersi continuamente, tema ricco di suggestioni e sempre presente nella filmografia di Wong Kar Wai. Speculare a questa vicenda, e spesso intrecciata con essa, è anche l’amore impossibile che lega Su Li Zhen (Gong Li), figlia del padrone dell’albergo, ad un giovane che vive in Giappone, di cui è follemente innamorata e a cui scrive infuocate lettere d’amore. L’ambigua complicità che Chow Mo-wan stabilisce con lei serve al regista hongkonghese per sottolineare come la scrittura sia uno dei mezzi fondamentali per riuscire a conservare il ricordo di un amore passato o impossibile. E’ questo il significato profondo anche del personaggio interpretato da Tony Leung, che è appunto un giornalista e scrittore, un narratore che proietta nel mondo fantasmagorico della creazione le proprie storie ed ossessioni.

Il quadro molto desolante che si ricava alla fine di 2046 è una rarefazione assoluta, con personaggi ossessionati dai rimpianti e dalla solitudine, persi nella nebbia amniotica di non luogo precario e senza tempo chiamato memoria, da cui nessuno forse, una volta in viaggio, può più tornare. L’amore allora, secondo Wong Kar Wai, è simile a questo misterioso luogo pieno di dolori e fratture, senza del quale però, sembra impossibile l’esistenza, come dice lo stesso Chow Mo-wan, nell’ultimo addio alla sua amante nera Mimi: "Non piangere mai, e se un giorno dovessi sfuggire al passato torna a cercarmi".

 


2046
cast cast & credits
 


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