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La comparsa incompresa

di Barbara Spinelli
  le twin towers di NYC
Data di pubblicazione su web 05/10/2001  
In questo articolo magistrale e lucidissimo (uscito su "La Stampa" del 30 settembre 2001 con il titolo Il cieco e la tempesta, e che qui ripubblichiamo parzialmente), Barbara Spinelli ha delineato il ritratto del protagonista della nostra ordinaria tragicommedia. Un carattere degno di Molière interpretato da una comparsa. L'inadeguatezza di questa comparsa a recitare il ruolo di protagonista. L'impotenza di un piccolo uomo chiamato a sfiorare la tragedia e a viverla con perfetta inconsapevolezza (s.f)

Ancora non sappiamo se il premier italiano abbia chiaro in mente quello che è successo l'11 settembre sui cieli di Manhattan: la conoscenza di sé e della propria mortalità, che l'intero Occidente ha sperimentato e che l'America ha conosciuto per la prima volta; la rivelazione che l'attentato terrorista ha rappresentato per le democrazie liberali. Rivelazione di un avversario senza volto, senza discorso, che è figlio dei nostri nichilismi e che solo in apparenza è esterno. Rivelazione di un Golem - Bin Laden oggi, i suoi eredi domani - che l'insipienza occidentale ha fabbricato con le proprie mani, esattamente come il professor Frankenstein fabbricava mostri votati a distruggere il loro stesso creatore.

Tutte queste cose sembrano ignote a Berlusconi, e poco importa se una parte di italiani approva quel che ha detto a proposito della nostra civiltà e dell'occidentalizzazione del mondo. Nella democrazia rappresentativa il politico è eletto per pensare più lontano dell'elettore, e precisamente questo compito il Premier fatica a assumere. Il compito di guidare la nave come un capitano che conosce le acque e i venti, e sa come condursi quando arriva il tifone. Nel mezzo del tifone il capitano italiano ha parlato come se l'11 settembre non fosse esistito, sotto forma di sfida al pensiero forte. Ha parlato come uno statista che nel '14-18 avesse finto, per abulia, di vivere nel 1910.

Quel che sembra non aver afferrato, in prima linea, è la dimensione della minaccia: la sua natura insidiosa, non identificabile con una religione o una ideologia di destra o di sinistra. Il desiderio del terrorista contemporaneo è di distruggere per distruggere, di disfare tutto quello che in Occidente è vitale. L'energia che lo anima è nichilista prima ancora di esser musulmana: può ricorrere alla frenesia religiosa, ma al tempo stesso sa scegliere complici assai secolari nell'Occidente dove vive a nostro fianco. Il folle di Dio è anche esperto in finanza e paradisi fiscali, è connivente con mafie, commercianti d'armi e di droghe. È una delle lezioni dell'11 settembre: le forze che vogliono demolire sono state assai più rapide a globalizzarsi, trasgredendo leggi e frontiere, delle forze edificatrici che si proponevano una mondializzazione già tronfia di sé prima di esistere. La vittoria ottenuta con il crollo del comunismo in Europa e Russia aveva generato l'illusione che la storia fosse felicemente finita, che il mercato globalizzato fosse incompatibile con i dispotismi, che le democrazie non fossero più esposte a pericoli.

Berlusconi non si è accorto del disastro, e ha continuato a fare e dire come se il mondo si fosse fermato poco prima dell'11 settembre. Non si è accorto che la storia gli passava accanto, tragica. Che urgeva far fronte non solo con le armi e gli attestati di fedeltà all'America, ma anche con la mente: ripensando la civilizzazione occidentale, i secoli che abbiamo alle spalle, le lezioni che essi impartiscono. Il rifiuto della memoria vigile è l'arma dei fanatismi - religiosi o secolarizzati - ma anche le democrazie ne possono essere affette e Berlusconi simboleggia ormai tale patologia fatta di smarrimenti, dimenticanze, confusioni di epoche. Altrimenti non avrebbe, nelle stesse ore, proclamato la superiorità della cultura d'Occidente rispetto alla musulmana, e tentato di imporre una legge sulle rogatorie che complica immensamente le domande che i magistrati di uno Stato sovrano rivolgono a colleghi stranieri, nelle inchieste concernenti il riciclaggio del denaro, i paradisi fiscali, la corruzione, dunque anche il terrorismo internazionalizzato.

L'uomo del 1910 ritiene immortale la supremazia della propria civiltà e nello stesso tempo le scava la fossa, nela breve illusione di proteggere se stesso o Previti o Dell'Utri dal giudizio delle corti. Sull'Islam apre una tavola rotonda culturale nel momento in cui forti componenti di quel mondo si sentono tradite dall'uso che i terroristi fanno della religione musulmana. E anche sulla magistratura va controcorrente, rendendo difficile un'attività più che mai preziosa nella lotta al terrorismo, ma impensabile senza l'internazionalizzazione di una giustizia sburocratizzata. Berlusconi non sa quello che difende, quando difende i Lumi. È con la forza indolente dell'oblio che guarda il mondo ferito da un atto di guerra che ha illuminato le menti di tanti, non la sua.


 





 
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