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L'eterna primavera di Kim Ki-Duk

di Federico Ferrone
  un'immagine del film
Data di pubblicazione su web 10/01/2005  
Tae-Suk è un'enigmatica figura che si aggira per il paese con la sua moto BMW alla ricerca di appartamenti lasciati vuoti dai proprietari partiti in vacanza. Quando ne trova uno vi si installa fino al ritorno di questi ultimi, attento a non rompere niente, fotografandosi con la sua macchina digitale e facendo persino il bucato per gli inconsapevoli ospiti. Senza rubare, senza commettere effrazioni, il protagonista trascorre la sua vita vagando di casa in casa, immergendosi per poche ore o pochi giorni nell'ambiente quotidiano delle persone. Un giorno penetra in una ricca casa senza accorgersi che una donna, Sun-hwa, si trova ancora all'interno. Infelice e maltrattata dal marito, Sun-hwa decide di abbandonare la sua casa e seguire Tae-Suk, innamorandosene, nella sua strana odissea. Ma il mondo esterno non sembra comprendere l'amore, silenzioso e sottile, dei due.

Conosciuto nei festival europei per la forza ed anche la violenza dei suoi precedenti film (la scena di un tentato suicidio con ami da pesca nel precedente Seom - L'isola provocò uno svenimento a Venezia, nel 2001), già negli ultimi film Ki-Duk aveva levigato i toni forti, aprendosi ad atmosfere più dilatate e rarefatte. Ferro 3 è infatti un film fatto soprattutto di silenzi. Un silenzio che è scelta volontaria dei due protagonisti e che è interrotto solamente dai dialoghi e soprattutto le urla dei personaggi secondari, a partire dal marito di Sun-hwa fino ai poliziotti che arrestano Tae-suk. Personaggi di contorno che sono sgradevoli ed insensibili a tal punto che si ingenera nello spettatore quasi un fastidio per la parola, che diviene il marchio di un mondo insensibile e banale, da opporsi al silenzio e alla mimica, talora tenera, talora combattiva, dei due interpreti principali.

Il film può essere letto come una favola dei nostri tempi, storia di un incontro tra due anime sole, fatte per incontrarsi ed isolarsi dalla comprensione degli altri. In un'atmosfera del genere sono tanto più efficaci le esplosioni di violenza, marchio di fabbrica dei precedenti film di Ki-Duk, che segnano lo scontro tra il mondo dei protagonisti e il mondo esterno. Se di favola si tratta (ed il tono irreale va via via accentuandosi nel finale), non viene però mai meno il contatto con la realtà, ottusa e violenta.

A proposito di violenza, il titolo Ferro 3 allude, in termini golfistici, alla mazza numero tre. Tra i molti oggetti che ritornano più volte (una bilancia, la macchina fotografica, la moto), e a cui sono legati momenti importanti del film, si trova appunto una mazza da golf. Con una mazza Tae-Suk ferisce una passante innocente, mette k.o il marito di Sun-hwa e sempre con lo stesso oggetto è torturato da quest'ultimo.

Un alone di mistero avvolge le figure dei bravissimi protagonisti, in particolare quello maschile: angelo caduto, delinquente o fantasma?, Tae Suk (Jae Hee) non pronuncia una sola sillaba. I due attori assorbono silenziosi tutta la durezza e l'ostilità del mondo che percorrono e rispondono con il corpo, dialogando con il viso ed i gesti oppure, il più delle volte, comprendendosi automaticamente.

Pieno di finezze, di regia (la progressiva guarigione dei lividi di Sun-hwa dopo la fuga) e di dolcezza, fotografato in maniera splendida e con una canzone araba a fare da leit-motiv musicale, Ferro 3 è un film di rara leggerezza, davvero poetico e, oltretutto, senza le lungaggini che si porta con sé a volte il cinema intimista dell'estremo oriente.

 


Ferro 3
cast cast & credits
 





 
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