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Mare mare mare voglio annegare...

di Marco Luceri
  Belén Rueda e Javier Bardem
Data di pubblicazione su web 08/09/2004  
È stato uno dei film più attesi alla Mostra del Cinema l'ultima fatica di Alejandro Amenábar, Mar adentro (Mare dentro), e di certo non ha deluso le attese. Dopo aver sperimentato le strade del thiller con i validissimi Apri gli occhi (1997) e Tesis (2000), e soprattutto dopo il successo planetario di The Others (2002), il giovane regista spagnolo cambia totalmente registro per tracciare un'amara e commovente parabola di sentimenti contrastanti, legati all'eterna lotta tra la vita e la morte. Il significato di questa coraggiosa scelta, concretizzatasi nella realizzazione di un film memorabile, impone ormai Amenábar come il maggior autore del nuovo cinema spagnolo (che da qualche anno a questa parte gode di una sorprendente rinascita).

Mare dentro è tratto dalla storia vera di Ramón Sampedro che a diciannove anni si imbarca su una nave norvegese con l'intenzione di girare il mondo. All'età di venticinque anni resta però vittima di un gravissimo incidente: tuffandosi in acqua da uno scoglio, in un giorno di risacca, resta paralizzato dal collo in giù. Ramón viene accudito amorevolmente dalla sua famiglia, ma nonostante questo, sente che la vita da paraplegico non è "dignitosa". Decide perciò di ricorrere all'eutanasia per porre consapevolmente fine alla sua esistenza. Per raggiungere il suo scopo avvia una pratica legale, andata avanti per alcuni anni, che nonostante il clamore suscitato nell'opinione pubblica spagnola non ha avuto buon esito. Nel 1996 Ramón pubblica i suoi scritti raggruppati nel libro Cartas desde el infierno, a cui seguirà nel 1998 il postumo Cando eu caia. Proprio in quest'anno riesce a portare a termine un piano per morire, senza incriminare nessuno dei suoi parenti.

Javier Bardem
 
Amanábar non aggiunge una virgola alla vicenda da rappresentare, eppure il materiale narrativo, che farebbe presupporre un film dal forte impianto realista, riesce spesso a trasformarsi - grazie ad un sapiente lavoro di regia - in una fuga verso l'onirico in cui si condensano forse i migliori momenti del racconto. Esso si struttura, a livello drammaturgico, principalmente su tre nuclei: Ramón (interpretato da un superlativo Javier Bardem), i suoi familiari (padre, fratello, cognata e nipote), le due donne che si innamorano di lui e cioè l'avvocatessa claudicante Julia (Belén Rueda), e Rosa (Lola Dueńas), giovane sempliciotta di paese.

Naturalmente il polo di attrazione e motore della vicenda è la personalità di Ramón, che fin dall'inizio viene presentato come una figura profondamente contraddittoria: un uomo ricco di umorismo, creatività, pieno di vita, che però ha nella mente un unico obbiettivo: morire. Questo doppio registro del carattere riesce a catturare da subito l'attenzione. Non siamo di fronte ad un personaggio monolitico, tutt'altro. E' però, quella di Ramón, una dimensione estrema, radicale, perché si sviluppa tutta tra due poli opposti: la carica vitale che infonde a tutto ciò che lo circonda e l'estremo atto da compiere. Pian piano questa dualità irreversibile risucchia, come in un imbuto, tutti i caratteri degli altri personaggi, confondendo le pulsioni emotive di ognuno di loro. In un certo senso, più riesce ad apparire una fonte inesauribile di sentimenti genuini e vitali, più ogni personaggio (ad eccezione del fratello) tende a condividere la sua strada verso la morte.

Belén Rueda
 
È la cifra evidente di un personaggio altissimo proprio in virtù della sua ambiguità (fisica e psicologica), resa in maniera magistrale da Bardem. Non capita spesso di vedere un attore recitare così bene la parte di un handicappato, ma qui siamo oltre la semplice rappresentazione di un uomo sfortunato. Ramón è un concentrato di lirismo e cinismo, determinazione e sofferenza, vitalità e rassegnazione. Con il solo uso della testa (!), Bardem tesse sul suo volto la tela di questi sentimenti contrastanti, alternando momenti di composta commozione e sofferenza ad esplosioni di gioia compiaciuta.

Amenábar è bravissimo proprio nell'uso del primo piano, per evidenziare questa grande capacità comunicativa del suo attore-personaggio: il volto di Ramón-Bardem ci trasporta allora in una zona al di fuori dello spazio e del tempo e prepara il passo verso i momenti onirici. Spesso infatti al primo piano di Ramón (astrazione dal realismo) seguono lunghi e vertiginosi piani-sequenza aerei che proiettano il personaggio fuori dalla sua camera domestica, in una zona inconscia in cui gli elementi del passato si alternano con quelli di un impossibile presente sognato (ed agognato). Il tempo della narrazione diventa sempre più il tempo di Ramón e lo spazio quello della vita vissuta e ancora da vivere (proprio per questo "impossibile"). Una sospensione così frequente e netta delle coordinate spazio-temporali, ottenuta grazie a quest'uso del montaggio, non fa altro che riverberare anche sugli elementi formali il dualismo del personaggio che investe totalmente tutto il film.

Lola Dueńas
 
Mar adentro evita molto abilmente di confondersi con una gigantesca soggettiva di Ramón. I personaggi delle due donne (ancora un dualismo), Julia e Rosa, che da due prospettive opposte si innamorano di lui, sono funzionali a far conoscere Ramón dall'esterno. L'amore che provano per lui si accompagna alla promessa di aiutarlo ad affrontare il suo ultimo viaggio. Ramón con loro non parla mai di amore, se non legando questo sentimento a quello della morte. Resta allora di questo personaggio una zona oscura e misteriosa, che non è dato conoscere, malgrado le due donne lo investano di una responsabilità così forte. Un altro elemento forte di oggettività è costituito dalla finestra della sua stanza, che è l'unico sguardo sul mondo del malato. Ma questo sguardo non è altro che un occhio sul vuoto, su un'amplissima zona di confine: la casa infatti è immersa nella campagna, fuori dalla civiltà cittadina, come la spiaggia, che è investita di uno status liminale proprio in virtù della deflagrazione dello spazio-tempo.

L'unico elemento di unione che resta tra questa serie infinita di opposti inconciliabili è proprio il mare (forse Amenábar in questo raccoglie l'eredità poetica della scuola francese tra le due guerre, quella di Vigo, Epstein, Grémillon e Renoir), che diventa il fluido incessante fra vita e morte - Mar adentro è uno dei versi di una poesia di Ramón. Egli stesso, verso la fine del film, rivela che il mare gli ha dato la vita e il mare se l'è ripresa. Il mare allora, proprio alla fine, riacquista quel significato mitico-simbolico a lungo inseguito da Ramón: una linea dell'orizzonte che non finisce mai, che si protrae all'infinito, trasformandosi in un tentativo di fuga, di viaggio. In Mar adentro tutta l'esperienza cinematografica diventa un viaggio emotivo, una lunga linea d'orizzonte che ci astrae dalla realtà per condurci verso un'altra. Come per Ramón. Come dalla vita alla morte. E viceversa.

Mare dentro
cast cast & credits
 



 
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