Il coro della civiltà

di Gianni Cicali

Data di pubblicazione su web 18/06/2003

Una scena dal Nabucco di Verdi al Regio di Parma
Nabucco di Giuseppe Verdi è, fino a prova contraria, un'opera che fin dalla sua 'nascita' il 9 marzo del 1842 alla Scala rimane viva e bellissima. A crearne la leggenda contribuì lo stesso Verdi: l'aneddoto del libretto che cade e si apre proprio ai versi del " Va pensiero " è la parte per il tutto del mito, tornato in scena al teatro Regio di Parma per il Festival Verdiano 2003: una serata e un allestimento di altissimo livello.

In evidenza da subito il nitore appassionato ma calibrato dell'orchestra del teatro Regio, tanto che l'impressione è che gli orchestrali eseguano Nabucco quasi 'a memoria', la stessa sensazione che alcuni avevano ascoltando i Berliner nelle sinfonie beethoveniane. È un'orchestra dotata, in parte, di una vita e di una capacità interpretative autonome al di là della direzione che ha tuttavia il non facile compito di farne emergere tutte le potenzialità. Prova riuscita all'esperto Bruno Bartoletti. A questo si aggiunga il coro del Regio di Parma e il gioco è non solo fatto ma unico. Dati questi elementi (orchestra, coro), da alcuni definiti 'parti fisse' della drammaturgia verdiana a Parma, le uniche incognite sono regia e cantanti.

Nabucco


Alla regia è stato chiamato Charles Roubaud che con Isabelle Partiot alle scene e Katia Duflot ai costumi ha dato vita a una grande, raffinata e leggibile mise en scène all'altezza dell'occasione. Il Medioriente di Nabucco è la terra delle scritture: l'ebraico della Bibbia, la scrittura cuneiforme degli assiri, e Roubaud ha lasciato che i segni della parola dominassero la scena. Così il tempio di Israele è una enorme aula nera con versetti in ebraico iscritti in oro sulle pareti, mentre la reggia di Babilonia è un susseguirsi mobile di quinte teatrali e veli rossi, a volte rosso sangue come i tramonti, con le scritte dorate del cuneiforme. Alla staticità della certezza divina del tempio israelita si contrappone l'effimera e teatrale mobilità del potere e dell'idolatria assiro-babilonese. Una scelta che esprime tutta la sua cifra al momento della maledizione che si abbatte su Nabuccodonosor il quale nel trionfo sullo sconfitto popolo di Sion si autoproclama dio ed è di conseguenza annientato dall'ira di Jahvè: non un fulmine con 'effetto speciale' ma un semplice ed enorme versetto biblico che come un macigno cala sulla sua testa portandolo alla rovina e alla follia, che troveranno redenzione solo nella sottomissione al Dio di Israele.

Un allestimento in cui dunque la parola vive nelle sue declinazioni ultraterrene e umane sulla scena. Solo in un'altra occasione abbiamo assistito a una così efficace presenza della parola scritta come parte integrante dell'opera e cifra dell'allestimento: per il Lohengrin del Maggio Musicale Fiorentino del 1999 con la regia di Luca Ronconi. Anche lì, con analoga e brillante intuizione, la parola (nel caso dal libretto di Wagner) invadeva a tratti la scenografia, proiettata su veli o sulle pareti, con straordinari effetti di alto valore simbolico.

Dopo orchestra, coro, direzione e regia, il 'quinto elemento' sono i cantanti. Sebbene Nabucco sia un'opera in cui protagonista principale è il coro degli ebrei, tuttavia non è secondario lo scontro tra un tiranno e un sacerdote, così come l'inganno di una schiava che usurpa il ruolo di regina e nega la paternità a un re, mentre la conversione e la sottomissione a un potere celeste restano elementi drammaturgici e musicali fondamentali.

Leo Nucci, baritono, è stato un superbo tiranno di Babilonia. Una parte che richiede notevoli qualità performative oltre che canore. Il cantante non ha affatto deluso né sull'uno, né sull'altro versante. Ma straordinaria è stata una piccola quanto efficace intuizione registica messa in atto per l'aria della conversione e del perdono che preludono alla riconquista del potere (parte IV: " Dio di Giuda! l'ara e il tempio/ A te sacri sorgeranno..."): Nabucco compare in scena con una cappa multicolore sulle spalle che è quasi un manto da Arlecchino. Schiantato dall'ira di Dio, privato del trono da Abigaille che si rivela poi una schiava, attraverso un decalage impressionante il personaggio si trasforma da re in un fool degno di Lear. Un tocco geniale reso possibile da uno straordinario attore-cantante che dà anche il giusto rilievo alle caratteristiche del personaggio. Una scelta registica che pare alludere a un germe drammaturgico che giungerà a Rigoletto: tiranni, padri mancati, re e buffoni in bilico tra potere e follia, ordine e sovversione, rivivranno il loro tormento altre volte nelle opere verdiane.

Susanna Neves ha dato vita a un'Abigaille di notevole potenza vocale, ma non è sembrata altrettanto convincente nel registro patetico, nelle sfumature interpretative che la drammaturgia musicale richiede nell'" Anch'io dischiuso un giorno " (II, scena prima) in cui non ha ottenuto l'effetto 'patetico' auspicato ed atteso. Da notare che Abigaille era l'unico personaggio femminile ad indossare un costume con ampio strascico che ricordava le vanità del Settecento operistico e le dispute sulla lunghezza dei manti regali delle prime donne, segnali della gerarchia dei ruoli. Ferruccio Furlanetto ha dato al Gran Sacerdote degli ebrei Zaccaria (basso) l'autorità vocale e scenica che il personaggio richiede, e non dimentichiamo che i salmi del re David portano spesso la dicitura: " per il capocoro " seguita da indicazione musicale. Nicola Rossi Giordano (Ismaele) e Gloria Scalchi (Fenena), la coppia di innamorati su opposti schieramenti, hanno onorato il proprio ruolo sebbene non preminente in quest'opera invasa da Dio. Bravi gli altri: Enrico Turco (Gran Sacerdote di Belo), Rosario La Spina (Abdallo), Sabrina Modena (Anna), la cui voce, a tratti, spiccava negli insiemi.

Ma Nabucco è soprattutto coro, anzi coralità. Il celebre " Va' pensiero ..." è un raro campione di comunicazione tra pubblico e scena, interpreti e spettatori; è un momento di straordinaria armonia di musica, drammaturgia e società. Nell'agone operistico parmigiano si svela tutta l'intima natura di questa celeberrima pagina: è il coro di una società che si riconosceva a teatro, che era, e a Parma è ancora, capace di sentirsi sulla scena, è la memoria di una comunità che celebrava i propri riti nei palchi, nel loggione, nel foyer. Non dimentichiamo che il teatro d'opera (soprattutto) ma anche di parola è stato uno dei più importanti canali di formazione civile dell'Italia ottocentesca, oramai tristemente perduto. La regia ha evidenziato con semplicità queste valenze: prima alcuni coristi si alzano (e tra loro in primo piano un sosia quasi perfetto del Gesù pasoliniano), poi si guardano l'un l'altro, infine, lentamente, si portano per il crescendo al proscenio. Parma è una città legatissima ai propri coristi e orchestrali, al proprio teatro e alla propria alta civiltà. Non poteva mancare il bis che, tuttavia, non ha potuto che restituire attenuata la prima irripetibile emozione. Il coro del Nabucco, in questo splendido allestimento, è stato il coro della civiltà... teatrale.

Nabucco

Cast & Credits

Trama

 
 

 





Cast & credits

Titolo 
Nabucco
Sotto titolo 
Dramma lirico in quattro parti
Data rappresentazione 
14/06/2003
Città rappresentazione 
Parma
Luogo rappresentazione 
Teatro Regio
Prima rappresentazione 
Milano, Teatro alla Scala, 9 marzo 1842
Libretto 
Temistocle Solera
Regia 
Charles Roubaud
Interpreti 
Leo Nucci (Nabuccodonosor)
Susan Neves (Abigaille)
Ferruccio Furlanetto (Zaccaria)
Nicola Rossi Giordano (Ismaele)
Gloria Scalchi
Enrico Turco (Gran Sacerdote)
Rosario La Spina (Abdallo)
Sabrina Modena (Anna)
Produzione 
Nuova produzione della Fondazione Teatro Regio di Parma - allestimento Opéra de Monte-Carlo - Chorégies d'Orange
Scenografia 
Isabelle Partiot
Costumi 
Katia Duflot
Luci 
Fabrice Kebour
Musiche 
Giuseppe Verdi
Orchestra 
Teatro Regio di Parma
Direzione d'orchestra 
Bruno Bartoletti
Coro 
Coro del teatro Regio di Parma
Maestro del coro 
Martino Faggiani
Note 
Edizione critica a cura di R. Parker - Casa Ricordi, Milano

Trama

Trama:

Parte I
Gerusalemme. All`interno del tempio di Gerusalemme, i Leviti e il popolo lamentano la triste sorte degli Ebrei, sconfitti dal re di Babilonia Nabucco, che ora è alle porte della città. Il gran pontefice Zaccaria rincuora la sua gente. In mano ebrea è tenuta come ostaggio, infatti, la figlia di Nabucco, Fenena, la cui custodia Zaccaria affida a Ismaele, nipote del re di Gerusalemme. Questi, tuttavia, promette alla giovane di restituirle la libertà, perché un giorno a Babilonia egli stesso, prigioniero, era stato liberato proprio da Fenena, di lui innamorata. I due stanno organizzando la fuga, quando giunge nel tempio Abigaille, supposta figlia di Nabucco, a comando di una schiera di Babilonesi. Anch`essa è innamorata di Ismaele e minaccia Fenena di riferire al padre che ella ha tentato di fuggire con uno straniero; infine si dichiara disposta a tacere a patto che Ismaele rinunci a Fenena. Ma egli si rifiuta di soggiacere al ricatto. A capo del suo esercito irrompe Nabucco, deciso a saccheggiare la città. Invano Zaccaria, brandendo un pugnale sopra il capo di Fenena, tenta di fermarlo, poiché Ismaele si oppone e consegna Fenena salva nelle mani del padre.


Parte II.
L`empio. Nella reggia di Babilonia. Abigaille è venuta a conoscenza di un documento che rivela la sua identità di schiava: dunque erroneamente i Babilonesi la ritengono erede al trono. Nabucco, in guerra, ha nominato Fenena reggente della città e ciò non fa che accrescere l`odio di Abigaille verso di lei. Il gran sacerdote di Belo alleato di Abigaille, riferisce che Fenena sta liberando tutti gli schiavi Ebrei. Abigaille coglie l`occasione e medita di salire sul trono di Nabucco. Zaccaria, intanto, annuncia festante al popolo che Fenena, grazie all`amore di Ismaele, si è convertita alla religione ebraica. Essa viene raggiunta da Abdallo, vecchio ufficiale del re, che svelate le ambizioni di Abigaille, le consiglia di fuggire per non incorrere nella sua ira. Ma non c`è tempo, poiché irrompe Abigaille che ha con sé i Magi, il gran Sacerdote e una folla di Babilonesi. Giunge però, inaspettato, anche Nabucco che si ripone la corona sul capo, maledicendo il dio degli Ebrei. Quindi minaccia di morte Zaccaria. Alla dichiarazione di Fenena che rivela la propria conversione, egli replica imponendole di inginocchiarsi e di adorarlo non più come re, ma come dio. Il dio degli Ebrei lancia un fulmine. Nabucco, atterrito, cade agonizzante, mentre Abigaille si pone sul capo l`agognata corona.


Parte III.
La profezia. Orti pensili nella reggia di Babilonia. Abigaille sul trono riceve gli onori di tutte l`autorità del regno. Nabucco tenta invano di riappropiarsi della corona, ma viene fermato dalle guardie. Nel successivo dialogo fra i due, Abigaille ottiene, sfruttando le instabili condizioni mentali di Nabucco, di fargli apporre il sigillo reale convalidante il documento di condanna a morte per gli Ebrei. In un momento di lucidità, Nabucco si rende conto di avere condannato anche la figlia Fenena e inutilmente implora la sua salvezza. Anzi, Abigaille straccia il documento che attesta il suo stato di schiava, dichiarandosi unica figlia ed erede. Ordina infine alle guardie di imprigionere Nabucco. Sulle sponde dell`Eufrate, gli Ebrei invocano la patria lontana e tocca ancora a Zaccaria consolare il suo popolo con una profezia che li esorta ad avere fede.
Parte IV. L`idolo infranto. Dalla propria prigione Nabucco vede tra gli Ebrei condotti a morte anche Fenena. Disperato si rivolge, convertendosi al Dio degli Ebrei. Abdallo e un manipolo di guerrieri rimasti fedeli al re, vedendo Nabucco rinsavire e rinvigorire, decidono di insorgere guidati dal vecchio re. Negli orti pensili risuona una marcia funebre: stanno giungendo gli Ebrei condannati a morte. Zaccaria benedice Fenena martire. Ma all`irrompere di Nabucco, cade l`idolo di Belo e i prigionieri vengono liberati. Nabucco torna sul trono. Abigaille, avvelenatasi, chiede perdono, morente, a Fenena e auspica il matrimonio di lei con Ismaele. Zaccaria predice a Nabucco il dominio su tutti i popoli della terra.