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Punto sul morto

di Cristina Jandelli
  Pau i el son... presentato in concorso al festival di Cannes
Data di pubblicazione su web 14/05/2001  
A catena, sulla Croisette e in sala, spuntano film sul grande tabù collettivo del Novecento, il tema della morte, annunciato dalla Stanza del figlio di Moretti e dal film di Olmi in concorso a Cannes
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A sorpresa, sulla Croisette e nelle sale italiane - annunciate dal film di Moretti - spuntano come funghi pellicole sul grande tema rimosso del Novecento: la morte, l'elaborazione del lutto.

A Cannes i critici hanno già ribattezzato il film del catalano Marc Recha, presentato in concorso, "la stanzina del fratello". Il perché è presto detto: Pau i el son germà, come scrive su "Repubblica" dell'11 maggio Roberto Nepoti, "evoca soprattutto in una scena (anche se non con la stessa commozione) le immagini di Nanni Moretti: è la sequenza in cui viene chiusa la bara prima di consegnarla, in questo caso, alle fiamme di un inceneritore".

"Due film come il catalano Pau i el son germà e il nipponico Distance - fa eco su "L'Unità" dello stesso giorno Alberto Crespi - (...) si somigliano per un aspetto abbastanza clamoroso: sono film sull'elaborazione del lutto, il che è abbastanza impressionante in un festival che attende come una possibile rivelazione La stanza del figlio di Nanni Moretti. Pau i el son germà sembra proprio, a raccontarne la trama, il fratellino catalano di Moretti. Però lo spunto è un suicidio e arriva subito, ad inizio film".

Curioso quanto condizioni l'osservatorio critico sul cinema la prospettiva imprescindibile di una visione "nazionale": i quotidiani francesi, "Le Monde" e "Libération" in testa, preferiscono indagare sull'approccio metafisico del regista di Distance, Hirokazu Kore-Eda, piuttosto che annotare, nelle loro recensioni, le similitudini tematiche fra i due film presentati lo stesso giorno in concorso. Né ricordano il film del loro connazionale François Ozon Sotto la sabbia - in virtù della sua presentazione nelle sale in tempi differenti: in Italia è appena uscito -, in cui Charlotte Rampling scivola lucidamente nella follia in seguito all'incapacità di elaborare il lutto del marito, scomparso in mare come il figlio del film di Moretti. Paiono non accorgersi, in sintesi, del fil rouge che attraversa numerosi titoli della selezione cannense, come dimostra un'altra nota del critico de "L'Unità".

"Abbiamo uno scoop - scrive ancora Alberto Crespi il 14 maggio -: tutto il concorso di Cannes 2001 è costruito attorno ai film di Ermanno Olmi e Nanni Moretti. I temi de Il mestiere delle armi e de La stanza del figlio sembrano percorrere l'intero palinsesto del festival. Sappiamo che Il mestiere delle armi, oltre che del Rinascimento e dei soldati di ventura, parla sostanzialmente di un uomo - Giovanni delle Bande Nere - che si prepara a morire; mentre La stanza del figlio racconta un lutto, e mette in scena la difficoltà di fare i conti con la perdita di una persona cara. Ebbene, non ci crederete: ma sia The Man Who Wasn't There dei fratelli Coen, sia Vou para casa di Manoel de Oliveira [...] parlano di questo. Nel film dei Coen una moglie si suicida e suo marito narra la storia accingendosi ad andare sulla sedia elettrica; nel film di Oliveira un anziano attore perde moglie, figlia e genero in un incidente stradale e si prepara, con pacata e paradossale serenità, a raggiungerli".

Quel che neanche il critico quotidianista più acuto può seriamente tentar di fare - per l'immediatezza della comunicazione di cui è artefice - è indagare le ragioni di questa riflessione collettiva degli "autori" cinematografici sull'ultimo tabù del Novecento che nel Duemila pare risorto sotto forma di comune ossessione emotiva.


 
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