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Una giornata di ordinario orrore

di Roberto Fedi 
  Kirk Douglas in Asso nella manica di B. Wilder (1951)
Data di pubblicazione su web 03/11/2002  
Come sempre, il giorno dopo sono lì a chiedersi chi è stato il primo che ha dato la notizia (Rete4, per la cronaca). È un modo osceno di riflettere su una giornata, quella di giovedì 31 ottobre e della sua estensione del primo novembre, che ci ha tenuto incollati allo schermo, saltando da un canale all'altro per capire qualcosa di più, e non solo per avere un buon motivo per spargere lacrime e sentirsi, così, migliori e molto più buoni.

Siamo abbastanza adulti per ricordare una notte di molti anni fa, quando un bambino - si chiamava Alfredo Rampi - cadde in un cunicolo scavato per attingere acqua, nella campagna romana. Tutti sanno come finì, in una gazzarra mediatica (e allora c'era solo la Rai). Molti, allora, pensarono con angoscia a un film profetico di Billy Wilder, L'asso nella manica (1951), con Kirk Douglas.

Il caso della scuola molisana, e dei 26 bambini uccisi dal terremoto con la loro maestra, un po' lo ha ricordato. Non stiamo qui a fare classifiche di chi ha 'meglio' reso l'orrore: la Rai, ad esempio, per le prime ore non ha creduto opportuno sconvolgere più di tanto i suoi palinsesti, lasciando a un Giletti neanche tanto perplesso (lui, alla Tv del dolore ci è abituato) l'onere di spiegare che, insomma, 'the show must go on'. In seguito, con Bruno Vespa alla sera e poi a seguire, si sono buttati sulla notizia con qualche ora di ritardo, ma come sempre senza risparmio di mezzi e di retorica.

Un caso così sembra fatto apposta (ci si perdoni la brutalità) per misurare la qualità di una televisione. Una scuola crollata; sotto, decine di bambini intrappolati; intorno, il dolore e la disperazione: e vigili del fuoco, volontari, mezzi di tutti i tipi (di tutti? mah) per cercare di arrivare in tempo. L'occhio della Tv non ha bisogno di orpelli ulteriori per mostrare quello che è già, di per sé, un dramma: è lì, davanti agli occhi di tutti. I commentatori in questo caso sono funzionali solo alla notizia e all'informazione. Non altro.

E invece, in questi casi, gli inviati sembrano fare a gara a chi strappa più lacrime (con qualche eccezione: avere pochi soldi in questi casi aiuta, come dimostra La7). Adusi alla Tv del dolore dei vari Costanzo, Giletti & C., evidentemente ritengono che primo dovere di un buon inviato (poche le eccezioni) sia quello di alimentare lo strazio. Ovviamente nel caos: è logico, ci si chiede, che per ore e ore nessuno abbia potuto sapere e farci sapere quanti erano i bambini sotto le macerie? D'accordo la confusione (tra parentesi: sarà mai possibile, in Italia, salvare qualcuno o cercare di salvarlo senza i volontari? senza centinaia di persone intorno ai vigili del fuoco? senza il voyeurismo dell'orrore? senza gli applausi?): ma ci sarà stato pure qualcuno che aveva gli elenchi, o che sapeva. E invece niente. E ancora: ha un senso riferire frasi raccolte 'a caldo' in quella frenesia? Del tipo "un vigile del fuoco ci ha detto…", "un parente di un bambino ha affermato…", e simili? Che credibilità potranno mai avere? E poi: ci sarà mai nessun direttore di Tg che vieterà espressamente l'intervista strappata a una madre disperata, a una nonna urlante, a un parente sconvolto? Che razza di informazione è questa? Bisogna proprio far vedere le lacrime e far sentire le urla in diretta e al microfono dell'inviato per far capire che lì è accaduta o sta accadendo una tragedia? E infine (ma è un elenco di domande parziale): rimaniamo sempre sbalorditi di fronte alle interviste in diretta, di solito lunghe e su tutte le Reti, ai responsabili dei soccorsi. Ma che ci fanno lì? Si è mai visto un generale che rilascia interviste 'durante' la battaglia? È quello il loro posto? Non hanno un portavoce?

Ore e ore di diretta televisiva, decine di inviati, centinaia di interviste, hanno prodotto solo o quasi una esemplare Tv del dolore. Poca informazione. Nessuna precisa notizia sul procedere dei lavori del salvataggio (in gran parte mancato). Fino alla fine, non era chiaro nemmeno il numero dei morti e dei salvati. Che, poi, due persone fossero decedute altrove nel crollo della loro casa non ha interessato nessuno: quelle e queste sono notizie, non riguardano la Tv del dolore.

PS.
Non sono stati da meno neanche i giornali. L'unico articolo veramente intelligente, serio e pensoso, lo abbiamo letto il 2 novembre sul "Messaggero": si intitola Ora aumenta il rischio per il futuro del sud, ed è scritto da Sebastiano Martelli. Che, infatti, non è un giornalista di professione.

 



 
 
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