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Kidman, il fantasma della femminilità

di Cristina Jandelli
  Nicole Kidman
Data di pubblicazione su web 20/01/2002  
La pelle diafana che la luce attraversa, il naso impertinente, gli occhi lucenti d'intensità. Nell'anno 2001 Nicole Kidman rinasce al cinema e si sveglia star. A maggio ha inaugurato il festival di Cannes con il rutilante Moulin Rouge (Id., 2001), a settembre ha monopolizzato l'attenzione a Venezia, dove ha partecipato con altri due film: The Others di Alejandro Amenábar (Id., 2001), prodotto da Tom Cruise, e Birthday Girl di Jez Butterworth (2002?). I media la corteggiano, gli spettatori l'adorano. L'australiana di ferro è la nuova diva del cinema globale, l'icona riassuntiva di una femminilità che permette agli opposti di scontrarsi e convivere: aggressiva e ferina, romantica e lacerata, lucida e loica, traboccante passione e volontà. E' questa la Nicole Kidman in transito nel dopo Kubrick.

Prima del trattamento, in almeno un film aveva dimostrato di sapersi mettere a nudo giocando con il registro autoironico: in Da morire di Gus van Sant (To Die For, 1995) si concede a una performance di svelamento interpretando una ragazza di provincia decisa a tutto per diventare famosa. Qua e là, uscendo dal personaggio, dimostrava di trovarsi a proprio agio con questa diabolica annunciatrice del meteo regionale disposta anche a uccidere per assecondare i propri sogni di gloria. Mentre civetta querula, l'attrice Kidman ammicca dietro il caschetto ingessato di Suzanne Maretto evocando al suo pubblico l'aneddotica che fiorisce su suo conto: una nomea di rompiscatole perfezionista e di instancabile stacanovista del set. Nicole ha già cominciato la conquista dell'America, dall'Australia con furore.

Kidman, un corpo statuario sottomesso e piegato alla volontà della sua proprietaria di scalare la vetta e piantarvi la bandierina: è un gesto fissato nel finale di Cuori ribelli (Far and Away di Ron Howard, 1992), gran polpettone dove si trova ancora a suo agio dovendo affrontare un personaggio di combattente romantica. Per conquistare il suo fazzoletto di Oklahoma con il futuro marito Tom Cruise la libertaria Shannon sfida - chiome disordinate al vento - i pionieri ottocenteschi, ma è solo la battaglia conclusiva per la vittoria di una irlandese che per il nuovo mondo ha abbandonato la patria esibendosi da soubrette, mendicando da stracciona, contravvenendo alle leggi della famiglia di origine.

Uno sguardo rapido alla carriera: prima del rutilante 2001 non più di un film all'anno, oculatamente scelto zigzagando attraverso i generi, come se le moderne leggi di Hollywood appartenessero al suo Dna e non fossero invece frutto di una conoscenza acquisita e prontamente metabolizzata. Ci sono regole ferree, per gli aspiranti divi. La numero uno: collezionare buoni incassi e non mandare colpi a vuoto. Solo così si incrementa il cachet che è la misura più autentica del valore, la bravura viene dopo. Così alla protagonista del thriller di maniera Malice (Id., di Harold Becker, 1993) fa eco l'esibizione spettacolare di Batman Forever (Id., di Joel Schumacher, 1995) con una donna metà psicologa metà femme fatale decisamente sulle sue corde. Solo una volta provveduto al dovere (del box office) viene il piacere (della soddisfazione artistica): una sterzata e Kidman affronta di petto un personaggio ad alta pregnanza attorica come la Isabel Archer di Ritratto di signora (Portrait of a Lady di Jane Campion, 1996). L'ambiguità si addice a Nicole, è la sua cifra distintiva: una dopo l'altra colleziona donne che sembrano fragili mentre la debolezza è solo il rivestimento esterno di un'anima di acciaio. Forse di ghiaccio.

Poi, forsennatamente Kubrick. Kubrick cattura la coppia sottraendola allo star system per un tempo mortalmente lungo, insostenibile per la celebrità di Cruise ma abbastanza anche per danneggiare la Kidman, e ne fa il perno di un esperimento brutale: vi spreme la linfa che si trasfonde nell'opera-testamento Eyes Wide Shut (Id., 1999) succhiandola dalla vita che resta inerte. Erano perfetti, Cruise e Kidman, con i loro bambini adottivi, la passione romantica, la benedizione del successo e del denaro, quindi non veri. Esteriormente perfetti e interiormente deflagrati come Bill e Alice. Kubrick fa esplodere sullo schermo il loro mondo di cellophan e restituisce alla realtà una verità in frantumi cioè un matrimonio davvero andato in pezzi. Dalle sue ceneri rinasce Kidman, l'ultimo capolavoro.

Il confronto fra i due coniugi attori nel film di Kubrick è ingeneroso per il marito. Fin troppo evidente: Kidman è l'oggetto del desiderio di una macchina da presa carezzevole e amorosa a cui risponde con slancio, uno sguardo delicato ma deciso nel sottolinearne l'essenza anfibia, la durezza, l'insensibilità, l'autentica realizzazione che trova nella finzione. La Nicole di Kubrick è sempre vera, completamente nuda come nascosta dietro un paio di occhialini tondi da maestrina, da brava mammina. Vera perché sempre oltre, al di là, imprendibile, evanescente, pura immagine, icona.

Liberata. E' così in The Others, è così in Moulin Rouge che segna un ritorno alle origini necessario perfino a sfuggire dalle grinfie di Scientology (pare non le venga perdonata la decisione di crescere i figli al riparo dalla setta). L'Australia è il portentoso immaginario di Baz Luhrmann prontamente condiviso da Nicole la guerriera; l'Europa dello spagnolo Amenabár e dei festival internazionali il terreno da cui ripartire per oscurare la fama del marito con la forza di esibizioni complesse, ai limiti, a cui si offre spavalda, senza un'incrinatura, con la sua anima forgiata - ora anche temperata - in acciaio. Sempre più doppia, irreale, compendio della femminilità e dello spettacolo moderno, Kidman in The Others è madre assassina e fantasma nevrotico in cui rivive l'ombra della Grace Kelly hitchcockiana; in Moulin Rouge la tisica Satine figlia della Belle Epoque che ha in realtà introiettato e fagocitato un secolo di cinema, quindi si nutre di Marilyn e Madonna non meno della Garbo di Mata Hari. Non è solo questione di bravura o di assecondare un talento o di sapersi costruire una carriera. La vita artistica di Nicole Kidman ha un prima di esiti alterni e un dopo entusiasmante. In mezzo Kubrick e il suo genio onnivoro.



 

 
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