I Seminari su “Voyages en musique”, iniziati nellanno 2019-2020,
ritardavano per la pandemia e soltanto ora i risultati escono in volume. I
collaboratori, italiani e francesi in genere, partecipano alla ricerca che,
presso lUniversité Paris 8, si «prefigge di mettere in relazione letteratura e
operistica» (p. XIII). Il gruppo si applica soprattutto al testo, «alla
narrazione intesa perlopiù quale rapporto tra note e poesia, nel processo di
costruzione del libretto» e analizza «come il teatro per musica abbia saputo
interpretare il viaggio» (p. XIV).
Nella
rassegna in cinque parti, il criterio cronologico guida Faverzani ad
anteporre i Viaggi “immaginari” a quelli “romantici”. Le migrazioni, verso
lAmerica e verso lEuropa, includono esempi antichi e recenti, fino a Ellis Island (2002) di Sollima e Alajmo.
Quanto alla navigazione in mari italiani, Francesco Cento osserva che
«le disavventure per mare hanno come prerogativa la rilevante immensità del
mare quale elemento di separazione dei personaggi» (p. 4). Per analizzare la
modalità della “fuga”, moltiplica le occasioni e le sue cause, a partire da Litaliana in Algeri di Rossini
(testo di Anelli, 1813) fino a Ero
e Leandro (1879) di Bottesini e Boito. Ancor più nota la
storia di Manon e Renato de Grieux in Manon Lescaut, seguita nei passi melodrammatici del libretto di Giacosa
e Illica. Idomeneo di Mozart,
Il pirata di Romani (e Bellini)
e Otello di Boito (e Verdi)
mettono in scena il topos della
tempesta quale momento decisivo del dramma. Per diverse potenze scatenanti,
variano gli accenti nellesprimere il fenomeno meteorologico meraviglioso e
terribile. Inoltre, peripli, ritorni e approdi scandiscono passi sensazionali
e/o risolutivi. Capita allora il ricordo dello “stidione”, congegno per
simulare i moti ondosi in spettacoli precursori quali Arianna di Monteverdi (Mantova, 1608) e dei decenni
seguenti. Al proposito si cita il ricorrere di incidenti rappresentativi,
imputabili allimpiego di macchinari sofisticati, ma difettosi, come nel Mosè in Egitto (1818) al San Carlo di
Napoli.
Temi
simili riprende DAngelo in Scene
a bordo. La fuga, come scampo e rischio, propone Il Pirata di Romani musicato da Bellini, ove sono protagoniste «Le
onde, quindi, luogo-simbolo di trasformazioni relative, strada verso lignoto […]
tra romanticismo e decadentismo» (p. 15). Poi, quelle che si agitano nel dramma
di Charles Denoyers, ispirato dal dipinto Scène de naufrage di Géricault (1819), rese dalla
scenografia veristica allestita al Théâtre de lAmbigu-comique nel 1839,
secondo la ricostruzione (da recensione depoca) immaginata per esaltare la
musica in emozione, comparabili con quelle del Vascello fantasma (1843) di Wagner. A sua volta, Cammarano
imitò lopera di Denoyers nel Vascello de
Gama (1845), musicato da Mercadante, e qui le opere sono poste a raffronto minuzioso. È dato rilievo
al megafono quale strumento amplificatore usato dai marinai, la cui eco si
avverte in La Gioconda (1876) di Ponchielli
e in Ero e Leandro (1879) di Boito
con musica di Bottesini. Superando altre tempeste, si giunge al Cristoforo Colombo di Illica e Franchetti
(1892), corredato di originali didascalie esecutive. In Manon Lescaut, la celebre scena dellimbarco mostra che «Allopera
si può navigare, insomma, ma più col pensiero» (p. 25) che non mediante
realizzazioni scenicamente plausibili.
Attorno
a Il vascello de Gama, Begotti
ricostruisce – da fonti ben documentate fra storia, pittura e musica – la
«tragedia umana rielaborata in tanti linguaggi» (p. 27). Sempre ispirato dal
naufragio della Méduse, levento
centrale dellopera è ricollocato nella sua cornice storica e sociale e con un
resoconto sul rapporto fra musica e poesia, aperto a digressione sul sodalizio
(e carteggio) fra il librettista Cammarano e Verdi. Tale soggetto viene ripreso
nel Novecento e ora adeguatamente illustrato. Sulla rotta delle Americhe si
incontra logicamente limpresa di Colombo, espressa nellopera omonima di Claudel
e Milhaud (1928).
Per Galigani,
le fonti dettate dal Navigatore (Diario
di bordo, Libro delle profezie) e
dagli scrittori Comte de Roselly e Léon Bloy alimentano il
significato attribuito allopera novecentesca. Pertinenti le note sul testo di Claudel
(Le Livre de Christophe Colomb), i
personaggi, lapologia delleroe e la sua identificazione con la colomba
biblica (e relative citazioni funzionali), luso dei flash-back
cinematografici. Lo studioso non savvale stranamente degli studi
interdisciplinari più recenti di Pascal Lécroart, specialista vivente
tra i maggiori sul rapporto fra musica e testo in Claudel. Quel problema
centrale, dal poeta riferito a Wagner, nellanalisi musicologica savvale
appena della biografia di Milhaud di Antonio Braga (1969). Ritenendo
irreperibili sia la partitura, sia documenti sonori e visivi, probanti la
struttura e la ricezione dellopera (complessa e ambiziosa), Galigani rinuncia
ai confronti con allestimenti recenti, quali unedizione tedesca del 1998,
diretta da Philippe Jordan, con regia di Peter Greenaway e Saskia
Boddeke.
Nel
saggio di Pantini, specialista di Piccinni, si riesumano due intermezzi dambientazione “americana”
sul tema del selvaggio. Gli italiani in
America (1768) rappresenta esploratori italiani avventuratisi fra i nativi.
A Roma va in scena Lamericano,
storia di un californiano catturato da un viaggiatore che lo porta in Italia.
Non sorprende, data la presenza di preconcetti correnti sul tema a fine
Settecento, come presso il Goldoni delle commedie La Peruviana e La bella
selvaggia. I due libretti picciniani mostrano, ciascuno a suo modo, gli
stili comuni di descrivere il “selvaggio”, lestraneo per eccellenza. Nel
primo, si sottolineano le suggestioni e le reazioni suscitate dalla pratica dei
sacrifici umani; nellaltro, la visione negativa del selvaggio è capovolta,
mostrando che la sua sensibilità è invidiabile rispetto a quella di Marcone, il
protagonista napoletano.
Con Robinson Crusoé (1867), Jacques
Offenbach non ottenne il successo che avrebbe meritato, pure mostrando
labilità di altre opere più ammirate. Gli adattamenti del romanzo alla scena
considerati da Lelièvre sono in sei versioni (tav. a p. 75), precedenti
quella di riferimento di Cormon-Crémieux per la musica di
Offenbach. Ancora si verifica (tav. a p. 81) il passaggio dal romanzo al
libretto per scoprire che «dans Robinson
Crusoé le voyage nest pas représenté sur scène» (p. 85).
Il
fenomeno dellemigrazione è attualizzato in Ellis
Island di Sollima e Alajmo, allestito con la regia di Marco Baliani
nel 2002. Coerenza di soggetto, testo e musica per un «kolossal sobre et
sombre» (p. 96) nel quale la coralità prevale sul protagonismo individuale. La
“compilazione” del libretto è bene illustrata e lIntervista ai due autori chiarisce i moventi e lobiettivo del
lavoro. Al rammarico per la mancata diffusione segue il racconto dellunica
rappresentazione e si discute la funzione delle parole e della musica, nella
prospettiva di eventuali modifiche e riscritture, per edizioni con un organico
orchestrale e vocale magari ridotto (p. 105).
Il
curatore partecipa al libro con il saggio già pubblicato in italiano in Il tradimento di
Leporello. La ricca e
durevole ispirazione, emanata dalla Gerusalemme
liberata, che si può considerare «unimmensa pièce teatrale» (p. 152), è verificata da Eskenazy in “Armida, addio, mia vita!”, seguendo gli orientamenti di
Metastasio e di Algarotti, per rilevare lindole mutevole del personaggio
femminile. A modello sono assunti Armida
abbandonata (1782) di Cherubini e Armida (1771) di Coltellini e Salieri. Il critico
valuta la rarità della concezione, insolita per lepoca, di un «projet
dramaturgique pour le moins unique dans le paysage opératique italien […]. Son importance est dautant plus grande quil
existe peu de préambules de ce genre dans les livrets des drammi per musica» (p. 155). Una
densa discussione sapre sugli snodi topici degli arrivi e delle partenze dei
personaggi, regolati da un moto spesso simbolicamente significativo. Trattando
del Viaggio a Reims di Rossini
(1825), interessano a Barbato gli allestimenti contemporanei diretti da Ronconi,
Codignola, Fo, Michieletto e Scozzi. Della
“sinfonia romantica” e della “musica a
programma” tratta Morski, nelle esperienze dei “romantici” Čajkovskij,
Sibelius, Rimskij-Korsakov, Berlioz e Dvořak.
Unardua
ricerca epistemologica con esempi pertinenti, applica Colombati a temi
ed eroi mitologici e a figure moderne, sul filo di “musica e narrativa”, fino
al «viaggio dentro e oltre il tempo» (p. 211). Nella ricerca del movente
creativo del poema sinfonico, con la ciclicità temporale (come in Tristano e Isotta), si può far vivere
«un viaggio che risponde allazione interiore» (p. 213) mediante la tecnica del
cromatismo. Sono filosofiche le argomentazioni attorno al Flauto magico condotte da Decadi sul conflitto interiore
affrontato da Tamino. La drammaturgia di René De Ceccatty e Giorgio
Ferrara regge lopera di Colasanti tratta da Proserpina (1820) di Mary Shelley, esito attuale di due
secoli di interpretazioni del dramma. Lalto livello musicologico di Lanzellotti
approfondisce la partitura per compendiare il lavoro adattativo e compositivo
che muta il senso impresso da Shelley «da tragedia della fanciulla rapita a
dramma della madre defraudata dellamore più caro» (p. 242). La regia
stilizzata e metafisica di Ferrara esprimeva «in modo palmare laspazialità e
latemporalità della vicenda» (p. 242) che Colasanti ha creato fondendo modelli
classici, antichi e contemporanei.
di Gianni Poli
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