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Theatre Spaces for Music in the 18th-Century Europe

A cura di Iskrena Yordanova, Giuseppina Raggi, Maria Ida Biggi
Specula Spectacula 13 / Cadernos de Queluz 3

Wien, Hollitzer, 2020, 646 pp., euro 85,00
ISBN 978-3-99012-771-1

Il terzo volume dei Cadernos de Queluz diretti da Iskrena Yordanova e Massimo Mazzeo è incentrato su uno dei macro-temi che attraversano la storia dello spettacolo fin dall’antichità: la componente spaziale, intesa nelle sue diverse accezioni. I curatori di questa nuova uscita targata Hollitzer mettono a confronto giovani studiosi e affermati specialisti afferenti a diversi ambiti scientifici – dall’architettura alla musicologia, dalla storia dell’arte alla storia del teatro – per affrontare molteplici aspetti del problema nell’Europa del XVIII secolo. Una pluralità di punti di vista e un approccio multidisciplinare che concorrono ad allargare i confini di un concetto variamente declinabile a differenti latitudini e in diversi contesti, sul filo di una dialettica costante tra elementi comuni e pratiche autoctone, tra tradizione e innovazione. 

Con la sua prolusione Maria Ida Biggi introduce temi e problemi sulle trasformazioni settecentesche del modello della sala all’italiana alla continua ricerca di migliori condizioni visive e acustiche e in rapporto ai mutamenti politici, sociali, culturali che caratterizzano il passaggio dalle esperienze barocche all’età dei Lumi. Segue la prima delle otto sezioni in cui è suddiviso il volume, dedicata al Portogallo. Luís Soares Carneiro inquadra le principali questioni legate ai teatri lusitani il cui sviluppo dipende in buona misura dalla realizzazione di spazi specifici a uso spettacolare a partire dalla seconda metà del Settecento. Giuseppina Raggi approfondisce il ruolo esercitato dalla regina Maria Anna d’Asburgo nel processo di affermazione del gusto per l’opera italiana a Lisbona, culminato con l’ampia progettazione di edifici teatrali affidata negli anni Cinquanta all’architetto-scenografo Giovan Carlo Sicinio Galli Bibiena. Su uno di questi edifici, il Teatro de Belém, si concentra l’indagine di José Camőes e Paolo Roberto Masseran alla luce della riscoperta di una nuova planimetria ottocentesca. Bruno Henriques, Licínia Ferreira e Rita Martins ripercorrono la storia dei tre spazi pubblici che fecero la fortuna dell’opera italiana nella capitale portoghese – il Teatro da Rua dos Condes, il Teatro do Barrio Alto e il Teatro do Salitre – dando conto dei rispettivi repertori, artisti, spettatori, meccanismi impresariali. 

Passando alla Spagna (parte II), Aurèlia Pessarrodona esamina il genere musicale della tonadilla quale “spazio” metateatrale e metamusicale che funge da specchio deformante della società del secondo Settecento. Di architetture effimere si occupa Cristina Isabel Pina Caballero con un excursus sui luoghi dello spettacolo allestiti a Murcia nelle molteplici occasioni di omaggio alla nuova dinastia borbonica. 

Per il Sud Italia (parte III), Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione sottolineano la funzione della residenza di villeggiatura del Palazzo Reale di Portici quale luogo di ricevimenti e attività teatrali concepito da Carlo di Borbone e dal suo successore Ferdinando all’insegna dello stupor mundi. Se Sarah M. Iacono e Eliade Maria Grasso fanno il punto rispettivamente sugli spazi pugliesi e siciliani per lo spettacolo, Lorenzo Ebanista indaga gli elementi musicali del presepe napoletano. 

Risalendo la penisola (parte IV), Giovanni Polin ricostruisce le indicazioni di messinscena impartite da Apostolo Zeno in occasione del riallestimento del suo Lucio Vero alias Vologeso per l’inaugurazione del nuovo teatro di Reggio Emilia nella primavera del 1741. In un denso contributo, Stefano Mazzoni mette in valore il carattere internazionale di un porto franco e una “piazza” operistica di eccezione quale la Livorno lorenese, il cui particolare assetto politico, amministrativo, giuridico proficuamente interagisce con gli spazi dello spettacolo e i complessi meccanismi di produzione, realizzazione e fruizione del teatro musicale. Serena Labruna fa luce sul primo teatro stabile in muratura di Bergamo attraverso la ricognizione del suo spettacolo inaugurale, La Didone abbandonata di Metastasio, su musica di vari compositori (1791). 

Nel cuore dell’Europa continentale (parte V), Maria Paola Del Duxa indaga l’attività operistica commissionata dal conte moravo František Antonín Rottal nel castello di Holešov, mentre János Malina rintraccia i luoghi di esecuzione delle opere e delle sinfonie dirette da Joseph Hayden tra il 1762 e il 1790. Per la Gran Bretagna (parte VI), Armando Fabio Ivaldi rilegge le circostanze della grandiosa quanto sfortunata festa reale a Green Park con musiche di Handel, spettacoli pirotecnici di artificieri italiani e macchina scenica di Jean-Nicolas Servandoni (26 aprile 1749). 

Aggirandosi tra le corti europee (parte VII), Giulio Sodano si occupa della valenza teatrale e auto-rappresentativa dei cerimoniali, Gerardo Tocchini dipana le complesse allegorie celate dietro il Phaëton di Jean-Baptiste Lully nella Versailles di Lugi XIV (6 gennaio 1683), Giulio Brevetti passa in rassegna gli spazi teatrali della rappresentazione della sovranità nella ritrattistica pubblica e privata.

Chiudono il volume lo sguardo sul “dietro le quinte” (parte VIII) di Lorenzo Mattei, che mette a punto una disamina delle musiche suonate dal retropalco, e l’approfondimento di Clara-Franziska Petry sulle pratiche di fruizione del pubblico ben poco silenzioso dei concert hall.



di Gianluca Stefani


La copertina

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