La raccolta di saggi testimonia lassidua
ricerca dei Seminari su LOpéra narrateur, condotti dallUniversité
Paris 8 e dallÉcole Normale Supérieure e pubblicati nella Collana “Sediziose
voci. Studi sul melodramma”. I ventuno contributi nati dalla sessione 2018-2019
sono redatti dai partecipanti in unalternanza di francese e italiano. Camillo
Faverzani e Davide Nadali riferiscono sui criteri delle scelte e
delle indagini (cfr. Clio, Calliope e il do di petto) che traggono spunto da un tema
significativo, in un percorso che verifica la «recezione nellopera lirica
delle fonti rinascimentali, shakespeariane, romantiche e bibliche» (p. XXII).
Nella Prefazione, Nadali riflette sulla
connotazione dellOriente studiato, quasi «un mondo che è altro rispetto
allOccidente, ma per il quale è sempre stata provata una certa attrazione
(spesso derivante da una visione immaginifica, onirica ed esotica). […] La
visione dellOriente si scontra con il realismo dellOriente e il processo di
presentazione passa necessariamente per un complesso, talvolta quasi
inconsapevole, fenomeno di rappresentazione e ricostruzione» (pp. IX-X). Il
curatore espone gli obiettivi del lavoro precisando il metodo: «Privilégier
létude des sources orientalistes dans lopéra, sans négliger dautres formes
de mise en musique, dont la danse […] dans lidée dexplorer la manière dont la
scène musicale a su interpréter à ses propres fins bien les archétypes
orientalistes que les productions littéraires sétant penchées sur lOrient, et
de retrouver le lien entre source et écriture pour lopéra» (p. XIII). Il
confronto con i modelli letterari, che in genere conducono al “libretto”, parte
da quel presupposto per indagare lintero processo di composizione operistica,
musica, drammaturgia e coreografia comprese.
Lambito
geografico-culturale mediterraneo raccoglie la casistica più ampia, mentre il complesso
di Mille e una notte merita da solo tre saggi. Un unico saggio tocca alla Cina, allIndia e
al Giappone. Nellordine cronologico, soprattutto della prima parte, Pietrosanti
insegue il funzionamento dellopera al tempo in cui Venezia era «porta dEuropa verso lOriente» (p. 3) e la
sua produzione artistica ne vivificava il mito di fondazione, tanto che la Serenissima
poteva autopromuoversi come una novella Roma. Nel Ripudio dOttavia (1699)
di Matteo Noris, su musica
di Carlo Francesco Pollarolo, si auspicava la cacciata dei «Draghi dellOttomano» nellapologia del «culto Sacro sola la vera Fede, e la Catolica
Religione» (p. 14).
Un secolo di
teatro italiano (1644-1754), percorso da Piffaut, è rappresentativo di
unepoca in cui, allo sguardo eurocentrico, soggetto al fascino e incuriosito
dagli orizzonti e dai destini legati alle nuove scoperte di terre lontane, «lOrient représente à ce titre la quête des
terres et des splendeurs» (p. 35). Larte operistica italiana appare nutrita da
idee e simboli esotici. Piffaut, riallacciandosi al convegno di Napoli Le arti della scena e lesotismo in età
moderna (2006), risale alla
Crusca per definire la nozione di “oriente” (p. 36). Il suo iter tocca forme e convenzioni del “dramma per musica”, elaborate da autori
quali Cavalli, Zeno, Tasso, Porta, Metastasio.
Claudia Colombati studia gli orientalismi tra XVIII e XX secolo valendosi
di precedenti classici, quali la Bibbia e la cultura greca, per rilevare le tendenze dei «paesi dellEuropa occidentale a guardare
verso queste terre attraverso le arti e a seconda dei periodi […] in unaura di
raffinato decorativismo, di riflessioni filosofiche, di magiche esperienze» (p.
53). Il fenomeno è osservato in Germania, Russia e Francia per verificare la funzione
della scenografia e dei costumi nel teatro musicale. I francesi, in
particolare, denunciano la propria permeabilità alle suggestioni sorte dai
contatti con le colonie dAfrica e di Cina dalle cui civiltà traggono immagini e
problematiche, più che teorie e materiali musicali, con esiti protratti almeno
fino allincipiente Surrealismo.
Molte influenze
sulla fantasia di compositori e librettisti derivano dalla cultura spagnola, segnata
dalla dominazione araba. Tra Francia e Italia, basati su aneddotica e narrativa
iberiche, fioriscono i lavori su quel tema in numerose varianti: Les Maures dEspagne di Pixérécourt,
Gonzalve de Cordoue di Dorvo, Les Aventures du
dernier Abencérage di Chauteaubriand, fino a Les Abencérages di De
Jouy, con musica di Luigi
Cherubini. Il gusto e la perizia di Gioachino Rossini spiccano nelle
due versioni di Maometto secondo (1920 e 1922). Ma oltre la filologia, Cristina Barbato
si dedica alla ricostruzione degli allestimenti recenti dellopera (Pesaro,
1985 e Venezia, 2005), con la regia di Pier Luigi Pizzi, dando prova di esegesi
esemplare dello spettacolo.
Secondo Faverzani,
gli orientalismi dOccidente trovano lintonazione tipica in LEsule di Granata, “melodramma
serio” di Felice Romani per la musica di Giacomo Meyerbeer. Le
fonti, principalmente letterarie, sono reperibili nella vicenda storica e
romanzata della caduta di Granada. La nascita e il decorso tormentato dellopera
vengono seguiti in unanalisi drammaturgica comprendente sia la “poesia” (il
libretto), sia la partitura (Tabella, p. 122) nelle loro interdipendenze
funzionali. Risultano così le convenzioni e gli esperimenti praticati e lo sfruttamento
dei brani scartati per opere successive. La stessa capitale araba è luogo
dazione anche per Zoraida in Granata di Gaetano Donizetti, che il saggio di Cento mostra connotato
dagli inserti orientaleggianti e dalle turqueries. Sulla via dellaffermazione, da Venezia e Mantova a Roma e Napoli, «lattenzione
di Donizetti verso il Sol Levante, lesotismo in musica» (p. 135) prosegue con Zoraida (1822, teatro
Argentina, Roma) e con Alina regina di
Golconda, rappresentato a Genova nel 1828. Linterscambio abituale
fra brani di partiture diverse è documentato nel Paria (1829), ambientato in India, e in Le
Duc dAlbe, che con i suoi elementi esotici eccentrici (si
svolge in Belgio), restò incompiuta. Meglio riuscirà La Favorita (1840, Opéra
di Parigi), frutto appunto di recupero di musiche scartate in precedenza. Adattamenti
e compromessi di gusto e falsi storici segnala ancora in Dom Sébastien, roi du Portugal (1843), su libretto di Eugène Scribe e completo di balletto da grand opéra.
Come fa notare Asaro,
dopo luscita dei Turkish Tales (1816), il poema The Corsair di Lord Byron implica la sovrapposizione inevitabile fra
lautore e il suo eroe. Come soggetto di balletto-pantomima, ha successo
alla Scala di Milano nel 1826 e poi va in scena come opera a Roma nel 1831. Con
libretto di Jules-Henry Vernoy de St.-Georges, su musica di Adolphe
Adam e coreografia di Joseph Mazilier (1856), lopera iniziava una nuova
carriera lungo incessanti rifacimenti: «Au delà des changements apportés à la musique et à la corégraphie, le
changement le plus important est dramaturgique» (p. 152). Le tavole comparative
di diverse edizioni dimostrano lusura e la degenerazione delloriginale. DAngelo
disserta sulla drammaturgia di La
falce di Arrigo Boito per
la musica di Alfredo Catalani, con un metodo di ricerca aggiornato agli
studi più probanti sullautore.
Nel repertorio
dellOpéra parigina indaga Auzolle, che accerta la presenza di Jacques
Rouché, figura eminente nel primo Novecento teatrale, attorno alla
creazione di Kerkeb, danseuse
berbère di Marcel Samuel-Rousseau (1940-1941): è
lemergenza dellaspetto erotico, liberatorio per la donna, protagonista
danzatrice (p. 185). Meritoria linformazione inedita di Maule sulla
divulgazione dellorientalismo operistico presso i giovani, promossa
dallUnione Europea.
Le creazioni
operistiche tratte da Le Mille e una
notte sono riassunte da Cailliez in una tavola
cronologica (1800-1891), seguita da unanalisi statistica del corpus individuato. Lanalisi
strutturale e tematica scende alla strumentazione e allorchestrazione presso i
vari compositori. Il periodo registra il gradimento crescente del genere comique nel repertorio.
Minarini riferisce sullexcursus determinato dalla diffusione del libro in traduzione francese di Antoine
Galland (1704). La fiaba di Shéhérazade ispira opere musicali apprezzate
specialmente nel loro sviluppo novecentesco. Morski individua e commenta
i motivi ricorrenti nelle tante composizioni, musicali e ballettistiche, fino a
Le chant du rossignol che Stravinskij riprende dalla favolistica russa.
Per la Cina, Galigani
sceglie Tamerlano a protagonista e lo segue nei molteplici aspetti assunti in
drammi e opere musicali, da Tamburlaine the
Great di Marlowe e Tamerlane di Rowe, al Gran Tamerlano di Giulio Cesare Corradi per musica di MarcAntonio Ziani.
Dopo la tragedia di Nicholas (o Jacques) Pradon (1676), Tamerlano
riappare nel libretto del conte Piovene e si sposa con partiture culminanti in quella
di Georg F. Hændel (1724). LIndia, rappresentata da Sakuntala, è collocata
da Meneghello in clima novecentesco. Le citazioni di Artaud, Brecht,
Brook e Grotowski si applicano alle tante forme che ha assunto il
personaggio, fino allopera omonima di Franco Alfano del 1921.
Le metamorfosi di
Butterfly (personaggio e opera) guidano Domenichelli alla scoperta della
cifra emblematica attribuita al Giappone dalla creatività europea. I saggi restanti
garantiscono alta qualità informativa nel mosaico che vanno a integrare. Lindirizzo impresso dal curatore e condiviso
dai collaboratori si apprezza nellinterdisciplinarità delle comparazioni e
nella pazienza ricostruttiva dei fenomeni che implicano le componenti
dellopera-spettacolo. Un valore aggiunto per gli studiosi, i musicisti e i
teatranti, ai quali il libro offre sintesi preziosa degli effetti
dellimmaginario orientalista sul teatro musicale europeo. Voce assente in appendice,
unimportante Bibliografia risulta dalle note e dalle citazioni, ricche
di aggiornamenti e di sfumata sensibilità nel circoscrivere un mondo artistico
variegato nei princìpi che lo informano e nella sostanza dei dati che lo
misurano.
di Gianni Poli
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