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A Tribute Performance: l’incontro tra David Bowie e Lindsay Kemp

di Benedetta Colasanti
  Andy & The Bowieness e The Lindsay Kemp Company
Data di pubblicazione su web 29/01/2024  

«Now, a friend of mine gave me an LP by David Bowie […] I felt in love with him». Era il 1966, Bowie era pressoché uno sconosciuto e il coreografo e performer britannico Lindsay Kemp si stava per esibire in un teatro di Londra; «I was performing with my company in a little theatre, with a little show called I Saltimbanchi, which was very much inspired by Picasso’s pictures». Il caso volle che quella sera il musicista inglese fosse tra il pubblico e sentisse la propria musica come colonna sonora di una performance di teatrodanza; dopo lo spettacolo i due si incontrarono nel camerino: «it was love at first sight». Così racconta Kemp nel 2016 in un’intervista per Rai Cultura.

Inizia in questo momento il sodalizio sentimentale e artistico tra i due, entrambi votati all’arte performativa fin da giovanissimi. Il danzatore, in particolare, subito dopo aver intrapreso la carriera militare sulle orme del padre, viene espulso dall’accademia navale per aver vestito i panni di Salomè ricoprendosi di carta igienica. Da quel momento si decide ad assecondare la propria vocazione, fino all’incontro con Bowie che, se da una parte gli permette di vivere un’intesa che durerà tutta la vita, dall’altra lo porterà a scontrarsi con la rigidità dei costumi inglesi che fortemente osteggiavano l’omosessualità. Forse anche tali circostanze lo condurranno in Italia – dove tornerà regolarmente a partire dalla fine degli anni Settanta – e in particolare a Castiglioncello, nel vivace clima festivaliero del Castello Pasquini dove anche il belga Micha van Hoecke e il suo Ensemble hanno trovato terreno fertile.

Un momento dello spettacolo ©Francesco Riccardi
Un momento dello spettacolo
©Francesco Riccardi

Intanto Kemp si afferma definitivamente sulla scena internazionale mescidando stili e tradizioni, attingendo dal cabaret, dal teatro dell’arte e da quello elisabettiano, dalla danza libera, dal mimo, proponendo spettacoli ispirati a Shakespeare (Sogno di una notte di mezza estate, 1980), al grande danzatore Nijinsky (Sogno di Nijinsky o Nijinsky il matto, 1983) – come qualche anno prima aveva già fatto Maurice Béjart con Nijinski, clown de Dieu (1972) – o a quella Salomé che lo aveva folgorato già dalla tenera età. Ma particolarmente significativa nel consacrare la sua danza anche presso un pubblico più ampio è stata certamente la partecipazione ai concerti di David Bowie: The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (Londra, 1972). 

Se la collaborazione con il musicista è una chiave di volta rock-pop per la danza di Kemp, quest’ultimo non snatura mai la propria arte, esprimendosi nella sua personalissima visione che coinvolge movimento, trucco e abiti di scena e senza rinunciare ai propri riferimenti; si pensi a Loïe Fuller e alla sua “danza serpentina” con il relativo costume. Bowie – dal canto suo – è stato capace di attraversare generi e generazioni, muovendosi tra timbriche e organici propri degli anni Settanta e sonorità più sperimentali, fino al pop più radiofonico. Si tratta di un autore immortale capace di affermarsi inoltre nella storia della colonna sonora cinematografica: la musica di Bowie è perfetto scenario per vicende ambientate in terre lontane – si pensi a Starman e Life on Mars? nel film The Martian (Ridley Scott, 2015) – o in mondi fantastici e favolistici – e si ricordi Changes in Shrek 2 (2004) – ma anche in vicende significative dal punto di vista storico-politico come quella rievocata da Jojo Rabbit (Taika Waititi, 2019), accompagnata dalle note di Heroes.

Un momento dello spettacolo ©Francesco Riccardi
Un momento dello spettacolo 
©Francesco Riccardi

Su quelle stesse note, al Teatro Cantiere Florida, danzano Daniela Maccari e Ivan Ristallo, storici danzatori della compagnia di Kemp, in uno spettacolo che è duplice omaggio alla memoria del maestro e a quella di Bowie. Sul palco del teatro fiorentino il gruppo Andy & The Bowieness: Andrea Fumagalli, co-fondatore dei Bluvertigo nei panni del “Duca”, accompagnato da una band preparatissima e capace di fronteggiare uno spazio straordinario ma angusto per un concerto rock. Una rievocazione rispettosa che trasporta gli spettatori in un’atmosfera che sembra ormai irrecuperabile; tra danza, musica e proiezioni video, si ripropongono i più grandi successi della leggenda inglese come Space Oddity e Ashes to Ashes ma anche le collaborazioni con altri pilastri della musica internazionale: Iggy Pop (China Girl) e Freddy Mercury (Under Pressure). La danza della Lindsay Kemp Company, se da una parte contrasta fortemente con la musica di Bowie, dall’altra esprime ritmi ed emozioni forse non percepibili a un primo ascolto, conferendo la profondità meritata a un artista che, in tempi ancora non troppo sospetti, si chiedeva se c’era vita su Marte.




Andy & The Bowieness e The Lindsay Kemp Company
cast cast & credits
 


© Brescia e Amisano  Teatro alla Scala
Un momento dello spettacolo
©Francesco Riccardi




 
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