Pubblichiamo qui un articolo di Franco Sepe,
scrittore e poeta residente a Berlino da alcuni decenni e insegnante presso lUniversità
di Potsdam.
Nella lista delle opere in gara per lOrso doro in
questa 67ª edizione della Berlinale la selezione appariva poco promettente,
sembravano languire i film dautore, scarseggiavano le star. Ma non è una
novità per Berlino, il cui festival sembra ostentare latteggiamento risoluto
di sempre, riconfermando la sua estraneità (anche se non totale) agli interessi
commerciali che rischiano di soffocare le cinematografie emergenti, ponendo
loro condizioni, mettendole spesso a tacere, limitandole nella ricerca del
nuovo, annullandone il messaggio eversivo.
È del resto un discorso politico quanto mai attuale,
quello che tende a squalificare la cultura a scapito di un bieco rilancio delleconomia
del singolo paese dentro confini nazionali divenuti sempre piú angusti, e ciò
non può non cogliere in pieno anche loperato dei cineasti. Perciò il messaggio
dei giurati, dei premiati e degli ospiti a conclusione della odierna rassegna
era rilanciare la cultura come elemento vitale di conoscenza e di aggregazione,
come arma per combattere le ristrettezze mentali che ostacolano la libera
circolazione delle idee e la creazione artistica. Detto questo, stupirà il
rilievo dato, tra le pellicole onorate, alle storie damore e di sentimenti,
benché tuttaltro che convenzionali. Ma non è forse il rapporto uomo-donna uno
dei pilastri fondamentali della società e lindice di una sua conquistata (o
mancata) emancipazione dalla barbarie del potere e della sopraffazione
esercitati nel microcosmo della sfera privata? Riteniamo pertanto legittima
lassegnazione dellOrso doro al film ungherese Testrol es lelekrol (On Body and Soul) di Ildikó
Enyedi, un film nel quale Géza
Morcsányi e Alexandra Borbély
interpretano con estrema naturalezza una storia di sentimenti resa complicata
dai tratti vagamente autistici di Mària e dal carattere solitario che i due
protagonisti hanno in comune, comprese le emozioni e i desideri inespressi di
fronte ai quali la loro anima rischia continuamente di soccombere. Ambientata
in un mattatoio, la storia di Endre, il capo dal braccio paralizzato, e della
nuova ispettrice dedita puntigliosamente al controllo della qualità della carne
bovina, cultrice delle date e dei numeri, maniacale catalogatrice degli atti
altrui, ma chiusa nella sua impenetrabile corazza, colpisce per la sua genuina
umanità, per la ricchezza delle metafore (il sogno ad esempio, in ambedue
ricorrente, dei due cervi nel bosco innevato che si corteggiano in una stagione
poco propensa allamore) ridefinendo ad un tempo, come afferma Paul Verhoeven, direttore della giuria
del festival, il senso della parola “compassione”.
Una scena del film Orso d'oro Testrol es lelekrol (On Body and Soul)
Un Orso dargento per il montaggio è andato, a ragione, a
Dana Bunescu per il film Ana, mon
amour di Calin Peter Netzer, già
campione assoluto a Berlino nel 2013 con Il
caso Kerenes. Alternando sapientemente i piani temporali di una storia
damore tra due studenti (poi divenuti genitori e infine divorziati) durata una
decina danni e ricostruita sul lettino dellanalista, il regista rumeno
scandaglia i lati gioiosi e quelli più oscuri della vita affettiva di Ana e
Toma, il superamento delle depressioni e degli attacchi di panico di lei adesso
professionalmente evoluta e la deriva patita dal marito disoccupato e
ossessionato dalla gelosia. Il tutto su uno sfondo sociale in cui la vita
tradizionale delle rispettive famiglie di origine entra in perpetua collisione
con le crisi della giovane coppia costantemente sbilanciata.
LOrso dargento per la migliore sceneggiatura è andato a
Sebastián Lelio e Gonzalo Maza. Una mujer fantástica, il film diretto da Lelio, racconta di Marina
(ruolo magnificamente interpretato da Daniela
Vega), una donna transessuale legata da profondo affetto a un uomo divorziato,
una ventina danni più anziano di lei, che muore
improvvisamente. Prima sospettata di aver provocato il decesso, poi vessata dai
membri della famiglia del compagno, che le vietano di partecipare alle esequie
per la “vergogna” che la sua presenza farebbe ricadere sul defunto, si trova a
dover fare i conti non solo con il lutto che ha sconvolto la sua vita ma con la
sua stessa identità, unidentità in divenire messa ora a dura prova
dallipocrisia e dal disprezzo del mondo circostante.
Una scena del film Orso dargento alla sceneggiatura Una mujer fantástica
Dellamore, ma questa volta fraterno, narra il film di
Aki Kaurismäki Toivon tuolla puolen (The Other Side of Hope), film
di denuncia sociale ma nella forma poetica più congeniale allo stile del
regista finlandese, dove non manca mai lironia. Lodissea del profugo siriano accolto
con cura e garbo al suo arrivo ma poi (sempre gentilmente) respinto dalle
autorità finniche; sostenuto da un datore di lavoro comprensivo della sua sorte
ma osteggiato e aggredito a sangue dalla marmaglia razzista; vittorioso nella
sua ricerca della sorella smarrita durante il viaggio della speranza e poi
riabbracciata in Finlandia grazie al suo incessante impegno e sacrificio di sé,
ha il sapore e la leggerezza di una parabola evangelica. A Kaurismäki è andato
lOrso dargento per il migliore regista.
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