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Berlino: pellicole vincenti che parlano d’amore

di Franco Sepe
  Orso d'oro a Ildikò Enyedi
Data di pubblicazione su web 22/02/2017  

Pubblichiamo qui un articolo di Franco Sepe, scrittore e poeta residente a Berlino da alcuni decenni e insegnante presso l’Università di Potsdam.

Nella lista delle opere in gara per l’Orso d’oro in questa 67ª edizione della Berlinale la selezione appariva poco promettente, sembravano languire i film d’autore, scarseggiavano le star. Ma non è una novità per Berlino, il cui festival sembra ostentare l’atteggiamento risoluto di sempre, riconfermando la sua estraneità (anche se non totale) agli interessi commerciali che rischiano di soffocare le cinematografie emergenti, ponendo loro condizioni, mettendole spesso a tacere, limitandole nella ricerca del nuovo, annullandone il messaggio eversivo.

È del resto un discorso politico quanto mai attuale, quello che tende a squalificare la cultura a scapito di un bieco rilancio dell’economia del singolo paese dentro confini nazionali divenuti sempre piú angusti, e ciò non può non cogliere in pieno anche l’operato dei cineasti. Perciò il messaggio dei giurati, dei premiati e degli ospiti a conclusione della odierna rassegna era rilanciare la cultura come elemento vitale di conoscenza e di aggregazione, come arma per combattere le ristrettezze mentali che ostacolano la libera circolazione delle idee e la creazione artistica. Detto questo, stupirà il rilievo dato, tra le pellicole onorate, alle storie d’amore e di sentimenti, benché tutt’altro che convenzionali. Ma non è forse il rapporto uomo-donna uno dei pilastri fondamentali della società e l’indice di una sua conquistata (o mancata) emancipazione dalla barbarie del potere e della sopraffazione esercitati nel microcosmo della sfera privata? Riteniamo pertanto legittima l’assegnazione dell’Orso d’oro al film ungherese Testrol es lelekrol (On Body and Soul) di Ildikó Enyedi, un film nel quale Géza Morcsányi e Alexandra Borbély interpretano con estrema naturalezza una storia di sentimenti resa complicata dai tratti vagamente autistici di Mària e dal carattere solitario che i due protagonisti hanno in comune, comprese le emozioni e i desideri inespressi di fronte ai quali la loro anima rischia continuamente di soccombere. Ambientata in un mattatoio, la storia di Endre, il capo dal braccio paralizzato, e della nuova ispettrice dedita puntigliosamente al controllo della qualità della carne bovina, cultrice delle date e dei numeri, maniacale catalogatrice degli atti altrui, ma chiusa nella sua impenetrabile corazza, colpisce per la sua genuina umanità, per la ricchezza delle metafore (il sogno ad esempio, in ambedue ricorrente, dei due cervi nel bosco innevato che si corteggiano in una stagione poco propensa all’amore) ridefinendo ad un tempo, come afferma Paul Verhoeven, direttore della giuria del festival, il senso della parola “compassione”.



Una scena del film Orso d'oro
Testrol es lelekrol (On Body and Soul)

Un Orso d’argento per il montaggio è andato, a ragione, a Dana Bunescu per il film Ana, mon amour di Calin Peter Netzer, già campione assoluto a Berlino nel 2013 con Il caso Kerenes. Alternando sapientemente i piani temporali di una storia d’amore tra due studenti (poi divenuti genitori e infine divorziati) durata una decina d’anni e ricostruita sul lettino dell’analista, il regista rumeno scandaglia i lati gioiosi e quelli più oscuri della vita affettiva di Ana e Toma, il superamento delle depressioni e degli attacchi di panico di lei adesso professionalmente evoluta e la deriva patita dal marito disoccupato e ossessionato dalla gelosia. Il tutto su uno sfondo sociale in cui la vita tradizionale delle rispettive famiglie di origine entra in perpetua collisione con le crisi della giovane coppia costantemente sbilanciata.

L’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura è andato a Sebastián Lelio e Gonzalo Maza. Una mujer fantástica, il film diretto da Lelio, racconta di Marina (ruolo magnificamente interpretato da Daniela Vega), una donna transessuale legata da profondo affetto a un uomo divorziato, una ventina d’anni più anziano di lei, che muore improvvisamente. Prima sospettata di aver provocato il decesso, poi vessata dai membri della famiglia del compagno, che le vietano di partecipare alle esequie per la “vergogna” che la sua presenza farebbe ricadere sul defunto, si trova a dover fare i conti non solo con il lutto che ha sconvolto la sua vita ma con la sua stessa identità, un’identità in divenire messa ora a dura prova dall’ipocrisia e dal disprezzo del mondo circostante.



Una scena del film Orso d’argento alla sceneggiatura
Una mujer fantástica

Dell’amore, ma questa volta fraterno, narra il film di Aki Kaurismäki Toivon tuolla puolen (The Other Side of Hope), film di denuncia sociale ma nella forma poetica più congeniale allo stile del regista finlandese, dove non manca mai l’ironia. L’odissea del profugo siriano accolto con cura e garbo al suo arrivo ma poi (sempre gentilmente) respinto dalle autorità finniche; sostenuto da un datore di lavoro comprensivo della sua sorte ma osteggiato e aggredito a sangue dalla marmaglia razzista; vittorioso nella sua ricerca della sorella smarrita durante il viaggio della speranza e poi riabbracciata in Finlandia grazie al suo incessante impegno e sacrificio di sé, ha il sapore e la leggerezza di una parabola evangelica. A Kaurismäki è andato l’Orso d’argento per il migliore regista.





Si vedano qui tutti i premiati




La regista Ildikó Enyedi
Orso d'oro a Berlino 2017





Dana Banescu
Orso d'argento per il montaggio









































Sebastián Lelio e Gonzalo Maza
Orso d'argento per la miglior sceneggiatura





Aki Kaurismäki 
Orso d'argento alla miglior regia 






 
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