La preziosa e fruttuosa collaborazione tra la Scuola di Dottorato in Storia dello Spettacolo dellUniversità di Firenze e il Teatro della Pergola trova seguito, dopo la collaudata esperienza dei “Libri di teatro”, nellintervento di uno dei più importanti attori dellultimo cinquantennio, Vittorio Franceschi. “Filottete.5”, a cura di Siro Ferrone, si inserisce nelliniziativa “Dopo la prova. Teatro in movimento alla Pergola”, che dal 2 al 4 maggio ha luogo nello storico teatro fiorentino. Due passi del testo sono pubblicati in anteprima su questa rivista al seguente link.
Filottete, larciere tristemente abbandonato sullisola di Lemno, è arrivato alla Pergola per bocca e per penna di Vittorio Franceschi. Perduto per sempre il dramma euripideo omonimo, leroe sofocleo è rivissuto in tutta la sua carica tracimante di umanità dallattore-drammaturgo, che dopo alcune (premiate) prove drammaturgiche (da Scacco pazzo a Il sorriso di Daphne, al più recente A corpo morto) si rivela particolarmente abile nel restituire con intelligente reinvenzione il senso pieno della tragedia classica. La scrittura fluida e accattivante di Franceschi discende da una necessità di forte matrice performativa in grado di rivitalizzare il personaggio e di creargli una nuova dimensione teatrale, adattandolo al nostro tempo e ri-modellandolo accortamente secondo la nostra sensibilità. Grazie a una lingua curata e spigliata e a una interpretazione narrativa misurata e calibrata, lo spettacolo monologante di oltre unora ha saputo trattenere sul palcoscenico del teatro fiorentino un numero significativo di giovani studenti-studiosi sospesi in un silenzio attento, rapiti dalla parole e dal respiro di questo autore-performer di rara finezza.
La voce di Franceschi dà evidenza plastica ai personaggi sofoclei che si affollano intorno al sofferente Filottete. A Neottolemo, a Ulisse, ad Aiace, ad Asclepio, oltre che al personaggio eponimo dal piede orrendamente ferito a causa del morso di un serpente. Lattore come uno scultore forgia, si accanisce sul particolare, ritorna sul dettaglio, rifinisce e leviga: il piede “inquinato” di Filottete, gli orci dei marinai assetati, il rumore della risacca indifferente al dolore delluomo. Seduto per oltre unora, Franceschi anima i fogli da fermo. Lattore-autore supera e fa propri la versione di Sofocle del mito, già raccolto dalle pagine omeriche, e gli accenni e i riferimenti sparsi in François Fénelon, le riscritture di André Gide e di Heiner Müller. In tal modo il copione diventa spartito, le parole sentimento, appena aiutato dal gesticolare equilibrato di mani e di braccia. Incatenato volutamente a un tavolo come leroe del suo testo, Franceschi fa percepire in modo netto il vigore drammaturgico impressionante della materia classica, i suoi infiniti travestimenti, le sue imprevedibili trasformazioni, colte nel 2009 nel saggio curato da Andrea Alessandri e uscito presso Marsilio di Venezia, dal titolo-sommario Sofocle, Fénelon, Gide, Müller. Filottete. Variazioni sul mito, probabile fonte dellattore-drammaturgo che ha reso pubblico il suo Filottete.5 per la prima volta lo scorso anno.
Ma Filottete.5 prima di essere una libera rivisitazione di materiali stratificati nella letteratura dellOccidente, è un concentrato della sapienza attorica di Franceschi, della sua sorprendente capacità drammaturgica e delle sue competenze registiche, ossia una summa delle sue esperienze di palcoscenico. È poi il riassunto di una vita teatrale, in cui si riflettono – secondo il testo – «lo zenit della vita» al pari di Filottete, o «i bagliori incerti dellalba, quando ancora non è chiaro il giorno», come per il manipolo di Greci sopravvissuti alla carneficina di Troia.
Dolente e accorato, ma non per questo vinto, il destino tragico del Filottete di Franceschi indica il dolore come possibilità di riscatto per luomo e come sua condizione ineliminabile, mentre si dibatte tra rimedi di scarsa efficacia e la ricerca della miracolosa erba verde-grigia che spunta prodigiosa nelle fenditure delle rocce nei punti o più alti o più bassi. A patto di riconoscerla e di saperla raccogliere.
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