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Filottete.5

di Vittorio Franceschi
  Filottete.5
Data di pubblicazione su web 22/05/2013  

Pubblichiamo due scene tratte dal nuovo testo di Vittorio Franceschi.

FILOTTETE.5 è stato presentato in forma di lettura per voce solista all'interno della rassegna “Dopo la prova” presso il Teatro alla Pergola di Firenze il 2 maggio 2013. Sulla nostra rivista troverete la recensione di Teresa Megale allo spettacolo.

In premessa, una breve nota introduttiva dell'autore.

  

La morte in scena fa sempre un certo effetto.

[…] Per questo per un attore è così difficile recitarla.

Il rischio è quello di mettersi a ridere, o che rida il pubblico.

[…] E allora perché questo Filottete.5? Che bisogno c’era?

[…] Mi andava di scriverla perché più s’invecchia più si diventa comici (e io già lo ero) e su quel poco di pista che rimane si può ballare e cantare come ci pare, ben che vada diranno che siamo rincitrulliti, il che è sicuro al 100%.

[…] E perché questo titolo, Filottete.5? Perché prima di lui ce n’erano quattro: oltre a quello di bisnonno Sofocle che diede inizio alla dinastia, ci sono quelli di Fénelon (un prozio lontano, che ne parlò di striscio), di André Gide (un cugino di terzo grado) e di Heiner Müller (un fratellastro che sembra uscito dalla Legione Straniera). Col mio fanno cinque, e che Dio me la mandi buona. Sempre che non ce ne siano altri sparsi per il mondo o chiusi in qualche cassetto, di cui non ho notizia.

Una cosa comunque è certa e serve a alleggerire la nostra coscienza: il teatro non fa né male né bene e non cambia il mondo. Nemmeno di una virgola. Hanno un bel da sbattersi Filottete, Ulisse, Neottolemo e i quattro marinai del Coro, su quello scoglio amaro e dolce – la vita? –… Finita la lettura cesseranno di esistere con corpo e voce (in questo caso, un corpo solo e una sola voce: la mia), e resteranno lì, fissati sulla pagina, con la speranza remotissima che un regista in cerca di personaggi un giorno si accorga di loro, li faccia diventare creta e ci soffi su.

 

FILOTTETE.5

di Vittorio Franceschi

 

Personaggi: Filottete, Neottolemo, il coro (che è formato da quattro marinai)

[…]

NEOTTOLEMO - E' bastata un'ora in quel carnaio a togliermi di dosso la corazza delle illusioni, che noi ragazzi lucidiamo con tanta cura alle prime luci del nostro mattino.  

(I marinai rientrano, con gli otri gocciolanti.)

            Loro c'erano, e ti posson dire chi è morto e come, in tutto quel macello.

 

FILOTTETE - Vi prego, marinai, ho bisogno di sapere. Tutto, tutto. Dopo dieci anni di silenzio, di solitudine e di rancore irrancidito, senza sbocchi. Dieci anni! Quanti compagni di giochi, là. Non vi sembri strano, anch'io sono stato bambino. Quanti fratelli. Ditemi, presto, quel che avete visto.

 

CORO - Cose terribili, cose che non si raccontano ai figli.

 

FILOTTETE - Ditele a me.

 

CORO - Se proprio vuoi. Ma crediamo che non ti faccia bene.

 

FILOTTETE - Parlate.

 

(I marinai guardano Neottolemo, che annuisce. Posano gli otri.)

  

CORO - Fai conto che lì c'è Troia e questo è il campo di battaglia, e fai conto che qui c'è passato come un aratro gigante, qui nel campo, e fai conto che il vomere di quell’aratro l'abbia rivoltata più volte, la terra del campo; e così nel rivoltarla abbia girato con la faccia in su quello che prima stava a faccia in giù.

 

            1 - E son venuti alla luce, lo dico? Teschi e teschi di gente umana...

 

            3 - Molti in frantumi rotti, e qualche volta interi.

 

            4 - E qui un cranio o mascella di cavallo.

 

            1 - E là un costato d'uomo con ancora infilzato un pugnale.

 

            4 - Lungo così.

 

            2 - Con tutta l'elsa.

 

CORO  -  Con tutta l'elsa.

 

            3 - E mani senza dita, e tibie tritate e smozzicate.

 

            2 - E gambe spezzate dal bacino in giù.

 

            4 - Anche dei gomiti.

 

            1 - Si, parecchi gomiti.

 

            3 - Fino alla spalla.

 

            2 - Anche molte ginocchia.

 

            1 - Eh, ma i gomiti eran di più.

 

            4 - E tutti rotti i filoni della schiena di molte schiene, tutte rotte, spezzate, rotte a pezzi, dimmi quante...

 

CORO  - Molte, molte!

 

            1 - Perché i cavalli, quelli non sventrati...

 

            2 - Perché di carcasse ce n'erano!

 

            4 - Quelli ancora in piedi insomma...

 

            1 - In battaglia ci passavan sopra.

 

            3 - Più di una volta.

 

            2 - Eccome, anche due, anche tre.

 

            4 - Anche quattro, col cocchio, le ruote, una gran poltiglia di carne umana, ecco.

 

            1 - Non so se rendiamo l'idea.

 

CORO - Forse quel che abbiamo detto non è granché, ma è solo la base del racconto.

 

            2 - Poi c'è tutto il resto.

 

            1 - Perché Achille...

 

            3 - Non anticipare. Prima c'è Patroclo.

 

FILOTTETE - Patroclo, un caro amico.

 

CORO - Appunto.

 

FILOTTETE - Che ne è di lui?

 

CORO - Morto.

 

FILOTTETE - Patroclo?

 

CORO - Prima ancora di Achille.

 

            3 - Perché andò così, che si era messo indosso l'armatura di Achille.

 

            2 – Col cimiero!

 

            1 - Ma le armi non fanno il guerriero.

 

            2 - Eh, però lo fanno, lo fanno.

 

            4 - Ma non del tutto, un poco.

 

            2 - Eh, mica poco, mica poco.

 

            3 - Sta di fatto che Ettore, che l'ha scambiato per suo padre... (Indica Neottolemo.) Zac! Gli pianta la lancia qui. (Indica il proprio omero.)

 

            2 - Sarebbe qui. (Indica il proprio fianco.)

 

            4 - No, qui è stato dopo, il primo colpo qui, ha detto bene lui.

 

            2 - Da qui gli è uscita, ma tanto è lo stesso.

 

CORO - E Patroclo cade morto.

 

            1 - E i troiani, carogne, gli portan via le armi, lo scudo, tutto.

 

CORO - Che erano le armi di Achille.

 

            1 - Le prime.

 

CORO - Le prime, le prime. Allora Achille...

 

            3 - Suo padre... (Indica Neottolemo.)

 

            2 - Lo vuole vendicare.

 

            1 - Ma le sue armi le han prese i troiani.

 

            4 - L'hai già detto.

 

            3 - Allora entra in ballo il dio Vulcano.

 

            2 - Che sta dalla nostra parte.

 

            3 - E gliene fabbrica di nuove, più potenti ancora.

 

CORO - Lavora tutta la notte!

 

            3 - Fortissime, lucenti.

 

            1 - E queste sarebbero le seconde armi d'Achille.

 

CORO - Le seconde, le seconde.

 

            1 - Perché le prime...

 

            4 - L'hai già detto.

 

            1 - Sennò si confonde. (Indica Filottete.) E con quelle, le seconde...

 

CORO - Suo padre si butta in battaglia. (A Neottolemo.) Dovevi vederlo!

 

            4 - Vede Ifizione e se lo taglia in due, poi vede Ippodamante...

 

            3 - Che scappa.

 

            4 - Che scappa, lo rincorre e nella schiena lo trapassa di brutto, poi davanti ha Demoleonte, e nel cervello lo infilza come una zucca coi semi che volano, e poi...

            2 - Drïope la picca sotto al mento. Qui. E rispunta qua.

            1 - Dàrdano con la lancia giù nel fegato.

 

            2 - E Polidoro lo sbudella nella pancia.

 

            3 - A Decaulione gli mozza la testa e gliela butta via con l'elmo e tutto.

 

            4 - E Alastoride, un ragazzo che lo abbraccia ai ginocchi, implorante...

 

CORO - Con la spada. Gliela affonda nel dorso.

 

            2 - Due volte.

 

            1 - No, no, tre. Nessuna pietà per il troiano.

 

CORO - E c'è un gran fracasso di ferri, un sottosopra di lance e di scudi che fanno le scintille, che anche il rumore fa spavento, e poi nitriti e tonfi e l'urlo e le maledizioni dei feriti, perché nella lotta qualche insulto ci scappa, e il lamento delle vedove che si aggirano e si fan largo tra i fendenti, e ognuna cerca il proprio cadavere e lo piange prima ancora di averlo trovato, ma tanto lo sa che è lì, basta avere la pazienza di rivoltare un po' di salme che spruzzano dalla bocca e che già puzzano, e al terzo strato o al quarto sta' sicuro che te lo trova, mentre la bava delle due parti ormai s'è mescolata e si fa un unico fango che appiccica, un'unica creta rossa e molle nelle mani degli dei, che però non san che farsene. Poi entra in scena Apollo Licio e in un attimo Paride colpisce Achille, (A Neottolemo.) il tuo genitore, proprio nel tallone, proprio lì, accidenti, con tutto il posto che c'era nel suo grandissimo corpo.

 

            3 - Sotto la noce, no, come si chiama… (Indica il malleolo)

 

CORO - La noce, la noce.

 

            3 - Dicevo giusto.

 

CORO - Così muore suo padre e Ulisse rastrella le sue armi e il prode Aiace per questo prima si sbronza e poi s'ammazza.

 

FILOTTETE - Aiace Telamonio? Anche il possente Aiace, morto?

 

CORO -  Offeso. Perché anche lui diceva che quelle armi gli spettavano a lui.

 

            1 - (A Neottolemo.) Le armi di tuo padre han fatto tanti morti anche fra i nostri.

 

NEOTTOLEMO – Lo so. E provo dolore per questo.

  

CORO - (A Filottete.) Capisci ora perché si battevano quei due? Non per sottrarre ai troiani il corpo d'Achille.

 

            4 - No, no. Per impossessarsi delle sue armi famose.

 

            2 - Uno diceva son mie.

 

            3 - E l'altro no, son mie.

 

CORO - E quando Agamennone scelse Ulisse l'astuto, Aiace, furioso e disperato s'è riempito di vino, poi ha ammazzato un gregge intero di pecore innocenti, poverine, e dopo è corso fino al mare vomitando insulti agli dei, nessuno escluso.

 

            1 - Lì giunto ha piantato l'elsa nella sabbia, ha preso un gran respiro e con un urlo ci s'è buttato sopra.

 

            4 - Con tutto il suo peso gigantesco.

 

            2 - E si è trapassato.

 

            1 - Tanto che la spina dorsale ha fatto un crac che si è sentito fino a Troia.

 

            3 - Pensa che forza.

  

            1 – Sembra che il mare, quella sera, si sia ritirato più del solito per lo spavento.

 

CORO – Proprio così.

 

FILOTTETE - Che morte insensata. E voi c'eravate?

 

CORO - (Si guardano fra loro.) No.

 

            4 - Noi non abbiamo visto niente.

 

CORO - Ma conoscendolo l'abbiamo immaginato.

 

            1 - E da allora con questo assedio non se ne viene a capo.

 

            2 - Che già prima non se ne veniva.

 

            3 - E son dieci anni che non se ne viene, e sotto quelle mura ci si ammazza.

  

***

 

Personaggi: Filottete, Neottolemo.

[…] 

FILOTTETE - Mi senti, ragazzo? Io cammino ormai per sentieri ignoti e sconnessi, che nessuna guerra vinta potrebbe rendere piani e domestici.

  

(Cerca di sollevarsi.)

  

            Le mie deboli forze appena mi consentiranno di raggiungere quella spada.

 

NEOTTOLEMO - Fratello maggiore, io non ho fretta. E poi devo ancora chiederti perdono per averti trascinato in quell'inganno. Ma come vedi non ne ho avuto il cuore.

  

(Filottete si trascina a fatica verso la spada.)

  

FILOTTETE - Quello scrupolo ti fa onore, se posso pronunciare questa parola che a quanto mi sembra di capire, oggi, nella nostra terra, viene usata soltanto per lustrare le piume ai pappagalli.

  

NEOTTOLEMO - Sono deluso di me, perché come un lattante, a quattro zampe, mi sono infilato nel cunicolo del dubbio e sono uscito dall'altra parte senza aver trovato nulla.

  

(Filottete raggiunge la spada e si inginocchia.)

  

FILOTTETE - In questo smarrimento non sei solo. E il tuo cuore è pulito. Fra qualche anno chissà. A camminare fra la gente ci si sporca alla svelta.

  

(Afferra la spada, sempre in ginocchio.)

  

            La spada di Achille. 

 

(Si gira verso Neottolemo.)

  

NEOTTOLEMO - Fai l'uso che vuoi di quella spada. Io ho già visto abbastanza.

 

(Filottete si alza e a fatica, appoggiandosi alla spada, si trascina verso Neottolemo.)

  

FILOTTETE - Ha detto bene Ulisse, il mio tempo ha passato lo zenit, ma il tuo è fermo ancora nel barbaglio incerto dell'alba, quando non si sa come sarà la giornata. Io ho buoni presagi per te. Allora facciamo in modo che il tuo tempo abbia il tempo di dichiararsi.

 

(Taglia la fune e porge la spada a Neottolemo, che fa per prenderla ma ritira la mano facendo un passo indietro. Filottete la posa a terra. Neottolemo torna all’alberello.)

  

NEOTTOLEMO - E' questo il melo che dicevi?

 

FILOTTETE - Si. Faceva piccole mele dolcissime. Io le portavo nella grotta e il loro profumo si spandeva e durava. Ma i profumi non si raccontano, proprio come il mio tormento. Chi non l'ha provato non potrà mai sapere.

 

(Neottolemo avanza verso il bordo.)

  

NEOTTOLEMO - Ecco la nave laggiù. Fila sull'acqua con tutto il tuo arco. Hanno un vento buono alle spalle.

 

FILOTTETE - Così i vogatori si riposano.

 

NEOTTOLEMO - Vista da qui, sembra la barchetta di un bambino. E pensare che è carica di armi e di rancore e forse ora sul ponte per darsi coraggio i marinai cantano inni di guerra.

 

(Filottete si siede faticosamente a terra.)

 

FILOTTETE - Vieni qui. Siediti. Ma non troppo vicino. Il puzzo della mia ferita è insopportabile.

 

(Neottolemo si siede alla destra di Filottete.)

 

NEOTTOLEMO - Nemmeno lo sento.

 

FILOTTETE - Perché il vento tira di là. Ma se cambia ti puoi sempre spostare da quest'altra parte. (Indica il proprio fianco sinistro.) Vedi quante possibilità ci offre la vita, e noi non le diciamo mai grazie. (Ridono insieme.) Cosa dice il tuo cuore?

 

NEOTTOLEMO - Batte strano, parla una lingua che non ha mai parlato. Ma il suono è dolce, sembra venire da quel tuo vulcano spento, dove per mistero zampilla acqua da bere.

           

FILOTTETE - Lascialo zampillare questo idioma, finché viene fresco. E imparalo bene.

 

NEOTTOLEMO - Amico saggio, farò del mio meglio. (Guarda la spada di Achille.) Quella spada, Ulisse se la poteva tenere.

 

FILOTTETE - Ulisse è il punto più alto dello smarrirsi e del piangere, ma lui non potrà mai saperlo, ha una mente troppo corrotta e sfuggente, avvezza alla menzogna e alla carezza del morbo, che la rassicura.

           

NEOTTOLEMO - E' lo stesso morbo che consuma il mondo. Non è così?

 

FILOTTETE - Il mio piede dice di si. E dice che forse toccherà proprio a te di segnare nuove isole su nuove carte, nel mezzo di oceani nuovissimi. (Neottolemo lo guarda.) Così dice il piede matto di Filottete. (Sorridono.)

 

NEOTTOLEMO – Non credi che tutto quel che è successo non potrà che ripetersi?

 

FILOTTETE – No. In questo preciso istante noi siamo, fratellino, lo spezzarsi del filo che conduce il male. E il suono dello strappo è ancora nell'aria. Lo senti? (Ascoltano.)

         

NEOTTOLEMO - Sento il mare. 

     

FILOTTETE   - No, no. Ascolta bene. C'è una vibrazione, un sussulto del cielo. E' lo strappo. Siamo noi.

 

NEOTTOLEMO - Il ruolo dello strappo mi piace, mi ci sento portato. (Ridono.)

 

FILOTTETE - (Declamando ironico.) Mio principe Strappo, avete ben dormito?

 

NEOTTOLEMO - (Declamando c.s.) No, mio consigliere. Elena s’era infilata nel mio letto. E Menelao rideva! (Ridono ancora.) Sì, è un bel ruolo. Dici che sapremo reggerlo?

 

FILOTTETE - Io sono fuori età, ma tu puoi farcela. E sorridi alle pleiadi, che ti guardano.

 

NEOTTOLEMO – (Si alza, guarda il cielo, è pensieroso.) Occorrerà molto talento. E molto cuore.

 

FILOTTETE – Fammi vedere gli occhi. (Si guardano.) La verità è un pupazzetto. Aprigli la pancia e vedi cosa c’è dentro.

 

NEOTTOLEMO - Poc'anzi mi sembravi uscito di senno. Ridevi disperato.

 

FILOTTETE - Si agitavano ombre.

 

NEOTTOLEMO - Dove?

 

FILOTTETE - Nel campo visivo del mio spirito. Ora va meglio.

 

NEOTTOLEMO – (Va su e giù.) Io non ho avuto precettori. E di mio padre, ha detto bene Ulisse, ho sentito solo il tintinnio della spada. Vuoi farmi tu da guida?

 

FILOTTETE - Vorrei essere piuttosto un tuo compagno di giochi, se mi fosse resa l'innocenza. Ma non potrei correre né saltare. E poi non ho cose buone da insegnarti. Rabbia. Odio. Paura. Rassegnazione. No, la guida che ti occorre è in te. Stringi in pugno il tuo futuro, come se fosse la spada di tuo padre. E gratta via il buio dal giorno. Beh, non guardarmi così, non sono pazzo.

 

NEOTTOLEMO – Ne sei sicuro?

 

FILOTTETE – No. (Ridono.)

 

NEOTTOLEMO - Pensi che davvero torneranno a prenderci?

 

FILOTTETE – Ci vorrà tempo. Prima devono prendere Troia. Ah, dimenticavo, è necessario che ti chieda un favore, tu che sei giovane e agile. C'è un'erba che adopero per lenire il dolore. Se ne vedi coglila. E' di un verde grigiastro, non le daresti un soldo ma ti dico, è meravigliosa. Spunta nelle fenditure della roccia, non si capisce come faccia, lì non c'è terra, eppure la vedi che si sporge, molto in alto oppure molto in basso. E' un'erba proprio ostinata. Sotto le foglie nasconde dei fiorellini minuscoli, grigiastri anche loro, penduli, sembran morti, e invece... fiori e foglie li aspergo sulla ferita e di notte la loro sostanza benefica pian piano agisce e così posso dormire.

 

NEOTTOLEMO - Farò attenzione. A me piace arrampicarmi. (Si guardano.) Vorrei poter guarire la tua ferita.

 

FILOTTETE - Lascia andare. Mi sa tanto che dovrò godermela fino alla fine. Del resto chi va a caccia ogni tanto si busca un colpo. Tu bada piuttosto di trovarmi quell'erba.

 

NEOTTOLEMO - Non te la farò mancare.

 

(Si siede di nuovo accanto a Filottete. Gabbiani.)

 

NEOTTOLEMO - E se invece non venisse nessuno?

 

FILOTTETE – Qualcuno verrà. C'è sempre uno straniero che approda su un'isola, magari perché le stelle l'han guidato male. (Si guardano.) Il caso e lo strappo. La nostra speranza. Su quest’isola però, ti avverto, c’è il problema del tempo. Quella carogna corre veloce ma finge di non passare mai, quell’ipocrita. Non è facile farselo amico. Sai cantare?

 

NEOTTOLEMO – Mica tanto. Però ho imparato dei versi.

 

FILOTTETE – Dei versi? Amavo la poesia… fammeli sentire. 

 

NEOTTOLEMO – (Declama con garbo.)

 

            “.....V’erano garzoncelli e verginette

            Di bellissimo corpo, che saltando

            Teneansi al carpo delle palme avvinti.

            Queste un velo sottil, quelli un farsetto

            Ben tessuto vestìa, soavemente

            Lustro qual bacca di palladia fronda.

            Portano queste al crin belle ghirlande,

            Quelli aurato trafiere al fianco appeso

            Da cintola d’argento. Ed or leggieri

            Danzano in tondo con maestri passi…

            (Esita come per un vuoto di memoria.)

            con maestri passi… (Poi riprende.)…Finìan la danza

            Tre saltator che in vari caracolli

            Rotavansi, intonando una canzona.”[1]

           

FILOTTETE – Una festa da ballo! Forse uno sposalizio. Chi ha fatto questi versi?

 

NEOTTOLEMO – Non so. C’era un cantore cieco che ogni tanto passava. Me li ha insegnati lui.

 

FILOTTETE – Bello. Tre saltator che in vari caracolli…

 

FILOTTETE e NEOTTOLEMO – (Declamando in coro.) Rotavansi, intonando una canzona. (Silenzio. Ancora gabbiani.)

 

NEOTTOLEMO - Si rannuvola.

 

FILOTTETE – Non pioverà. Qui non piove mai. In ogni caso c’è la mia grotta. Abbiamo un tetto.

 

NEOTTOLEMO – Ma tu cosa facevi qui, solo, durante il giorno?

 

FILOTTETE – Pensavo. Facevo i conti col passato. Sognavo rivincite. Oppure parlavo col mare. A voce alta. Gli chiedevo come stai. E lui mi rispondeva impicciati dei fatti tuoi. (Ridono.) Il mare è scorbutico. Però è generoso. Oppure giocavo.

 

NEOTTOLEMO – Giocavi?

 

FILOTTETE – Sì. C’è un gioco molto bello, che si può fare anche da seduti. L’ho inventato io. Vuoi che te lo insegni?

 

NEOTTOLEMO – Perché no.

 

FILOTTETE - Si fa coi sassi. Ci giocavo da solo ma in due è meglio. (Raccoglie sassi per terra intorno a sé.) Dunque. Sei sassi a te e sei a me. (Distribuisce i sassi.) Ecco. Bene. Attento. Ci sei? Bisogna centrare quel foro. Lo vedi? Là.

 

NEOTTOLEMO - Quello piccino?

 

FILOTTETE - No, quello no, è troppo piccolo. Ho provato tante volte, niente da fare. Siamo esseri umani. Quello un po' più grande. Quello, vedi?

 

NEOTTOLEMO - Si, ho capito. Quello.

 

FILOTTETE -  Quello. Si comincia con uno, poi due sassi insieme, poi tre. Dopo il lancio da tre si ricomincia. Sembra banale ma ha un suo senso. Non lo saprei spiegare, ma ce l'ha.

 

NEOTTOLEMO - E se non entra nessun sasso?

 

FILOTTETE - Che importanza ha? Non c'è posta. (Si guardano ancora.) Non si perde. Non si vince.

 

(Lanciano sassi. Buio.)

 

FINE

  


[1] OMERO, Iliade, traduzione di Vincenzo Monti, libro XVIII, vvs. 825- 834 e 839-841. Si tratta della descrizione di una festa campestre scolpita dal dio Vulcano sullo scudo di Achille.


 
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