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Italo Moscati

Italo Moscati, Perché Maria Callas è soprattutto Grecia...

Data di pubblicazione su web 03/10/2007
Maria Callas in "Medea" di Pier Paolo Pasolini (1969)
A proposito di Non solo voce - A trent’anni dalla morte di Maria Callas

 

Ci sono parole di Maria Callas che si sono impresse nella mia mente e non ne usciranno mai. Parole e quindi voce, ma voce che non canta. Le ho inserite nel  film doc Non solo voce - A trent’anni dalla morte di Maria Callas che ho realizzato per la Rai , in onda il 9 settembre, e che ora sta girando in cineteche e cineclub.

Mentre Maria prende parte alle riprese di Medea di Pier Paolo Pasolini, a un giornalista che le domanda come sarà la “sua” Medea lei risponde come se fosse stupita di sentirsi porre la domanda: “Ma come Medea”; intende dire che non tradirà il personaggio della tragedia di Euripide, gran greco come lei. Poi, il giornalista continua l’intervista e le chiede: “Sarà una Medea perfetta?”. Maria lo guarda ancora più stupita e risponde con un sorriso: “Io non sono mai perfetta”.

“Perfetta”, ecco la parola che estraggo dalle altre per dire che senza di essa non avrei mai potuto fare Non solo voce e non avrei potuto mettermi alla ricerca dei documenti per ricostruire in un’ora e dieci minuti qualcosa che va ben al di là di questo spazio di tempo disponibile. “Perfetta”, una parola che mi ha stimolato a cercare. Non volevo fare un film doc che ripetesse fino allo sfinimento il piacere e l’emozione che la voce di Maria continua a dare a tutti, me compreso. Non volevo neppure fermarmi troppo, prigioniero del gusto del gossip, su certe parti della sua biografia e soprattutto dei suoi amori. Non volevo infine diventare prigioniero del clima che si crea intorno a un grande personaggio quando, a distanza di tempo (trent’anni nel caso di Maria), l’obbligo dei media di ricordare un idolo del pubblico può contribuire a una caccia al romanzesco, al particolare inedito non sempre davvero inedito, al gioco della scoperta o della riscoperta.

Volevo raccontare e interpretare Maria secondo i venti che spirano nella sua terra di origine. Si sa che Maria nacque a New York, quando la sua famiglia da una piccola città greca si recò tra i grattacieli insieme a migliaia e migliaia di emigranti greci ed europei che salutarono i loro paesi dalle navi cariche di speranze per andare incontro alla promessa della Statua della Libertà. Si sa che, nella traversata del viaggio fatidico, Maria era nel ventre della madre. Una circostanza che mette i brividi tanto è carica di destino. Volevo raccontare la Callas “perfetta” facendomi guidare dai venti della Grecia,e soprattutto dal “meltemi”, impetuoso e poi delicatamente fresco, che quando sono a Simi o a Pathmos - quasi ogni anno - mi scuote nel profondo. Come le acque e i paesaggi, il “meltemi” mi sbarazza di vecchi pensieri e me ne porta dei nuovi, imprevedibili.

Studiando per il film doc, guidato dal vento e dall’assiduità con la Grecia, ho scoperto cose imprevedibili, al di là dei vari capitoli del romanzo di Maria, capitoli che vanno da New York ad Atene, da Atene ancora a New York, dal padre rimasto là dopo il ritorno di Maria con la sorella Yakie e la madre in Grecia; poi da New York a Chicago, a Verona per il debutto all’Arena, a Venezia, a Milano per la Scala; e da qui in tutto il mondo per una carriera che non ha eguali. Il “meltemi” è un vento bizzarro, curioso, irresistibile. Parlo da profano dei venti e della loro logica. Lo cerco, lo scanso e lo riprendo, mi ci abbandono. Così come mi abbandono alla voce e alle interpretazioni di Maria (spesso efficaci come la sua voce e talvolta anche di più).

Seguendo il vento di Maria, aguzzando orecchie e occhi, mi sono inoltrato nella sua “leggenda”. Ecco un’altra parola che la grande cantante rifiutava. In un’altra intervista, le chiesero quale reazione provava quando si sentiva definire una “leggenda”, Maria disse solo che lei si era limitata a cantare. Era una reazione garbata, imbarazzata, timida, elegante, come lei stessa era sempre stata, e molti se ne accorsero in ritardo. Pur prendendo le distanza da quella parola pesante - “leggenda” - pesante molto meno dei chili che la cantante decise di perdere ad un certo punto della sua vita, la sua risposta metteva in moto un racconto da fare a ritroso. Il racconto che ho fatto e propongo. La Grecia prima dell’America, la Grecia prima e con l’Italia, la Grecia comunque. Diceva ancora Maria: “Sono fatalista perché sono greca”, e spiegava che lei si preparava comunque, sempre come se fosse l’ultima occasione, l’ultima opportunità, l’ultima scena per andare incontro al proprio destino. Maria fatalista accettava solo il destino che pensava di poter predeterminare con la passione per il canto, la perfezione scenica, il rigore nell’approfondimento dei suoi personaggi, delle sue eroine, delle opere dei grandi della lirica.

La Grecia prima di tutto. Prima anche delle lezioni che la vita, la musica, i direttori d’orchestra, il pubblico le hanno dato, e che lei ha ricambiato con le “sue” lezioni di stile e di temperamento. Ed ecco che a poco a poco, mentre lavoravo sulle carte, negli archivi, tra le immagini, mentre scrivevo, mentre giravo e riordinavo tutto in moviola, mi cresceva davanti agli occhi - sempre con la colonna di una voce d’incanto, drammatica, suadente, perentoria - l’immagine di una donna la cui leggenda vera l’aveva costruita e che dilagava ovunque, con una forza incredibile.

Il “meltemi”. Il “suo”. Vento che frustra e se ne va, lasciando pulita la natura.

Maria che continua ad essere Maria nei ricordi di chi le è stata accanto (il soprano Giulietta Simionato) o di chi l’ha conosciuta e amata come grande artista (Franco Zeffirelli) e di tanti altri, anche di coloro che non ci sono più e hanno lasciato senza volere pareri incisive come epigrafi (Luchino Visconti, Luciano Pavarotti). Fra tutti costoro, ci sono alcuni registi che hanno sperimentato qualcosa che resta e resterà a lungo, per sempre, come la voce di Maria e la sua storia. Registi famosi. Lo stesso Zeffirelli in Carmen forever, con l’idea di un ritorno di Maria alle scene negli anni della malinconia e rinuncia, prima della morte così improvvisa. Federico Fellini che in E la nave va… si ispira all’ultimo viaggio di Maria verso la sua Grecia, e verso il mare, l’isola dove verranno lanciate le sue ceneri. Pasolini che le dedicò versi toccanti e profondi, nel periodo di Medea. Jonathan Demme che per Philadelphia con Tom Hanks e Denzel Washington ha voluto una strepitosa colonna sonora. La voce di Maria nell’Andrea Chenier in una scena indimenticabile per intensità e commozione; e la voce di Bruce Springtsteen in una canzone  che è ben di più di una canzone.

Infine, Dario Argento, il mago dell’horror, che ricorre a “Casta diva” dalla Norma, nell’interpretazione di Maria che recuperò e rilanciò per sempre questa potente, lirica aria. Il film è Opera, la voce di Maria tranquillizza una giovane cantante che deve debuttare nella Medea musicata da Gluck  e ha paura perché l’opera ha fama di portare sfortuna a chi la canta; poi, nel finale, la stessa voce struggente accompagna un delitto terribile. Sentimenti e qualità. I venti di un talento impetuoso.

Ci saranno altri appuntamenti per il futuro di Maria Callas, la più grande cantante del Novecento. E non saranno sempre legati alle ricorrenze. Sono gli appuntamenti con la voce e la sensibilità di Maria. Vivono sempre, soprattutto  dove i cuori battono. Basta ascoltare Maria.

 









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Maria Callas, Seducenti voci. Conversazioni con Lord Harewood 1968
 
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