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Barbara Nestola

L’air italien sur la scène des théâtres parisiens (1687-1715)


Turnhout, Brepols, 2020, 484 pp., euro 75,00
ISBN 978-2-503-58363-1

Negli ultimi anni lo studio sulla circolazione dell’opera italiana in Europa a partire dalla fine del Seicento ha visto una felice fioritura, in buona misura sulla scia di importanti progetti internazionali incentrati su aspetti più o meno specifici del fenomeno. Dall’indagine a tutto campo sulla migrazione (anche di ritorno) di compositori e musicisti al censimento dell’opera pasticcio, sono tanti i contributi che recentemente hanno provato a ridisegnare e meglio dettagliare la geografia dell’espansione operistica tra Portogallo e antica Russia, in un vivace scambio artistico, politico e culturale con le pratiche teatrali preesistenti nel segno del meticciato. Pubblicazioni miscellanee su questo tema sono state proposte dalla stessa casa editrice Brepols nel corso di circa un ventennio: dall’ormai classico Italian Opera and European Theatre, 1680-1720 a firma di Melania Bucciarelli (2000) fino al recentissimo Mapping Artistic Networks: Eighteenth-Century Italian Theatre and Opera across Europe, in uscita per le cure di Tatiana Korneeva

Ad arricchire e in parte ritoccare i confini di una mappatura in costante divenire ci pensa ora la musicologa Barbara Nestola, direttrice del Pôle recherche du Centre de musique baroque de Versailles, mediante un censimento meticoloso, supportato da ampio regesto, delle arie italiane nei teatri parigini negli anni cruciali 1687-1715. Portando a compimento un lavoro iniziato in sede di tesi dottorale, Nestola ricostruisce la diffusione di pezzi chiusi importati oltralpe e la loro acquisizione da parte di poeti, compositori, attori-cantanti e cantanti-attori autoctoni capaci di condurli al successo sulla scena francese. Un fenomeno capillare e ben documentato che induce a rivedere il ruolo solitario che la storiografia ha tradizionalmente attribuito alla Francia erede di Lully, tramandata come una “oasi” protezionistica, orgogliosa e proterva, in uno scacchiere europeo musicalmente italofono. Perché se è vero che sul territorio gallico opere vere e proprie sul modello del belpaese, con interpreti venuti da fuori, non si misero in scena mai, è altrettanto vero che nell’ultima fase del regno di Luigi XIV crebbe a dismisura la fortuna delle arie col da capo di “maestri di cappella” veneziani, romani e napoletani. 

Già la circolazione presso gli intendenti francesi di brani italiani, o composti da musicisti locali à la manière de, aveva ampiamente rivelato la fortuna di questo genere a livello collezionistico. Assai meno nota era la diffusione di tale repertorio, con moto centrifugo sull’asse Versailles-Parigi, dai salotti delle élites al teatro in azione, specie a partire dagli anni Novanta del Seicento. Grazie a un complesso lavoro di attribuzione delle singole arie, per lo più anonime, Nestola perimetra i confini di un fenomeno in buona parte insondato che coinvolse i maggiori palcoscenici parigini dell’epoca. La sua analisi musicologica a vocazione interdisciplinare si concentra su venticinque collezioni manoscritte, ciascuna a suo modo emblematica: tredici raccolte realizzate dai copisti della biblioteca reale; sei appartenenti al compositore e teorico Sébastien de Brossard; cinque dovute a copisti di professione; una proveniente dall’atelier di Henry Foucault. A questi materiali si affiancano trenta sillogi a stampa, per lo più uscite dai torchi dell’editore Christophe Ballard, a testimonianza della diffusione delle arie italiane o all’italiana presso un pubblico più vasto. 

Il denso saggio (pp. 7-184) interessa nella prima parte lo studio delle collezioni, nella seconda le pratiche dei brani italiani negli spettacoli della Comédie-Italienne, della Comédie-Française e della Royal Academy of Music al crocevia tra i due secoli (con un occhio particolare agli interpreti). Nestola offre così al lettore gli strumenti critici per poter fruire del prezioso catalogo che rappresenta il cuore del volume (pp. 209-447). Qui la descrizione inventariale delle raccolte manoscritte e a stampa è seguita dalla puntuale ricognizione delle seicentottantadue arie estratte dal corpus in esame, quasi tutte identificate, schedate per compositore, poeta, opera d’origine, spettacolo di riferimento, collocazione, testo. 

L’aggiornata, accurata bibliografia completa un volume che, scavando oltre le incrostazioni ideologiche per immergersi nella prassi del teatro agìto, segna un punto fermo nella conoscenza dei destini dell’aria italiana oltralpe.



di Gianluca Stefani


La copertina

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