Il
volume a cura di Tom Phillips e Armand DAngour ripropone la vexata quaestio della relazione tra
musica e poesia nellantica Grecia. Lindagine è rivolta con apprezzabile
sensibilità performativa sia ai poemata, siano essi inni o liriche, sia ai testi
teorici antichi nei quali è trattata questa profonda interazione. Lo studio si
pone quindi sulla scia dellopera Apollos
Lyre. Greek
Music and Music Theory in Antiquity and the Middle Ages (Lincoln, University of Nebraska Press, 2000) di Thomas Mathiesen.
Il
testo si compone di due parti: Interpretation
(pp. 17-135) e Theory, Reception,
Contexts (pp. 139-255). Nella prima sezione sono proposte letture originali
che evidenziano la musicalità delle poesie di autori noti come Omero e Pindaro e meno celebri come
Mesomede. In Mesomedes Hymn to the Sun:
The Precipitation of Logos in the Melos Stelios Psaroudakes evidenzia
in modo convincente la componente musicale nellinno del poeta cretese del
I sec. d.C. È noto che inni, imenei, threnoi, peana e ditirambi fossero cantati
e accompagnati dalla musica.
Se
da un lato emergono colori sonori differenti nei componimenti poetici,
dallaltro è elemento comune il connubio melos-logos. Un rapporto ontologico nella
cultura greca che, se decodificato, aiuta nella conoscenza non solo del
significato profondo delle opere ma anche delleffetto emotivo sul pubblico.
Aspetto non secondario. Va in questa direzione il contributo di Oliver Thomas Music in Euripides Medea (pp. 99-120). Una operazione complessa
che necessita una comprensibile prudenza data la difficoltà nella ricostruzione
degli aspetti musicali nei testi poetici e drammatici.
Nella
seconda parte i saggi si concentrano sul potere riconosciuto e criticato della
musica nelle opere teoriche degli antichi. Platone
(Anastasia Erasmia Peponi, Lyric Atmospheres: Plato and Mimetic
Evanescence, pp. 163-181), Aristotele (Pierre
Destrée, Aristotle on Music for
Leisure, pp. 183-202), Plutarco (Andrew
Barker, Disreputable Music: A
Performance, a Defence, and their Intertextual and Intermedial Resonances. Plutarch Quaest. conv. 704c4-705b6, pp. 233-255) e altri
scrittori-filosofi del periodo ellenistico e imperiale riconoscono le
implicazioni etiche della musica. Costante è infatti la preoccupazione degli
antichi di comprendere e quindi di controllare leffetto psicagogico della techne musikè.
Sulla
base del presupposto opinabile che il testo teatrale non sia poetico mancano
nel volume indagini specifiche sulla relazione tra dramma greco e musica. Fa
eccezione il saggio di Naomi Weissnche sullaccompagnamento
musicale della syrinx nelle tragedie
di Euripide (Hearing the Syrinx in Euripidean Tragedy, pp. 139-162). Ricordiamo
della stessa autrice il recente volume The
Music of Tragedy. Performance and Imagination in Euripidean Theater
(Oakland, University of California Press, 2018) sulla componente armonica della
drammaturgia euripidea.
Del
resto il legame musica-teatro nella civiltà greca è genetico: si pensi alla complessa questione delle origini. Limportanza
della fruizione uditiva del dramma è inoltre comprovata sia dallesigenza di
una acustica (φωνή) adeguata nelledificazione dei theatra,
sia dalla sensibilità per la sonorità, intesa come μελοποιία, presente nei testi. Come è noto, Aristotele nella Poetica afferma che la musica è
lornamento maggiore della tragedia (ἡ
μελοποιία μέγιστον τῶν ἡδυσμάτων, Arist. Poet. 1450b 16) e una delle sue parti costitutive. Non solo nei drammi antichi erano suonati la lira, la cetra e laulòs,
ma la stessa drammaturgia includeva parti recitate negli episodi e parti
cantate negli stasimi. Anche la parola stessa sia tragica sia comica aveva e
conserva ancora oggi la commuovente musicalità della poesia.
Chiudono
il volume una ricca bibliografia aggiornata e lindice dei nomi.
di Diana Perego
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