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Stratagemmi. Prospettive teatrali, a. IX, n. 32, 2015
Trimestrale di studi sul teatro, fondato nel 2007

224 pp., euro 20
ISSN 2036-5233

L’ultimo numero della rivista Stratagemmi. Prospettive teatrali è dedicato allo spettacolo Alcesti del regista Massimiliano Civica, vincitore del Premio Ubu 2015 per la migliore regia, andato in scena tra il 30 settembre e il 26 ottobre 2014 nell’ex Carcere delle Murate di Firenze. Nell’editoriale il direttore Maddalena Giovannelli spiega che «Alcesti di Civica rappresenta un exemplum di vitale ripensamento dell’antico, un’occasione di riflessione intorno alle possibili prassi per la messa in scena del teatro greco oggi» (p. n.n.).

Nel primo articolo Martina Treu (Il ritorno di Alcesti) ripercorre l’esperienza di alcuni registi teatrali che si sono confrontati con la storia di amore/morte di Alcesti e Admeto distinguendosi per la loro libertà creativa e offrendo una interpretazione originale del finale della tragedia, in cui Alcesti è riportata in vita da Eracle. Nello spettacolo di Sergio Porro (2001) la protagonista al termine di un lungo travaglio partorisce la morte. Tommaso Rotella, nella sua performance di musica e teatro in movimento dedicata all’eroina tragica (2003), immagina nell’epilogo un viaggio nel sottosuolo. Nel monologo Alcesti il regista Paolo Puppa (2000) rappresenta l’infelicità di Admeto a fianco della donna misteriosa riportata in vita da Eracle. Nel finale dello spettacolo della regista Agnese Grieco (2002) Alcesti e Admeto ritornano insieme nel regno dei morti. Diversi finali per diverse interpretazioni drammaturgiche del testo euripideo, innescate da una riflessione comune sul rapporto di coppia: «Alcesti sembra indurre ciascuno di noi a ripensare il rapporto a due, per vedere com’è inteso, costruito, vissuto» (p. 39).

Maddalena Giovannelli (Tutto è male quel che finisce bene: il finale di “Alcesti” sulla scena italiana contemporanea) analizza lo spazio scenico di quattro allestimenti teatrali degli anni Duemila della tragedia di Euripide. Nello spettacolo di Massimo Castri (2006) campeggia al centro della scena una fossa vuota per una sepoltura imminente. Nell’interpretazione della Compagnia Abbondanza/Bertoni (2002) il palco quasi vuoto è immerso in luci basse e livide. Una porta, da cui escono ed entrano di continuo i danzatori, designa il passaggio dal mondo terreno a quello dell’al di là in Alcesti. Il suono dell’addio della Compagnia Zerogrammi (2015). Il luogo della messinscena è parte integrante della scenografia nell’allestimento di Civica, in cui «lo spazio raccolto, silenzioso, buio, destinato a poche file di spettatori (un massimo di venti a serata) contribuisce a creare un clima di raccoglimento sacrale, simile a quello di un rito funebre» (p. 52).

Giovanna Di Martino
(Tradurre [e interpretare] “Alcesti”. La versione di Massimiliano Civica) analizza la “traduzione interpretativa”, pubblicata integralmente nella seconda parte della rivista, realizzata dal regista reatino. Di Martino, in un vero e proprio saggio di critica testuale, mette in luce gli aspetti innovativi della traduzione e la coerenza con il disegno registico. Civica ha individuato tre “concetti radianti” del dramma euripideo attorno a cui costruire la messinscena: scambio (ápoina), cari (phíloi), abbandonare/tradire (prodídomi). Una «operazione lessicale» che «combacia perfettamente con la sobria solennità dello spettacolo» (p. 84).

La stessa Di Martino (“Alcestis” on the British Stage) propone un’intervista a Fiona Machintosh, docente di Classical Reception and Fellow presso l’Università di Oxford e direttrice dell’Archive of Permorfances of Greek and Roman Drama, sulle rappresentazioni britanniche di Alcesti. Le eroine tragiche di Euripide in Inghilterra furono utilizzate dal movimento delle suffragette quali simboli di emancipazione femminile. Tra queste Alcesti, che sacrifica la sua vita per il marito, fu esclusa. Alla metà del XIX secolo furono realizzate versioni comiche della tragedia euripidea fino alla sua riscrittura radicale alla metà del XX secolo quando la sua protagonista, soprattutto nelle scuole femminili, divenne un modello di buona moglie, uno strumento pedagogico. Solo all’inizio del nuovo millennio Ted Hughes ha messo in scena Alcestis (2000) recuperando il senso originario del testo euripideo. Machintosh sostiene che ancora oggi in Inghilterra la più importante “Alcesti”, regolarmente rappresentata sui palcoscenici, è l’Hermione di The Winter’s Tale di Skakespeare, che parimenti ritorna alla vita nel finale.

Meticoloso lo studio di Raffaella Viccei (Alcesti, i demoni, l’abbraccio. Da Euripide all’Etruria) sulla figura di Alcesti nella pittura vascolare. In particolare Viccei esamina l’iconografia di un cratere etrusco a figure rosse della seconda metà del IV sec. a.C. custodito nella Biblioteca Nazionale di Parigi. L’immagine raffigurata sul vaso, proveniente da Vulci, riprende la scena d’addio dell’Alcesti euripidea, quando alla presenza dei demoni l’eroina abbraccia Admeto prima della fatale separazione.

La seconda parte della rivista (Taccuino) registra, oltre alla citata traduzione di Massimiliano Civica, alcune recensioni al suo spettacolo e l’approfondimento di Sara Urban (“Sono io che sto parlando”. Recitare la tragedia oggi: voci dalla scena teatrale contemporanea) che raccoglie le testimonianze di alcuni attori italiani che hanno interpretato ruoli tragici classici, da Franco Branciaroli a Daria Deflorian, da Arianna Scommegna a Elena Bucci. Nelle riflessioni di questi interpreti, pur con sfumature differenti, emerge la comune consapevolezza dell’importanza della tragedia greca come strumento di conoscenza della complessità dell’essere umano e di riflessione sulla società. La prassi attoriale della materia tragica emerge come una sfida faticosa in cui la voce e il corpo dell’attore hanno un’importanza fondamentale. 

Gli articoli sono corredati da note precise e dettagliate sugli spettacoli di riferimento e da una ricca bibliografia. I contenuti scientifici degli articoli sono proposti con un linguaggio divulgativo che ne rende piacevole la lettura.


di Diana Perego


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