Il
crepuscolo (unalba? un tramonto?); in fondo una chiesa in stile olandese,
ripresa dal basso; un carrello che si avvicina, lento (perché «il carrello è
una questione morale», diceva Godard);
la chiesa che si fa sempre più vicina, alta, minacciosa e subito un senso misto
di fascinazione e paura che prende lo spettatore. Basterebbe questo inizio,
così potente ed esatto, per essere catturati da First Reformed, lultimo film di Paul Schader: uninquadratura satura di cinema come se Sirk, Hitchcock, Dreyer, Scorsese (e anche Kubrick e Sokurov) stessero
al nostro fianco accompagnandoci nella visione (e non saranno i soli).
La
storia è quella di padre Ernst Toller (Ethan Hawke), un sacerdote calvinista in profonda crisi esistenziale. Suo figlio
è morto in Iraq dopo che lui lha costretto ad arruolarsi; per questo la moglie
lha lasciato e lui ha abbandonato il ruolo di cappellano militare per
rifugiarsi in una piccola, spoglia chiesa di periferia frequentata da pochissimi
fedeli. La sua crisi colpisce anche la fede e così Toller decide di tenere un diario
dove, per un anno, scrive in piena libertà (aiutandosi con massicce dosi di
alcol) le sue sensazioni e i suoi pensieri e che, alla fine, brucerà. Al
termine di una cerimonia conosce Mary (Amanda Seyfried), una parrocchiana che gli chiede aiuto perché il marito,
attivista ecologista, vorrebbe farla abortire in quanto convinto che il mondo
stia per finire. Intanto padre Ernst deve organizzare i festeggiamenti per i duecentocinquanta
anni della sua chiesa, che il sinodo ha deciso di far finanziare da una delle
società più inquinanti del pianeta (la Balq).
Con Firts Reformed Schrader fa il suo
esordio in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e lo fa con un film duro,
teorico, che lo riporta direttamente alla sua tesi di laurea sul trascendente
nel cinema di Ozu, Bresson e Dreyer. In quella tesi (un testo
ancora imprescindibile negli studi di analisi cinematografica dopo quasi
cinquantanni) si afferma che “quotidiano” (la coazione a ripetere), “scissione”
(il disagio) e “stasi” (catarsi e recupero di un diverso quotidiano) sono i tre
stadi dello stile trascendentale del cattolico Bresson.
Una scena del film Proprio
dal regista francese First Reformed sembra
prendere i suoi spunti più riusciti: non solo lidea del prete in crisi e
malato (Diario di un curato di campagna),
ma soprattutto la recitazione composta, asciutta e primitiva imposta al suo
protagonista, che rimanda alla fissità del Michel di Pickpocket (1959). Però, a differenza di quanto accade in Bresson,
nel cinema di Schrader non cè posto per una vera e propria catarsi, tantomeno
in un film disperato come questo, fatto di luci naturali sempre opache, esterni
nuvolosi, senza che mai un raggio di sole attraversi lo schermo o tocchi i
protagonisti. Una disperazione che neanche il lunghissimo bacio finale riesce a
mitigare. Perché,
come suggerisce linquadratura iniziale, First
Reformed è fondamentalmente un horror.
È lhorror di unanima posseduta da
dubbi, pensieri, angosce e istinti autodistruttivi che si trova costretta a
dissimulare costantemente la sua natura orrorifica con tutti quelli che
incontra. Un disagio che Schrader trasmette allo spettatore con un effetto
straniante proprio durante le scene di dialogo, dove attraverso il campo-controcampo
costringe i personaggi a una posizione quasi innaturale evitando che il loro
sguardo finisca in macchina e spiazzando così la percezione della loro
posizione nello spazio. Lo stesso accade per i tormenti e le contraddizioni di
padre Toller, la cui fisicità appare dimessa quando veste labito talare, salvo
poi rivelarsi eccezionalmente tonica e muscolare nelle scene in cui nudo scrive
il suo diario. Quelle stesse scene in cui i tormenti dellanima portano a una
messa in abisso della sua immagine, costantemente reinquadrata allinterno di
specchi e porte in maniera rigorosa ed esatta, dentro un formato antico e
desueto come il 4:3. Un precipitato di cinema
dallincedere lento e dalla bellezza magnetica che, nella sua semplicità, ci
mostra il tentativo delluomo di rapportarsi con Dio, con lambiente, con gli
altri e, cosa ancora più difficile, con sé stesso, come efficacemente
sintetizzato dallo stesso Schrader: «Siamo solo schegge impazzite, non credo
che lumanità possa sopravvivere a questo secolo».
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