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David Bowie is
Victoria and Albert Museum,
23 marzo-11 agosto 2013


di Michele Manzotti
  David Bowie is
Data di pubblicazione su web 07/06/2013  

 

I cultori degli anni Settanta potranno ammirare quello che è la sua divisa più nota: il costume di Ziggy Stardust del 1972 disegnato da Freddie Burretti. Oppure le creazioni di Kansai Yamamoto per il tour di Aladdin Sane del 1973, esotiche e affascinanti. Inoltre i fans delle copertine dei dischi saranno colpiti dal cappotto con la Union Jack disegnato da Alexander Mc Queen per l'album Earthling del 1997. Stiamo parlando di David Bowie, uno dei più importanti artisti e interpreti rock dei nostri tempi oltre che fenomeno di costume. Proprio per questo, Bowie è degno protagonista di una mostra allestita al Victoria and Albert Museum di Londra e che durerà fino all'11 agosto (orari e informazioni www.vam.ac.uk). Un'occasione per esplorare, grazie a immagini e a materiale di vario genere, il processo creativo del “Duca bianco” (così è spesso soprannominato) come innovatore musicale e icona culturale, ricostruendo l'evoluzione del suo stile con la costante del cambiamento attraverso cinquant'anni di attività.

 

I curatori della mostra Victoria Broackers e Geoffrey Marsh hanno selezionato più di 300 oggetti dagli archivi di Bowie che per la prima volta saranno visibili contemporaneamente nello stesso luogo. Nelle stanze del museo londinese sono stati raggruppati testi scritti a mano, costumi originali, foto, film, video musicali, bozzetti oltre agli strumenti dello stesso Bowie e il lavoro sulle copertine degli album. Un modo per capire come il look e la musica del musicista hanno influenzato e sono stati a loro volta influenzati da un vasto numero di movimenti artistici, di design e di cultura contemporanea in genere. «David Bowie – spiega Martin Roth, direttore del Victoria and Albert Museum che si è avvalso del marchio Gucci come partner – è una vera a propria icona. E lo è in modo ancora più rilevante oggi per la cultura popolare più che negli anni passati. La sua innovazione radicale attraverso la musica, il teatro, la moda e lo stile compare ancora oggi nel design e nella cultura visiva e continua a ispirare artisti e designer in tutto il mondo. Siamo veramente orgogliosi di presentare la prima mostra in assoluto che prende il materiale dagli archivi di Bowie».

 

Tra le curiosità in esposizione le foto scattate da Brian Duffy, Terry O’Neill, Masayoshi Sukita (il fotografo di Heroes), gli artwork delle copertine degli album disegnate da Guy Pellaert ed Edward Bell, estratti visivi da film ed esibizioni dal vivo tra cui quelle da The Man Who Fell The Earth (1976) e dal Saturday Night Live (1979), video musicali come Boys Keep Swinging (1979) e Let’s Dance (1983) e bozzetti di scenografie creati per il tour di Diamond Dogs (1974). Dagli archivi privati sono spuntati fuori anche soggetti inediti, scalette dei concerti scritte a mano e testi di canzoni così come spartiti e annotazioni fatte giorno per giorno che mostrano l’evoluzione di alcune idee musicali. Ma c’è anche un aspetto che sicuramente incuriosirà il visitatore, quello che mostra l’attività del giovane David Robert Jones (questo il nome di Bowie, nato nel quartiere londinese di Brixton nel 1947) prima del grande successo di Space Oddity del 1969. Da bravo musicista che comincia l’attività negli anni Sessanta del secolo passato, il giovane David si muove attraverso vari stili: da quello Mod al folk, dal Rhythm’n’Blues alla congiunzione tra musica e mimica, tutti elementi che confluiranno nelle sue canzoni. Oltre alle foto di quel periodo e delle prime formazioni di Bowie (The Kon-rads e The King Bees), sono stati selezionati anche gli Lp dei suoi eroi musicali, a partire da Little Richard. Infine la Bbc ha dato il suo contributo con un documentario che sarà trasmesso dal secondo canale dell’emittente nel prossimo maggio e basato sul materiale della mostra oltre che focalizzato su cinque anni (1971, 1975, 1977, 1980 e 1983) fondamentali per la sua attività.

 

La mostra del Victoria and Albert Museum ha coinciso con l’uscita del disco The Next Day, che ha già raggiunto il primo posto delle classifiche di vendita in Gran Bretagna (l’ultimo numero uno del Duca bianco risaliva al 1993, con Black tie white noise). Un album molto atteso a dieci anni dall’ultima produzione, lanciato a gennaio dal singolo Where are we now? e con il video di un altro brano (The Stars) interpretato insieme a Tilda Swinton. Il successo quasi istantaneo del disco può essere spiegato non solo dal grande nome dell’astista, ma dal fatto che paradossalmente The Next Day è un album tutt’altro che semplice. Si tratta infatti di quei prodotti da apprezzare ascolto dopo ascolto, tipici dei grandi artisti che non amano riposare sugli allori e dove convivono in uguale misura passato e presente. Inciso a New York con la produzione di Tony Visconti e con la copertina che rimanda a quella di Heroes, l’album ha un carattere prevalentemente rock, con un pizzico di sperimentazione (si ascolti If you can see me e la divertente Dancing out in Space ) e qualche traccia di anima punk (Dirty Boys). Ma c’è anche il Bowie delle grandi ballate dall’ispirata melodia come la già citata e intimista Where are we now? e You feel so lonely you could die dal carattere soul. Per arrivare a un finale di grande effetto quale è Heat, una sorta di inno dark che al tempo stesso guarda al futuro. Le sessioni di registrazione per The Next Day hanno infatti generato ben 29 brani e forse non dovremmo aspettare altri dieci anni per un nuovo album di Bowie.



 

David Bowie and William Burroughs, 1974, Photograph by Terry ONeill (The David Bowie Archive 2012).
 


Original photography for the Earthling album cover, 1997, Frank W. Ockenfels (Victoria and Albert Museum, London).
 


Photo collage of manipulated film stills from The Man Who Fell to Earth (STUDIOCANAL Films Ltd Image, Victoria and Albert Museum, London).
 


Promotional shoot for The Kon-rads, 1963, Photograph by Roy Ainsworth (The David Bowie Archive 2012).
 

Striped bodysuit for Aladdin Sane tour, 1973, Design by Kansai Yamamoto, Photograph by Masayoshi Sukita (The David Bowie Archive 2012).
 
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