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Correre, correre, correre

di Sara Mamone
  Der Räuber
Data di pubblicazione su web 16/02/2010  

Il tema carcerario gode di grande favore in questa edizione del festival, tanto da far pensare ad un vero e proprio sotto-genere nel poliziesco. A pieno titolo appartiene a questo filone Der Räuber (Il rapinatore), produzione austro-tedesca del giovane Bejamin Heisenberg, dotato di perfetto curriculum festivaliero: studio di belle arti, scuola di cinema e televisione a Monaco, fondazione e direzione della rivista di cinema Revolver e debutto con il lungometraggio Schlafer thriller filosofico di molte intenzioni presentato a Cannes nella sezione Un certain regard. La storia è tratta dal romanzo omonimo scritto da Martin Prinz e possiede, come valore aggiunto, la forza della realtà, essendo ispirata ad un caso della storia criminale austriaca. E con l’apparente fluidità semplice del documentario il regista racconta la storia di Johann Rettemberger, o meglio una parte della sua storia, quella della sua ossessione, un’ossessione compulsiva che domina la sua vita, in carcere o in libertà: correre, correre, correre.


 

Il giovane in realtà di passioni ne ha due poiché anche la rapina esercita su di lui un fascino irresistibile. Infatti, appena libero, riprende le sue abitudini, allenandosi con dedizione totale e intervallando la sua preparazione atletica con non meno sistematiche azioni delinquenziali. Il regista lo segue in questa duplicità, in questa sconcertante alternanza, con molta efficacia, facendo trascurare alcuni difetti di sceneggiatura che fanno galleggiare un po’ il protagonista in un’assenza di legami non sempre convincente. La scansione dei successi sportivi (il protagonista arriverà a vincere la maratona di Vienna) è molto ben ritmata con l’alternarsi delle emozioni del successo e la solitudine monacale della preparazione. L’ottima prima parte inciampa poi nell’ ”imprevisto” amoroso e il film perde la forza della splendida idea iniziale. Si potrebbe dire che, contrariamente al suo protagonista, ha il fiato corto.


 

Pian piano il ritmo interiore (fatto di efficaci lentezze e di improvvise accelerazioni) si slabbra in una storia d’amore narrata banalmente per prendere poi la strada a senso unico del poliziesco senza via d’uscita (altre rapine, altre più affannate corse per sfuggire alla polizia, la denuncia della donna, i suoi sensi di colpa, la presa di ostaggi, l’inevitabile inseguimento in autostrada, l’ancor più inevitabile fine). Due film si intrecciano tra loro, stilisticamente incomunicanti, mettendo a disagio anche il protagonista, il comunque ottimo Andreas  Lust, impenetrabile e intrigante nella parte solitaria, anche interpretativamente ondivago in quella  sentimentale.

 

Der Räuber
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