drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Cannes al vento

a cura di Cristina Jandelli
  Logo
Data di pubblicazione su web 01/01/2002  
La Palma d'oro del 55° festival di Cannes incorona Il pianista di Roman Polanski, ispirato ai ricordi d'infanzia del regista nel ghetto di Varsavia. Il gran premio della giuria va a L'homme sans passé di Aki Kaurismaki, la cui protagonsita Kati Outinen vince la Palma per la miglior interpretazione femminile. Il miglior attore del festival è invece Olivier Gourmet, protagonsita di Le fils di Luc e Jean-Pierre Dardenne. A sorpresa, Bellocchio convince i più inaspettati dei giurati, portando a casa la menzione speciale della giuria ecumenica.

***

"Scritto da quel Ronald Harwood che ha sceneggiato anche il recente A torto o a ragione di Istvan Szabo, Il pianista è un film potente, lungo (2 ore e mezza), apparentemente classico, in realtà profondamente "polanskiano". A prima vista sembra, più che un film, uno splendido sceneggiato tv. Essendo girato in inglese (Szpielman è un bravissimo Adrien Brody), ha l'apparenza della tipica produzione internazionale, ricca e senz'anima. Ma l'anima c'è, ed è nei particolari che solo un ebreo sopravvissuto al ghetto di Cracovia come Polanski poteva infilarci [...]. Il pianista è il lato oscuro di Schindler's List. Qui non ci sono eroi, qui non si salva nessuno. Szpielman è una sorta di voyeur della guerra, e non per vigliaccheria, ma solo per la forza ineluttabile del caso".
Alberto Crespi, "L'Unità", 25 maggio 2002
"L'uomo senza passato di Kaurismaki è un purissimo semplice capolavoro che ridefinisce il cinema come luogo dell'oblio, come zona in cui la memoria si deposita e muore, e il dato biologico-economico (è il film più marxiano visto qui) si mostra sia spettro che uomo meccanico, zombo senza nome, insieme operaio e sottoproletario, pronto a ricordarsi solo il presente dell'amore".
Enrico Ghezzi, "L'Unità", 23 maggio 2002

"E' difficile trovare gli aggettivi per dire quanto è bravo Nicholson, attore-monumento, in About Schmidt di Alexander Payne, da adottare come libro di testo nelle scuole di recitazione. Il malinconico protagonista è raccontato fra due festeggiamenti amari, quello del pensionamento e quello per le nozze poco fauste della figlia [...]. Questo è uno di quei preziosi film in cui, al di là della finzione, si fraternizza con un essere umano".
Tullio Kezich, "Corriere della Sera", 23 maggio 2002

"Per una singolare coincidenza due fra i più attesi titoli in concorso, Spider e Sweet sixteen, raccontano entrambi storie d'amore impossibili fra un figlio e una madre. Arcano e perturbante fin dai titoli, dove le macchie di Rorschach, usate dagli psichiatri per suscitare le associazioni dei pazienti, compaiono in forme di pitture scrostate su un muro, il film di David Cronenberg mette in scena un delitto di famiglia attraverso la mente sconvolta di uno spicopatico, un 'ragnetto' di mamma che compare in doppia versione, da bambino e con i tratti adulti di Ralph Fiennes [...]. Per molti cinefili Cronenberg è una fede, di cui è vietato discutere. Ciò non toglie che Spider resti al di sotto delle premesse".
Roberto Nepoti, "La Repubblica", 22 maggio 2002

"Applausi convinti alla proiezione mattutina della Quinzaine [...] per L'imbalsamatore di Matteo Garrone, film con il quale possiamo considerare virtualmente chiusa la spedizione italiana a Cannes 2002 [...]. Il bilancio complessivo è ottimo: con L'ora di religione in concorso, Respiro alla Semaine, Angela alla Quinzaine e i due documentari su G8, il cinema italiano ha dato di sé un'immagine vitale ed estremamente diversificata. Aggiungiamo che, come Angela per Roberta Torre, così L'imbalsamatore per Matteo Garrone è un film di svolta, la vera opera prima di una carriera che oggi appare ancor più promettente di ieri".
Alberto Crespi, "L'Unità", 22 maggio 2002

"Ten (Dieci) [...] è interessante e bello (Kiarostami, che lo ha ideato, diretto, montato e prodotto, non ha mai fatto nulla di brutto in vita sua) ma soprattutto rappresenta una rivoluzione e una liberazione per i registi, specialmente per quelli dei Paesi poveri. L«uso della minima cinepresa DV puù consentire agli autori massima libertà e leggerezza, puù liberarli da molti impacci finanziari e organizzativi, può eliminare tante dipendenze e difficoltà: questo lavoro di Kiarostami conferma la scelta innovativa già praticata in Italia da Giuseppe Bertolucci, anche se il maestro iraniano si vanta addirittura di avere eliminato la regia. Nella sua decostruzione, né fiction né documentario, Ten mostra per un«ora e mezza una giovane bella donna borghese di Teheran, la pittrice Mania Akbari, che guida la macchina e dialoga con suo figlio o con donne alle quali ha dato un passaggio.
Lietta Tornabuoni, "La Stampa", 21 maggio 2002

La vicenda [in Punch-Drunk Love di Paul Thomas Anderson] si rifà a un personaggio famoso per aver vinto un milione di chilometri gratis in aereo con le etichette di un pudding: dalla storia vera il regista Anderson si distacca per raccontare come l'amore di Lena (l'inglese Emily Watson) compie il miracolo di tirar fuori Barry dalla sua crisi permanente e fargli sventare un ricatto ordito ai suoi danni da un'agenzia di telefonate erotiche. Adam Sandler, un popolare promiscuo televisivo, impersona un tipo alla Alberto Sordi (gli assomiglia persino, in bello) e il film è irridente e scanzonato proprio alla Monicelli. Si può anche pensare (ed è un riferimento più probabile visto che siamo in America) a certi imbranati di Jack Lemmon nelle commedie di Billy Wilder. Illustrando il caso clinico in un registro fra intimista e grottesco, Punch-Drunk Love è un delizioso miracolo di tempi comici e leggerezza.
Tullio Kezich, "Corriere della Sera", 20 maggio 2002

"Perché tutti i rapporti umani debbono essere regolati dal dolore? È una frase da Il principio dell'incertezza di Manoel de Oliveira [...] ma curiosamente potrebbe fare da epigrafe al film concorrente, All Or Nothing di Mike Leigh, una vera e propria 'cognizione del dolore' nell'Inghilterra di Blair [...]. È curioso: nei film di Oliveira sembra sempre di vedere attori che recitano artificiosamente una parte (per rompere questa convenzione ci vogliono dei fuoriclasse, come Piccoli), nei film di Mike Leigh sembra di entrare in casa di persone vere e si ha il timore di disturbare. Eppure anche Leigh usa attori, e che attori! Solo che li porta a una mimesi, a un'identificazione totale con la storia che ha qualcosa di doloroso e sconvolgente".
Alberto Crespi, "L'Unità", 18 maggio 2002

Il primo film della selezione francese al festival di Cannes di quest'anno (quattro titoli in concorso) è Marie-Jo e i suoi due amori di Robert Guèdiguian, marsigliese purosangue, accolto da un tifo calcistico nella sua prima presentazione [...]. Di fronte all'astuta umiltà del regista che non rinuncia nemmeno davanti alla platea di Cannes, nemmeno nella Francia odierna percorsa da fermenti pre-elettorali a sbandierare il valore politico del suo cinema e la coerenza ideologica del modo in cui tutti sul set (dal produttore al montatore) partecipano di una comune e delle stesse idee, non si può che sorridere ammirati. Se tutti i film francesi di quest' anno avranno la stessa libertà visiva e la stessa levità nel mischiare vita reale, sentimenti privati e dolori pubblici si dovrà convenire che le scelte del festival sono state azzeccate e che in Francia la nouvelle vague degli anni 2000 non cessa di sorprendere.
Lietta Tornabuoni, "La Stampa", 17 maggio 2002

"È come se in Hollywood Ending, pressato forse dall'idea di allargare l'audience americana, Allen non fosse riuscito a raggiungere l'essenzialità [...]. La ripetizione dei malintesi non giova al ritmo sicchè il cinema nel cinema e l'affresco del set fanno rimpiangere la freschezza di Stardust memories o il brio di Pallottole su Broadway. Resta l'altra metà del film: la commedia del ri-matrimonio, come la chiamano gli americani. La vita di coppia, le sue nevrosi, il distacco e il rimpianto sono ancora una volta l'ancora di salvezza di Woody. Per la cronaca il film girato al buio, disprezzato dallo stesso Val e respinto dall'industria americana, troverà in Europa e soprattutto in Francia i suoi entusiasti esegeti. Un ringraziamento che sa di sberleffo".
Andrea Martini, "Il Giorno", 16 maggio 2002




L'uomo senza passato di Kaurismaki
L'uomo senza passato di Kaurismaki


 

Jack Nicholson in About Schmidt di A. Payne
Jack Nicholson in About Schmidt di A. Payne

 


Ralph Finnes in Spider di D. Cronenberg
Ralph Finnes in Spider di D. Cronenberg
 


Sweet sixteen di K. Loach
Sweet sixteen di K. Loach


 


L'ora di religione di M. Bellocchio
L'ora di religione di M. Bellocchio

 

Ten di Kiarostami
Ten di Kiarostami
 
 
 

 
Punch-Drunk Love di P.T. Anderson
Punch-Drunk Love di P.T. Anderson
 
 
 

 
 
Il principio dell'incertezza di M. de Oliveira
Il principio dell'incertezza di M. de Oliveira
 

 

Marie-Jo e i suoi due amori di R. Guédiguian
Marie-Jo e i suoi due amori di R. Guédiguian
 
 
 
 
 

Hollywood Ending di e con Woody Allen
Hollywood Ending di e con Woody Allen


 

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013