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Figures de la passion

di Marina Longo
  Figures de la passion
Data di pubblicazione su web 01/06/2002  
La mostra allestita negli spazi del parigino Museo della musica, recente e vivace luogo di attività culturali oltre che concertistiche, è stata presentata come prima parte di un "dittico" dedicato alla fioritura della teoria degli affetti nell'arte occidentale dell'età moderna (la seconda tappa, in programma dal 2 aprile al 30 giugno 2002, affronterà la nascita della sensibilità romantica). Il tema è stato dichiaratamente analizzato sul doppio piano della pittura e dell'opera barocche, e di conseguenza si è articolato in un percorso audiovisivo elaborato con meticolosità e coerenza interna. Del resto fra i curatori compaiono, accanto a quelli dei responsabili del Museo del Louvre e dello stesso Museo della musica, i nomi di musicologi da tempo dediti a questo ambito di studi, come Michel Verschaeve.

Provvisti di cuffie con la registrazione musicali e piccolo vademecum con la mappa della mostra ci si poteva immergere in un viaggio nelle passioni umane, che si scopre poi essere circolare, un po' come quelle arie barocche con variazioni che dopo incessanti mutamenti tornano alla loro origine, arricchiti di significato e di spessore. La prima sezione, che portava il titolo suggestivo Dalla passione alle passioni, era ovviamente consacrata alla raffigurazione della passione cristiana, con i momenti topici dell'Ecce homo, della crocifissione, della deplorazione, della pietà. Sulle note accorate delle composizioni sacre di Marc Antoine Charpentier e Sébastien de Brossard scorrevano i quadri di Charles Le Brun, Noël Coypel, Claude Mellan, Pierre Mignard, Simon Vouet, e di allievi di Philippe de Champaigne: esempi figurativi non certo originali, ma in cui si rinvengono tracce di espressività soprattutto nei personaggi di contorno, come gli angeli.

Punto di sutura tra questo obbligatorio incipit religioso e la progressiva "laicizzazione" del tema è la figura della peccatrice Maddalena: era esposta, oltre a vari esempi di Maddalena penitente (mancava quella celebre di La Tour), una Maddalena in estasi di Louis Finson che prefigura la berniniana Estasi di Santa Teresa: l'ambivalenza del godimento fisico e spirituale traspare dall'abbandono del corpo, dalla bocca e dagli occhi schiusi, dai lunghi capelli sparsi sul petto candido e appena intravisto. La sezione, intitolata appunto Penitenza ed estasi, si apriva alla prospettiva profana delle passioni terrene che costituiva l'anima del percorso della mostra, in cui si era proiettati tralasciando quasi inconsciamente il seguito dei ritratti di santi rapiti in cielo che iteravano il tema dell'estasi senza il mordente dell'allusività della Maddalena.

Si entrava così nella parte dedicata alle rappresentazioni della morte di personaggi tratti dalla letteratura classica, altra preziosa miniera di ispirazione tanto per la pittura quanto per il teatro d'opera secenteschi. La morte di Catone, di Seneca, di Lucrezia, di Didone, di Cleopatra contengono segni di una espressività comune, soprattutto (anche qui) nella reazione di dolorosa incredulità degli astanti; particolarmente suggestivo l'abbinamento con il brano dalla quarta scena del terzo atto dell'Alceste di Lully, in cui il coro ripete, come infiniti rintocchi di campane funeree, la frase "Alceste est morte". Non per caso in posizione esattamente simmetrica rispetto a questa sezione è stata collocata quella del Cabinet de musique, che esponeva le partiture dell'Armide dello stesso Lully e dell'Hippolyte et Aricie di Jean-Philippe Rameau, e i vari trattati sulle regole della composizione e della recitazione, di Marin Mersenne, Grimarest, Charpentier e ancora Rameau.

Si configura nettamente la matrice delle riflessioni sul tema delle passioni, inconfondibilmente francese, ispirata al rigoroso senso dell'armonia e della bienséance, e in virtù della quale musica e resa degli affetti sono assoggettati al testo e alla chiarezza interpretativa. Anche le passioni della collera e del terrore, cui venivano accostati quadri di maestosi temporali firmati da Gaspard Dughet e Francisque Millet, sottostanno, nell'Alcyione di Marin Marais, al controllo della tessitura melodica e ritmica, dando l'impressione di una perfetta gestione emotiva anche in quella che doveva essere l'interpretazione dei cantanti dell'epoca. Si è avvertita allora la mancanza di termini comparativi, tratti ad esempio dall'opera e dalla trattatistica musicale italiane, considerate oltralpe per tutto il Seicento e anche dopo come polo antitetico nella teoria degli affetti, tese piuttosto alla ricerca di un realismo che sembrava contravvenire al decoro formale sulla partitura come sulla scena.

Ancor più si è avvertita questa la mancanza lì dove sarebbero potute emergere proficue analogie, ovvero nella bella parte dedicata ai baccanali e ai paesaggi di satiri e fauni (con sottofondo del prologo di Platée di Rameau), e nella raccolta di disegni autografi che corredano le Expressions des passions de l'âme di Charles Le Brun, un perfetto compendio di mimica oratoria e teatrale in cui collera, dolore, paura, stupore, estasi vengono puntualmente stilizzati nelle pieghe del volto, e in particolare degli occhi. Il supporto musicale era qui forse un po' insufficiente, mentre risultava più aderente nella sezione (irrinunciabile in ambito francese) dedicata ai caratteri nel ritratto. Le suggestioni di questo genere artistico, vissuto sia come gioco di société sia come strumento di conoscenza nei moralisti classici, delineavano un terzo livello di lettura e tracciavano significative intersezioni fra pittura, musica e letteratura. È rimasto però poco indagato il genere più propriamente "metateatrale", quello del ritratto di cantanti immortalate nel ruolo in scena, di cui era esposto purtroppo un solo esempio di Largilliere, che raffigura l'attrice della Comédie Française M.lle Duclos nei panni di Arianna. La mostra ripiegava su se stessa soffermandosi infine sulla malinconia e su ritratti e sculture funebri di nobildonne e aristocratici, un piccolo teatro della morte in cui i volti umani riproducevano, con evidenti intenzioni celebrative della memoria, passioni e ardori della iconografia sacra. La finalità encomiastica spegne qui ogni verosimiglianza nella calligrafia e nel ricercato ordine compositivo.

Meritoria l'iniziativa, che ci si augura venga in futuro estesa ad un quadro "sinottico" delle teorie sulla resa degli affetti nelle diverse culture europee, fin dai loro esordi. Proporre queste riflessioni in un contesto geografico circoscritto, al di là dei compiacimenti campanilistici, rischierebbe di isolare un fenomeno scaturito e alimentato al contrario da continui scambi e frequentazioni sovranazionali.


Figures de la passion

Parigi, Musée de la musique, 20 ottobre 2001-20 gennaio 2002
 
 

Cité de la Musique   

 
Nicolas de Largillierre (1656-1746) Ritratto di Marie-Anne de Châteauneuf, detta Mademoiselle Duclos, nel ruolo di Ariane, (Ariane, di Thomas Corneille). Olio su tela, 1714 circa. Musée de la Comédie-Française
Nicolas de Largillierre (1656-1746) Ritratto di Marie-Anne de Châteauneuf, detta Mademoiselle Duclos, nel ruolo di Ariane, (Ariane, di Thomas Corneille). Olio su tela, 1714 circa. Musée de la Comédie-Française





 
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