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Violenza campione d'incassi (The Passion di Mel Gibson)

The Passion è un film indiscutibilmente violento, esageratamente violento, che è riuscito ad arrivare nelle sale, almeno in quelle italiane, senza nemmeno essere vietato ai minori. È un film fatto d'immagini, e queste sono di una crudezza assoluta. Le parole sono poche, incomprensibili, almeno quelle in aramaico, e comunque inutili, scontate, perché note a tutti, perché tratte per la maggior parte dal Vangelo secondo Giovanni. L'uso della lingua parlata al tempo di Cristo potrebbe suggerire che anche la violenza sia espressione della volontà artistica di avvicinarsi, quanto più fedelmente possibile, alla passione di Cristo. Questo "realismo" esasperato dovrebbe allora ispirarsi al Nuovo Testamento e ai documenti storici coevi alla vita di Cristo, ma sembra piuttosto essere liberamente tratto dai macabri resoconti delle torture medioevali.

La scena della flagellazione è una delle più crude e lunghe: lo spettatore deve assistere a più di un centinaio di frustate, alla progressiva distruzione del corpo di Cristo e al sadismo compiaciuto dei carnefici romani e dei giudei. Nei Vangeli di Matteo, Marco e Giovanni la flagellazione è invece riassunta nella parola stessa (Mt. 27, 26; Mc. 15, 15; Gv. 19, 1) ed in quello di Luca non è nemmeno menzionata. Anche per descrivere la crocifissione gli apostoli si servono di un'unica frase (Mt. 27, 35; Mc. 15, 24-25; Lc. 23, 33; Gv. 19, 18). Giovanni, citando le scritture, riporta: "Poiché questo è avvenuto affinché si adempisse la scrittura: "Nessun osso di lui sarà spezzato" (Gv. 19, 36); e in The Passion questa affermazione non viene smentita: come in Giovanni a Cristo viene trafitto il costato con una lancia mentre ai due malfattori vengono spezzate le gambe (Gv. 19, 32-34), ma durante la crocifissione a Cristo viene lussata una spalla affinché le sue mani raggiungano i buchi nell'asse preparati per i chiodi. Si è, in questa scena, tanto al limite della contraddizione da sfiorare il ridicolo. 

La forza delle immagini sembrerebbe derivare più dall'Antico che dal Nuovo Testamento. Nei Libri Profetici, Isaia scrive: "Maltrattato, si lasciò umiliare/e non aprì la sua bocca;/era come agnello condotto al macello,/come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,/e non aprì la sua bocca./Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;/chi si affligge per la sua sorte?/Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,/per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte." (Isaia 53, 7-8). Sono frasi suggestive, potenti, ma si tratta per lo più di metafore, il profeta non ha bisogno di descrivere ciò che avverrà solo su di un piano reale perché la potenza delle sue metafore è superiore. Nei Vangeli di Matteo, Marco e Giovanni viene riservato maggior spazio alla scena in cui Cristo viene rivestito con un manto color porpora ed una corona di spine e, con una canna, simboleggiante il suo scettro, gli viene percosso il capo: è la scena in cui i soldati romani lo scherniscono, lo schiaffeggiano e gli sputano addosso (Mt. 27, 28-31; Mc. 15, 17-20; Gv. 19, 2-5). Alla derisione del Cristo, che leggendo il Nuovo Testamento, sembrerebbe quasi prevalere sulla sua tortura fisica, non viene invece riservato nel film uno spazio altrettanto rilevante.

L'intreccio di The Passion è attraversato da una figura androgina che incarna il diavolo, in particolare la tentazione: compare nella prima scena, ossia nell'orto dei Getsemani, dove prende le sembianze di un serpente, mentre nella scena della flagellazione culla il figlio mostruoso. Questa figura non sembra trovare la propria giustificazione né nello sviluppo logico e artistico dell'intreccio, né nelle fonti: sembra essere forzatamente intercalata nel continuum delle immagini, un po' come quei fotogrammi in Fight Club (David Fincher, 1999) che però, alla fine, trovano, nella mente degli spettatori, una loro spiegazione logica. Nel Nuovo Testamento il diavolo non compare: nel Vangelo di Matteo ed in quello di Marco Cristo afferma, sul monte degli ulivi: "Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi" e "lo spirito è pronto, ma la carne è debole" (Mt. 26, 39-41; Mc. 14, 36-38); nel Vangelo di Luca alle preghiere del Figlio, il Padre risponde con l'apparizione di un angelo "per rafforzarlo" (Lc. 22, 41-43). Prima di morire, nei Vangeli di Matteo e di Marco, Cristo afferma: "Eloì, Eloì lamà sabactàni?" (Mt. 27, 46; Gv. 15, 34). Questi sono gli unici due momenti in cui il Figlio sembra temere d'essere stato abbandonato dal Padre. La rappresentazione del diavolo incrementa la vendibilità di The Passion portando con sé una serie di significati e immagini noti allo spettatore perché già riccamente elaborati in film famosi, come L'Esorcista (William Friedkin, 1973) e L'Avvocato del diavolo (Taylor Hackford, 1997) per citarne due fra i più noti).

I dialoghi sono tratti per lo più dal Vangelo di Giovanni ed il film è, in generale, più fedele a questo apostolo anche nella fabula: in Giovanni vengono descritte maggiormente le dispute fra i sacerdoti del tempio e Pilato (Gv. 18, 28 - 19, 16); solo in Giovanni Gesù crocifisso afferma rivolto alla madre "Donna, ecco tuo figlio!" e rivolto al discepolo prediletto "Ecco tua madre!" (Gv. 15, 25-27). 

Se la violenza espressa dalle immagini di questo film non può essere giustificata dal punto di vista della fedeltà alle fonti, su di un piano reale, dovrebbe almeno trovare un fondamento su di un piano metaforico, ossia dovrebbe essere il mezzo attraverso il quale trapeli il messaggio divino. Ma The Passion non sembra dare alcun significato alla crudezza, non sembra esprimere nessuna speranza di redenzione, redenzione che dovrebbe essere chiave d'interpretazione della violenza. 

"Egli è stato trafitto per i nostri delitti,/schiacciato per le nostre iniquità./Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;/per le sue piaghe noi siamo stati guariti./Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,/ognuno di noi seguiva la sua strada;/il Signore fece ricadere su di lui/l'iniquità di noi tutti." (Isaia 53, 5-6). Parole come "castigo" e "piaghe" sono accompagnate da "salvezza" e "guariti" perché le prime sono condizione necessaria affinché le seconde si realizzino, le seconde sono il fine ultimo e senza di esse le prime non hanno significato. Giovanni Paolo II ne La divina Provvidenza supera il male in Gesù redentore, 11 giugno 1986, scrive: "Essa (la Sapienza), infatti, nell'intero contesto salvifico, è quella "sapienza contro la quale la malvagità non può prevalere" (cf. Sap. 7, 30). E una Sapienza piena d'amore, poiché "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…" (Gv. 3, 16)". 

In The Passion il significato ultimo della passione di Cristo viene interamente demandato al background culturale dello spettatore: è questo ultimo che durante tutto il film deve completare le scene con le nozioni cattoliche che possiede. Questo compito è troppo oneroso perché il film non fornisce allo spettatore degli spunti per richiamare alla mente il significato del sacrificio del figlio di Dio. I flashback di Gesù riguardano infatti alcuni episodi della sua vita e di conseguenza esplicitano alcuni principi della dottrina cristiana, ma non riguardano mai direttamente il suo sacrificio.

Sembra quindi che la brutalità delle scene non abbia alcuna motivazione, né dal punto di vista della fedeltà letterale ai Testi Sacri, né da quello della logica narrativa che in questo caso dovrebbe essere il messaggio che Dio ha lasciato all'umanità sacrificando il Figlio. Ma anche da un punto di vista prettamente estetico la violenza non pare trovare ragione. 

Molti dei film che sfruttano il personaggio del serial-killer mostrano cadaveri mutilati e torturati, ma quasi sempre disposti con macabra cura: sono corpi morti, mostrati per pochi secondi ed estetizzati, altrimenti il film scadrebbe in uno splatter. The Passion è invece sotteso da una sorta di sadismo prolungato e compiaciuto, non estetizzato, dunque insostenibile. Questo accanimento fisico e manifesto su di un corpo viene controbilanciato dalle scene in cui appaiono Maria, Maddalena e il discepolo prediletto da Cristo: queste sono scene esageratamente pietose, tanto struggenti e contrapposte alle altre da risultare anch'esse assurde. Durante la flagellazione Cristo, a terra, supino, con il corpo già completamente segnato dalle frustate, vede la madre e si rialza: è questo un atteggiamento discutibile perché Gesù sembra sfidare i suoi carnefici, sembra rialzarsi per continuare a combattere come il migliore dei Rocky, peccando forse un po' di superbia. Ed assurda e ridicola è la scena conclusiva, quella della resurrezione: il corpo di Cristo non reca alcun segno della passione ad eccezione di un buco nella mano destra, perfettamente tondo, a mo' di Terminator (James Cameron, 1984) e di La morte ti fa bella (Robert Zemeckis, 1992).

The Passion è un film raccapricciante, inguardabile, la cui carenza estetica sembra ingiustificata sotto ogni punto di vista. Ma è un film che fa parlare di sé, sia per le scelte di regia, sia per l'argomento, relativamente poco sfruttato negli ultimi anni, è quindi un film di sicuro successo commerciale.

Elisa Pezzotta

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