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Amenábar: un mare con due sponde

A mio parere, l’eccellente recensione di Marco Luceri al film Mare dentro di Alejandro Amenábar coglie i nodi principali del notevole lavoro di un bravissimo regista in cui ogni attore, dal protagonista Javier Bardem all’ultimo secondario, brilla con luce propria. In effetti, si possono considerare le diverse dualità oppositive iscritte nel film come la chiave principale dalla quale descriverlo ed interpretarlo. E al di sopra di tutte le dualità segnalate va messa quella composta dalla dicotomia vita-morte. Se si pensa che la vicenda di Ramón Sampedroè stata pioneristica nella Spagna democratica - un caso di eutanasia volontaria di un uomo mentalmente lucidissimo - è naturale che anche il volto etico del film meriti qualche riflessione. 

Alla prima madrilena di Mar adentro hanno assistito il presidente del governo spagnolo Zapatero e un cospicuo numero dei suoi ministri. Forse da questo gesto molti hanno capito che all’interno di un programma politico di aggiornamento ed allargamento di diritti civili (matrimonio gay, divorzio più semplice e rapido, protezione dei diritti delle donne, attenzione a confessioni religiose non cristiane, forse qualche nuova modalità di aborto legale, ecc.) era arrivato anche il turno dell’eutanasia. E quindi sono scattati la polemica e il dibattito su un argomento sempre delicato. 

Bardem-Sampedro è dotato di umorismo, pienezza mentale, ricchezza di rapporti umani, capacità di seduzione, e vive in un ambiente familiare caldo, pieno d’affetto, in una camera-conchiglia attrezzata con tecnologia, amore ed immaginazione; tutto al servizio del malato tetraplegico. E questo quadro, come è stato segnalato, è in aperta contraddizione con il desiderio del protagonista di autoannichilirsi. Ad aiutarlo nel suo scopo arriveranno dalla cosmopolita Barcellona a una Galizia rurale una équipe di avvocati appartenenti ad una associazione favorevole all’eutanasia. Questo contrasto regionale, con le opportune manifestazioni linguistiche in galiziano e catalano comprese, presenti nella versione orginale, sarebbe un’altra delle accennate dualità, rappresentativa in questo caso di una certa visione della Spagna contemporanea.

Ebbene, se analizziamo il susseguirsi argomentale, notiamo che nel film – che vuole essere molto fedele a una vicenda realmente accaduta e presente ancora nella menti di molti - si foggia una accurata ambiguità. Ramón vuole morire e riuscirà a far rispettare i suoi desideri a quasi tutti gli esseri che ha attorno, fino ad arrivare all’esito finale: l’annientamento della sua vita. Ma contemporaneamente si costruisce un potente discorso in favore della vita, evidente per tutti gli spettatori: il rapporto fra due degli avvocati diventa più intimo, finiranno per procreare un bambino, nato proprio a seguito del decesso. Lei dapprima, quando riceve la telefonata estrema di Ramón, reagisce al suo annuncio con grandissima prudenza: non lo conforta, lo incita piuttosto ad un sereno e libero ripensamento. Julia, l’altra avvocatessa di Barcellona, innamorata di Ramón, e sempre più gravemente malata, alla fine farà marcia indietro e non accompagnerà lui nella decisione drastica che prima aveva pensato di assumere anche lei.

Ma il fattore che viene a ridimensionare tutta la storia è la scena dell'incidente di Ramón, evocata oniricamente da lui: uno sguardo attento dello spettatore coglie nel gesto del protagonista non un incidente ma la libera decisione di un suicida, deluso per amore ai venticinque anni. E quindi scatta l’indulgenza del pubblico meno militante: sia libero di togliersi la vita chi ha sofferto decenni di prigione indesiderata nel suo corpo invalido, perché, malgrado tutto, non è un caso tipico di eutanasia, è un’eccezione. L’aiuto d’un complice necessario diventa meno grave: è sussidiario di una volontà suicida fallita molto anteriore di un uomo non condizionato dalla quasi totale prostrazione – come lo è al presente della storia - ma completamente libero, quando era in pieno possesso di tutte le sue facoltà.

Dunque, è Amenábar fautore di due discorsi opposti e contraddittori? È creatore di un’opera d’arte semanticamente polivalente? È preservatore di libertà personale sotto la pressione di idee politicamente corrette oggi in voga? Ognuno risponda. Lui resta comunque artifice d’un film originale e di forte personalità.

Juan Carlos de Miguel (Universitat de Valčncia)

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