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Caterina Pagnini

Considerazioni sull’interpretazione delle fonti per la Storia della danza

Data di pubblicazione su web 03/02/2016
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Per comprendere il fenomeno coreutico e la sua effettiva funzione all’interno dellaspettacolarità di Antico Regime è necessario interrogare sotto una precisaprospettiva le fonti primarie della danza, in Europa e in Italia, fra teoria eprassi, partendo dalla ricostruzione della loro trasmissione e scandagliandonele molteplici trasformazioni all’interno della mutevole e complessa società pre-umanisticae umanistica; tutto questo in relazione ai processi di memorizzazione, allereti di produzione e alla ricostruzione delle relazioni dei soggettiinteressati, creatori e fruitori del fenomeno coreutico nell’ambito delle cortidel periodo. Così sarà possibile ottenere un quadro piuttosto esaustivo sulpensiero e la dissertazione filosofica coeva concernente il fenomeno coreuticoinserito nella più ampia riflessione sulle arti, sulla medicina, sulla societàe sulla spiritualità, ambito nel quale si inserisce propotentemente latrattatistica cristiana, che vede nel XVII e XVIII secolo la predominanza dellascuola gesuitica.

Le complesse dinamiche ideologiche e pratiche dell’arte coreutica, multiformi esfuggenti, sono state indagate solo in minima parte, soprattutto per quantoriguarda il loro apporto fondamentale all’evento rappresentato, nelle quali ladanza si inserisce come una delle componenti primarie, trait-d’uniondecisivo all’interno della spettacolarità di corte italiana e europea. Nell’indagarnele peculiarità e l’evoluzione nelle società strutturate, a cominciare da quelleumanistiche, la storiografia di settore ha inquadrato l’importanza dell’esperienzafiorentina come prototipica e fondante nel definirsi in Europa dell’ideologiapolitica dell’evento spettacolare, modello di riferimento irrinunciabile per lesuccessive esperienze coreutiche e teatrali. Infatti dopo i fastosi eventifiorentini del 1589 − i festeggiamenti per le nozze di Ferdinando I de’ Medicicon Cristina di Lorena e la rappresentazione degli intermedi a La Pellegrinadi Girolamo Bargagli − la danza assume un ruolo aggregante nell’azione teatralee la coreografia diventa una trama simbolica attraverso la quale esprimere imessaggi politici e sociali, una metafora esemplare per l’immagine edificantedella corte. L’esperienza dell’89, in particolare il VI intermedio che saràinteramente occupato dallo svolgimento drammaturgico del Ballo del Granduca, sarà d’esempio per il fiorire di una serie dispettacoli coreutici autonomi, fondamentali veicoli drammatici del teatromusicale dell’epoca, composti per le corti italiane e mutuati in tutta Europa;l’esportazione del modello fiorentino andrà a innestarsi nelle tipologie giàcodificate del ballet de cour francese e del masque inglese econfigurandosi come elemento di contatto e di osmosi fra le varie cultureprincipesche del tempo.

Il corpus principale delle fonti primarie per la danza è rappresentato dai tre trattatimanoscritti di area italiana tutti risalenti alla metà del XV secolo, chevidero la luce a poca distanza l’uno dall’altro nell’arco di tempo di unquarantennio: quello di Domenico da Piacenza, De arte saltandi et choreasducendi; quello di Guglielmo Ebreo da Pesaro, De pratica seu arte tripudii;infine quello di Antonio Cornazano, Libro dell’arte del danzare. I tretrattati devono essere analizzati nella struttura e nel contenuto con un’indaginesia individuale sia comparativa, tesa a metterne in luce similitudini e differenze.Il raffronto va condotto prima di tutto nell’individuazione delle finalitàimmediate, in direzione della legittimazione della danza come arte “etica”degna di essere insegnata sia a livello teorico che pratico, e sulle piùcomplesse ricadute culturali e sociali, all’interno dell’articolato sistema teorico-filosofico-pedagogicoumanistico che tende alla creazione di un modello italiano di comportamentosociale, in cui la definizione “identitaria” del gentiluomo e della gentildonnadella corte rinascimentale risulta centralizzante. La discrepanza tratrattatistica di danza e materialità coreica viene poi affrontata come elementoeffettivo della frattura tra teoria e prassi rappresentativa, tipica delpassaggio dal Trecento al Quattrocento, che porta di fatto a individuare ladanza quattrocentesca come un elemento costitutivo e significativo delmicrocosmo della corte e che trova il suo spazio d’azione all’interno di unaprassi spettacolare ancora tipicamente tardo-medievale, rappresentata daltorneo, dal banchetto, dai rituali cittadini e dall’uso dello spazio urbanoesterno e interno. Importante, a questo proposito, approfondire le connotazioniscientifiche ed esoteriche che gli autori stessi dei trattati attribuisconoalla danza, in particolare Guglielmo Ebreo da Pesaro: una disciplina che sipresenta come arte e scienza, summa delle riflessioni neoplatoniche e dell’ermetismonumerologico, in cui si mescolano in maniera equilibrata elementi naturali efattori accidentali e che comincia a vedere nell’artificio l’elementoessenziale per la sua resa compiuta e la sua valenza “dilettevole”. Unaradicale trasformazione che porta al superamento dell’arte coreica definita“naturale”, come voleva Domenico da Piacenza, per approdare ad una connotazionepiù “artificiosa”, propugnata da Guglielmo Ebreo, in cui le doti virtuosistichedel ballerino e la sua abilità nel danzare contribuiscono a creare «grazia earmonia» e a suscitare la lode degli osservatori, sempre a patto che non siecceda in movimenti e posture considerate “innaturali”.

Nella definizione di un codice simbolico di riferimento, al quale sia la danzacortese che quella umanistica si attengono nella creazione di una propriaidentità sociale, appare fondamentale il rapporto inscindibile tra danza ecultura vestimentaria, elementi che nel Quattrocento fanno riferimento a unmedesimo sistema cognitivo teso a influenzare e codificare i comportamenti siadel singolo sia del suo gruppo sociale di appartenenza. Tanto le leggisuntuarie che i trattati di danza del periodo, infatti, mirano aistituzionalizzare gli strumenti per la comunicazione dello stato e dellacondizione del soggetto o dei gruppi sociali coinvolti, nella necessità direndere esteticamente percepibile l’ordine gerarchico della società.  Soltanto dopo aver appurato le connotazioni filosofiche dei tre trattati, che nascono per conferire alla danza unalegittimazione spirituale che le necessita in quanto arte puramente corporea, èpossibile analizzare questi manoscritti sotto l’aspetto più materiale eperformativo, entrando nel dettaglio del tratto “manualistico” dellacodificazione della prassi coreutica per dilettanti e professionisti, elementodi comunicazione e di appartenenza sociale.

Seguendo una precisa struttura comune ai tre manoscritti, si individua in essi unaseconda parte volta alla codificazione di un repertorio di coreografie e dimusiche tradizionalmente assegnato alla sfera del divertimento della classenobile ma, in realtà, chiaramente riferito a situazioni di ambito rappresentativoo spettacolare, come le danze cosiddette espressive o imitative (SobriaMercanzia, Gelosia)e quelle propriamente pantomimiche (moreschemomarieintermedi),tutte chiavi interpretative metaforiche della cultura contemporanea. La danzapuò essere quindi analizzata da un punto di vista pratico, focalizzando la suatrattazione sui principi teorici dell’espressione del corpo del danzatore inrelazione all’utenza cui si riferisce e sviscerando le varie componentiespressive e drammatiche concesse al ballerino aristocratico dilettante, conparticolare riferimento alla figura femminile. L’opposizione è fra lepotenzialità ammesse per il professionista (o per l’esecutore appartenente alleclassi sociali inferiori) e quelle concesse al nobile dilettante; secondo ladialettica classicista che vede contrapposti l’otium e il negotium,si concede al nobile la frequentazione di passatempi, come la danza, cherientrano nell’ordine naturale della vita dell’uomo se non esercitati comemestieri ma come sollievo e diletto dell’animo e del corpo.

Analizzata sotto una prospettiva socio-culturale, che tenga conto delle istanzeperformative come specchio ed esternazione delle evenienze storiche, latrattazione offerta dai tre maestri di ballo deve servire da punto di partenzaper un ripensamento sui percorsi dell’evoluzione della struttura coreutica  e deve essere considerata come il punto focale di un’analisi sulle successive accezioni di danza sociale e di ballospettacolare nei secoli a seguire; in particolare, per la progressivaidentificazione della danza teatrale, che dalla sperimentazione dell’intermediofiorentino comincia a trovare un percorso performativo autonomo fino allacompiuta codificazione ideologica e strutturale nella Francia di fine Seicento,grazie all’opera istituzionalizzatrice di Luigi XIV con l’Académie Royale de Danse (1661) e la fondazione dell’idea accademica della danza. Da qui il cammino della danza rappresentativa passaattraverso i ripensamenti settecenteschi, con le riflessioni illuministichesulla necessità della riforma dell’opera in musica, poi attuata da Gluck eCalzabigi, cui si accompagna il lavoro di rinnovamento sul balletto d’azione giàiniziato da Franz Hilverding e portato a compimento da Gasparo Angiolini e JeanGeorges Noverre, nell’innovazione drammaturgico-rappresentativa della danzapantomima, alla base della codificazione del balletto espressivo romantico edella coreutica moderna.



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