1. Il Teatro di massa del PCI Per teatro di massa si intendono i moderni spettacoli che hanno a protagoniste le masse. Quindi, in genere, spettacoli storici, rievocativi, celebrativi con intenti propagandistici, i quali per ovvie esigenze si svolgono allaperto […], spesso nelle medesime località di cui si vuol celebrare la storia, e alla presenza di migliaia di spettatori. Così nel 1960 lEnciclopedia dello spettacolo che prende come punti di riferimento le principali esperienze promosse in questo ambito dal teatro sovietico, tedesco, francese e inglese tra gli anni Venti e gli anni Trenta, con un breve accenno al contesto italiano e un altrettanto sintetico rimando allItalia del secondo dopoguerra. Questultima fase, che vede protagonista il PCI, è presentata come punto di arrivo del lungo percorso di ricerca relativo al binomio teatro-massa che, dalla fine dellOttocento alla prima metà del Novecento, interessa le principali nazioni europee. NellItalia del secondo dopoguerra la riflessione relativa al binomio teatro-masse popolari torna a essere oggetto di interesse soprattutto da parte del Partito Comunista. Questa attenzione è strettamente correlata alle vicende storiche che hanno coinvolto il popolo italiano tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta. Preceduto dallesperienza delle «cronache parlate» e del «teatro di cronaca», che ricordano per certi aspetti il giornale vivente tedesco, il Teatro di massa del PCI si sviluppa con caratteristiche in gran parte originali in rapporto ai principali esempi europei che lhanno preceduto. Se da un lato non è possibile stabilire con certezza quanto gli stimoli offerti dagli scritti e dalla prassi di registi e drammaturghi come Piscator e Rolland abbiano direttamente influenzato il progetto teatrale del PCI, dallaltro risulta impensabile non individuare dei punti di contatto in particolare con il modello delle grandi inscenirovki. Rispetto a tale antecedente, la proposta italiana appare ridimensionata su più livelli: non vi sono migliaia di attori in scena (fatta eccezione per Domani è gioventù, spettacolo con più di quattromila attori), né imponenti strutture scenografiche, né lutilizzo di grandi mezzi come camion o navi. Tuttavia, su altri fronti, è possibile evidenziare dei collegamenti con il modello sovietico: sia questultimo che il Teatro di massa del PCI nascono come strumenti di propaganda del partito. Unulteriore analogia riguarda lorganizzazione della massa di attori non professionisti suddivisa in gruppi gestiti da un capogruppo. Molto forte, inoltre, è, in entrambi i casi, il legame tra attori e spettatori, che scaturisce dal rapporto di identità tra massa di proletari-spettatori e massa di proletari-attori, tra vissuto e creazione artistica. Un esempio in tal senso è messo a fuoco da Alessio Bergamo che, analizzando i tre grandi spettacoli di massa russi Il mistero del lavoro liberato, La presa del Palazzo dInverno, Verso la comune mondiale,scrive: In tutti e tre gli spettacoli attori e pubblico festeggiavano assieme il finale del dramma con unapoteosi e insieme cantavano linternazionale. Si noti bene: “festeggiavano il finale del dramma” come se esso avesse riguardato in egual misura, personaggi, attori e pubblico. Questo stretto legame tra attori e spettatori è rintracciabile anche nel Teatro di massa del PCI; Leonida Repaci, attraverso il commento allo spettacolo Sulla Via della libertà, ne offre un esempio: Sentivamo fremere i nostri compagni accanto mentre guardavano Aldo, il famoso capo partigiano bolognese decorato in queste settimane della medaglia dargento al valore, Aldo che ripeteva sulla scena i prodigi compiuti il 7 settembre del 44 a Porta Lame […]. Sentivamo fremere i nostri compagni accanto, a tratti li vedevamo asciugare gli occhi con grosse dita, li vedevamo agitarsi sulla sedia quasi in procinto di scattare, di raggiungere il palcoscenico per mescolarsi ai loro compagni, e tutto questo ci diceva che era stata raggiunta una perfetta identificazione tra la vita e larte, tra la storia e larte, tra la storia di ognuno e la storia di tutti. Pur tenendo conto delle possibili influenze, il Teatro di massa del PCI sviluppa una propria specifica proposta strettamente connessa al contesto storico, politico e sociale dellItalia del secondo dopoguerra. Esaminando articoli di giornale, testimonianze, studi scientifici è possibile trovare molteplici definizioni relative a questa esperienza teatrale. La raccolta di documenti dattiloscritti Marcello Sartarelli, teatro e vita, a cura di Mariella Bontempi, offre diversi esempi in tal senso: Il Teatro di Massa, con il suo contenuto progressista, è lunica alternativa alla crisi del teatro ufficiale, si realizza nel nuovo mondo socialista esprimendo lideologia della società senza classi. Le masse, grandi protagoniste della guerra di liberazione, trovarono rispecchiati nei copioni del Teatro di Massa le aspirazioni e i problemi che più le interessavano. Unaltra definizione si sofferma sulla tipologia di attori e di spettatori presenti nel Teatro di massa: Il Teatro di Massa è una nuova forma di spettacolo che non solo parla al cuore del popolo con il suo contenuto, ma anche porta sulla scena il popolo stesso come se lattore sul palcoscenico continuasse la sua lotta dogni giorno per la conquista di un migliore avvenire. Sempre nella raccolta di appunti dattiloscritti di Mariella Bontempi è presente una breve sezione relativa ai «Significati del Teatro di massa». Si fa riferimento sia alla stretta corrispondenza tra il vissuto degli attori (braccianti, operai, mondine, etc.) e quanto viene da loro raccontato sulla scena, sia al diretto coinvolgimento degli spettatori, protagonisti anchessi, in qualche misura, delle vicende rappresentate. È importante specificare, inoltre, che accanto agli aspetti prettamente contenutistici, o relativi alla tipologia degli spettacoli e alla modalità di rappresentazione, sono presenti anche definizioni volte a sottolineare limportanza culturale della proposta. Prova di ciò è il parallelismo con il cinema neorealista e la considerazione del Teatro di massa come possibile punto di incontro tra gli intellettuali e il popolo. Lesperienza teatrale del PCI, nata come strumento di propaganda politica durante la campagna elettorale del 1948, si evolve in un arco di tempo assai breve, dal 1949 al 1951, e si conclude nel 1952. Il Teatro di massa viene inaugurato dal regista Marcello Sartarelli con lo spettacolo 48, che debutta a Budapest nel 1949 in occasione del Festival della Gioventù. In Italia tale esperienza trova terreno fertile in particolare a Modena e a Bologna dove sono rispettivamente rappresentati Un popolo in lotta e Sulla via della libertà (diretti dallo stesso Sartarelli) considerati un modello per gli spettacoli seguenti. Si pensi a Domani è gioventù, Stanotte non dorme il cortile, Il grano cresce sulla palude (ancora per le regie di Sartarelli), Primo Maggio, Le ragazze dItalia hanno ventanni e Terra dEmilia (diretti da Luciano Leonesi). Studiare il Teatro di massa limitandosi alla sola analisi dei pochi spettacoli che esso ha prodotto nel breve arco di tempo compreso tra il 1948 e il 1952 rischierebbe di offrire una visione troppo circoscritta del fenomeno. È indispensabile un approccio che tenga conto di una serie di elementi collaterali, di non minor conto, in primis la fitta rete di relazioni umane: gli attori, gli spettatori e la loro interazione. Lo spettacolo si configura come esperienza aggregante. Alla luce di questa sua funzione è possibile approfondire tutti gli elementi che lo caratterizzano, comprese le scelte registiche e organizzative. Centinaia e centinaia o, addirittura migliaia, di operai, contadine, studenti in scena costituiscono anche ai nostri giorni qualcosa di straordinario, ma ancora più interessante è analizzare gli aspetti correlati allorganizzazione dello spettacolo: la gestione delle prove, la struttura in “complessi”, la scrittura del copione e le tematiche, gli aspetti tecnici relativi alla realizzazione della scenografia. Un significativo caso di studio è fornito dallo spettacolo di Teatro di massa Sulla via della libertà. 2. Uno spettacolo esemplare del Teatro di massa Sulla via della libertà, diretto da Sartarelli, con lassistenza alla regia di Leonesi, debutta il 28 febbraio del 1950 al teatro Comunale di Bologna dopo poco più di un mese di prove presso la piscina coperta dello stadio. Le scenografie sono di Paolo Bracaglia. In scena seicento attori non professionisti. Nel 1951 Cesare Vivaldi, prendendo ad esempio nel Manuale del teatro di massa la preparazione di questo spettacolo descrive la modalità di svolgimento delle prove. Esse sono precedute da una riunione introduttiva, nel corso della quale il direttore del “complesso” (parola che indica qualcosa di più articolato rispetto al termine “compagnia”) spiega ai partecipanti (operai, contadini, artigiani, giovani studenti) in che cosa consiste il Teatro di massa e sottolinea limportanza del lavoro che sta per avere inizio. La parola passa poi al regista che presenta il copione, ne racconta il contenuto, ne mette in rilievo scopi e significato illustrando inoltre alcune modalità di messinscena. Questo intervento è seguito dalla discussione, nel corso della quale ciascun partecipante può avanzare le proprie obiezioni, esporre le proprie idee o chiedere spiegazioni. Prima della conclusione dellincontro, il direttore del “complesso” fissa una nuova riunione per lindomani o per il primo giorno utile. Questo secondo appuntamento prevede sia la ripresa del copione, esaminato scena per scena, sia la predisposizione di un calendario prove nel corso delle quali i partecipanti vengono divisi in gruppi guidati da un capogruppo. Tale suddivisione permette al regista di ottimizzare i tempi. Si parte dalle scene più semplici, che vedono impegnati solo alcuni nuclei. Gli attori sono istruiti sul percorso da compiere, sul modo di marciare, di fermarsi, di fare dietro front e così via. Nella piscina-sala prove vengono abbozzate le scene parlate e quelle di massa. Una volta messi a punto i singoli quadri, le prove si trasferiscono in teatro dove il regista può curare lo spettacolo dal punto di vista ritmico, introdurre lo speaker e il corpo di ballo. Pochi giorni prima del debutto cè la prova generale, alla presenza di un selezionato numero di amici-spettatori, allo scopo di verificare la necessità o meno di apportare delle modifiche. Rispetto al primo spettacolo di Teatro di massa, Un popolo in lotta, lesperienza di Sulla via della libertà appare ben più complessa. Se nel primo caso sono venti i giorni di prova prima del debutto, nel secondo ne occorrono più di trenta. Lo stesso Vivaldi specifica: “Un popolo in lotta” era ancora più simile ad un documentario cinematografico (nel senso in cui le scene più che essere commentate dallo speaker vengono a dare limmagine fotografica ed a spiegare esemplificando quanto egli dice) che a un vero e proprio spettacolo teatrale. Il copione, a cura di Sartarelli, è una riduzione per le serate della gioventù. È composto da diciassette pagine, più due che riportano lo spartito musicale di uno dei canti dello spettacolo («Crumiro non lavorar, crumiro non lavorar...»). Non è presente una suddivisione in scene o quadri, ma lalternanza buio-luce determina di fatto il passaggio da una situazione a unaltra. Lincipit, come spesso accade negli spettacoli di Teatro di massa, è affidato allo speaker (voce fuori scena): Musica. Si alza il sipario. Si accende il trasparente di luce azzurra cupa. Sul trasparente sono proiettate sagome di ciminiere di una fabbrica.
SPEAKER: – Quando noi diciamo lotta, non abbiamo bisogno di specificare, perché per noi la lotta significa quella che si conduce da secoli, per rendere realtà le aspirazioni di milioni e milioni di uomini semplici. Lotta sorda e spietata, lotta senza soste, lotta che ha le sue vittime, i suoi eroi ed i suoi traditori, lotta che oggi si combatte ovunque, nelle fabbriche e nelle officine, nei campi e nei quartieri operai, negli uffici, nei parlamenti e nelle tante strade del mondo… Millenovecentoquarantanove i lavoratori italiani si battono contro i licenziamenti per il lavoro e la pace. Gli operai hanno occupato una fabbrica. Come evidenziato dalle note di regia, linizio dello spettacolo prevede una proiezione su trasparente. I trasparenti sono tre e consistono in «schermi di tela bianca su cui vengono proiettate a mezzo di una fonte luminosa, delle ombre ottenibili con sagome ritagliate nel cartone e sorrette da cantinelle anche con persone». Essi costituiscono una costante in tutti gli spettacoli di Teatro di massa e garantiscono, attraverso questi giochi di ombre, dei rapidi cambiamenti di scena. Nel Manuale di Vivaldi il copione di Sulla via della libertà viene preso a modello anche per lanalisi della stesura di un testo del Teatro di massa. Come specifica lautore, dapprima occorre individuare largomento. Esso coincide, nel caso esaminato, con «la lotta per il lavoro e la pace che si è combattuta e si combatte nel nostro paese». Successivamente vengono definiti “trattamento”, scaletta e sceneggiatura. Il “trattamento” comprende la raccolta del materiale e lindividuazione della linea ideologica da seguire. Vivaldi indica a tal proposito sette differenti punti: 1) loccupazione della fabbrica; 2) i tentativi padronali di licenziamento; 3) la disoccupazione; 4) la lotta nelle campagne (Maria Margotti); 5) i morti di Modena; 6) i morti della Resistenza; 7) la lotta per la libertà e la pace continua. Occorre stabilire poi la scaletta, ovvero quella che egli definisce la linea drammatica dello spettacolo. Essa consiste nella traduzione in scene di ciascun punto del “trattamento”. Nonostante nel testo manchi unindicazione di suddivisione in scene, Vivaldi ne individua quattordici: 1) la fabbrica occupata dagli operai; 2) il flashback con la rievocazione del giorno in cui la fabbrica è stata inaugurata; 3) larrivo dei capitalisti stranieri; 4) i licenziamenti e i cortei di protesta di uomini e donne disoccupati; 5) lemigrazione dei giovani; 6) luccisione della mondina Maria Margotti; 7) loccupazione delle terre da parte dei contadini e lintervento della polizia (strage di Melissa, eccidio di Torremaggiore, eccidio di Lentella, tutti del 1949); 8) luccisione da parte della polizia di sei lavoratori a Modena nel 1950; 9) il collegamento tra i caduti di Modena e gli uomini e le donne morti durante la seconda guerra mondiale e nellimmediato dopoguerra; 10) il discorso tenuto in Parlamento contro il Patto Atlantico in cui si esorta a pensare ai giovanissimi e a evitare i pericoli della guerra; 11) i disoccupati e i capitalisti; 12) la fabbrica occupata: la Commissione interna dice che il padrone ha accettato le condizioni poste dai lavoratori; 13) i capitalisti cercano di ostacolare i lavoratori. Conclude lo spettacolo (14) la voce fuori scena dello speaker: SPEAKER – Ma 800 milioni di uomini semplici dicono: no alla guerra.
Si accende il trasparente di luce rossa. Dietro di esso ombre di operai con le braccia incrociate.
SPEAKER – Altri milioni di uomini semplici che ancora ignorano il pericolo che li minaccia, domani sicuramente si schiereranno al loro fianco. Sulla via della libertà, leggendo le cronache del tempo, ottiene grande successo di pubblico: Con la tredicesima replica di “Sulla via della libertà” il teatro Comunale ha terminato ieri sera il primo ciclo delle rappresentazioni del teatro di massa. Lo strepitoso successo ottenuto da questo nuovo genere di spettacolo è stato costantemente riaffermato da oltre 18 mila spettatori che si sono avvicendati nel corso delle numerose repliche. […] È sorto uno spettacolo che ha saputo legare lo spettatore alla vicenda rappresentata sul palcoscenico al punto da suscitare in lui volta a volta, entusiasmo, commozione, sdegno e allegria. Tra gli spettatori Enrico Bonazzi, segretario della Federazione bolognese PCI, Giancarlo Pajetta, membro della Direzione del Partito e il Segretario generale del PCI Palmiro Togliatti. Alcuni limiti dello spettacolo sono evidenziati da Giulio Trevisani nellarticolo Seicento uomini dalla fabbrica al palcoscenico: il testo deve liberarsi da servitù antologiche: deve essere più organico e non abusare di soluzioni retrospettive: allazione e alla recitazione si faccia più spazio alle luci che non alle ombre e, in genere tendere a più rapide variazioni e più agile ritmo; e per tutto il resto, lesperienza stessa provvederà alle modifiche. Leonida Repaci, analizzando il primo e il secondo tempo dello spettacolo, scrive su «Vie Nuove»: Le han nociuto alcune incertezze di sincronizzazioni tra luci, recitativo dello speaker e intervento scenico delle masse, e soprattutto, a mio avviso, le ha nociuto leccessivo ostracismo dato alle parole, al dialogo […]. La seconda parte ha visto il successo mutarsi in trionfo. Essa è apparsa più serrata come gioco di regia, più centrata nelle sequenze di ombre e di spezzati sui trasparenti, più sicura nella distribuzione delle luci, più libera nel movimento delle masse, e, infine […] ha mostrato la sua capacità di ricupero rinunciando a una intransigenza antidialogica che potrebbe essere lostacolo maggiore alla penetrazione in profondità di questa forma di spettacolo. 3. Il Teatro di massa del PCI: dallapice alla precoce conclusione Nella storia del Teatro di massa, il 1951 rappresenta un anno particolarmente significativo: il complesso di Bologna partecipa al Festival della Gioventù di Berlino con lo spettacolo Il grano cresce sulla palude (diretto da Sartarelli con lassistenza alla regia di Leonesi) risultando primo classificato; Vivaldi pubblica il citato Manuale; debutta al teatro San Carlo di Genova Stanotte non dorme il cortile, commedia in due tempi di Gianni Rodari e di Sartarelli, regia di questultimo, primo spettacolo di massa per grandi e piccoli, con giovani e giovanissimi in scena. Sempre nello stesso anno, il 21 e il 22 dicembre, ha luogo il convegno di Forlì sul Teatro di massa organizzato dallo stesso Sartarelli con lobiettivo di fare un bilancio. Sono presenti Davide Lajolo, direttore de «lUnità» di Milano, Giulio Trevisani, direttore del «Calendario del popolo», Carlo Salinari, Ernesto De Martino, Bruno Schacherl, Giancarlo Pajetta. Il convegno si presenta come unoccasione di riflessione a più ampio raggio sulla crisi del teatro in Italia. Appare necessario sperimentare una nuova politica teatrale, comune a tutta la sinistra, capace di trasformare il teatro italiano, borghese per tradizione, in teatro popolare e democratico. Il limite di buona parte della critica del tempo sembrerebbe quello di aver ignorato lesperienza del Teatro di massa del PCI o di aver analizzato gli spettacoli in modo unidirezionale, senza cogliere pienamente la vivacità di una proposta dalle molteplici sfaccettature. Adottare un criterio di giudizio analogo a quello adoperato per il teatro tradizionale inevitabilmente sottrae forza al Teatro di massa. Nelle recensioni di questi spettacoli ricorrono spesso termini come «difetto», «errore» e «limite» per indicare il mancato raggiungimento di una certa qualità artistica, formale e tecnica che il teatro professionale vanta di possedere. Tra i vari interventi ricordiamo quello di Lajolo che intravede negli allestimenti del Teatro di massa il pericolo della retorica, del formalismo e del settarismo, e quello di Pajetta che sottolinea la necessità di “snellire” tali spettacoli per eliminare quei difetti tecnici che ancora affiorano. Osserva Claudio Meldolesi: Gli stessi critici scrissero nel 50-51 una cosa e nel 52-53 il suo contrario: allinizio definirono taumaturgico il Teatro di Massa, perché permetteva al proletario di riappropriarsi della cultura e di salvare la scena nazionale; alla fine lo dichiararono velleitario e deviazionistico, perché distraeva la politica teatrale della sinistra dal «teatro vero». […] Nel 52-53 passò la linea che non doveva esserci differenza fra limperturbabile cultura dei colti e la cultura dei lavoratori, e che doveva esserci un solo modo produttivo a teatro: quello tradizionale registicamente ammodernato. Il PCI degli anni Cinquanta comprende che è arrivato il momento di intervenire nella cultura ufficiale, la stessa che era stata oggetto di critica fino a poco tempo prima. Isolandosi, la sinistra non sarebbe riuscita a promuovere lauspicato rinnovamento culturale. Lintento del PCI è, dunque, quello di consegnare il teatro agli intellettuali e di caratterizzarlo nel segno del professionismo. È evidente che questa scelta minaccia le basi stesse del Teatro di massa e ne tradisce lessenza. Al 1952 risalgono le ultime esperienze di questo fenomeno spettacolare. Il già menzionato Le ragazze dItalia hanno ventanni, elaborato a partire da un testo di Rodari, viene messo in scena da Leonesi in giugno, in occasione degli Incontri di Primavera organizzati dalle donne dellUdi. In settembre, in occasione della Festa dellUnità, ai giardini Margherita di Bologna va in scena Terra dEmilia (testo di Gurcio, Natoli, Brini, regia di Leonesi). Questo è considerato lultimo spettacolo del Teatro di massa di Bologna. Il Teatro di Massa fu un organismo più partitico che popolare; da questo punto di vista il PCI ebbe il diritto di non più sostenerlo, quando la sua crescita troppo vigorosa evidenziò la sua relativa autonomia dalla linea politica comunista. Il Teatro di Massa era però anzitutto un teatro, cioè un organismo di per sé vivente, e da questaltro punto di vista il mancato sostegno costituì una forma di censura: questa linfa teatrale non si riattivò poi in nuovi contesti, non ebbe una seconda vita, scomparve. Il convegno di Forlì risulta decisivo per le sorti del Teatro di massa poiché cerca di ridefinirne lessenza. Se non ha nulla a che vedere con il “vero” teatro, secondo quanto alcuni critici e intellettuali sostengono, come può essere inquadrata questa esperienza? Qual è la funzione che le viene attribuita? In quale campo è autorizzata ad agire? Nel 1952 una risposta a queste domande è data dalla nascita del Centro del Teatro e dello Spettacolo Popolare, la cui direzione viene affidata a Sartarelli. Lidea di base è quella di costruire un centro in grado di gestire tutte le attività teatrali a carattere popolare, di differente tipo e sparse nelle diverse città italiane, per un rinnovamento del teatro italiano nel suo complesso. In questo nuovo contesto il Teatro di massa rappresenta una delle tante attività a carattere popolare, non lunica. Portavoce dellimpegno del Centro è la rivista «Teatro doggi» che fonde lesperienza di Sartarelli con quelle di Vito Pandolfi e di Bruno Schacherl. Pubblicata dal luglio del 1953 al gennaio-febbraio 1955, tale rivista è testimonianza della cultura della sinistra e, al tempo stesso, è promotrice di un superamento del ritardo nello sviluppo della scena italiana. Tale ritardo è in parte dovuto alla poca lungimiranza delle istituzioni politiche che hanno trasformato importanti realtà in «invenzioni sprecate». È ancora Meldolesi a dare lucidamente conto delle ragioni del tramonto del Teatro di massa: esso appariva agli addetti ai lavori come un caso di impazzimento delle funzioni teatrali, mentre Leonesi e i suoi compagni erano convinti che la ragione stesse dalla loro parte. Per questi ultimi non era affatto fuori posto che 18.000 spettatori «scalfissero» il Teatro Comunale di Bologna, mentre era assurdo che il teatro ufficiale vivacchiasse come un rito daltri tempi, cioè come un rito délite ancora improntato alle discriminazioni fasciste. Perciò la cultura teatrale passò al contrattacco affermando ciò che sembrava vero pur non essendolo, che Sartarelli non aveva inventato nulla, che aveva copiato dai vecchi teatri rivoluzionari tedeschi e sovietici e che per giunta aveva copiato male, in quanto lidolo di una cultura di massa in Italia era impregnato di demagogia mussoliniana. Perciò gli ideologi del teatro, con poche nobili eccezioni, pretesero che il partito comunista cancellasse questo segno di vitalità dal panorama scenico: in modo che non ci fossero più attentati al teatro della «cultura» e i lavoratori teatromani fossero disciplinati nella rete delle filodrammatiche e della spettacolarità folklorica. 4. La regola e lesperimento Sostenere che il Teatro di massa abbia ideato una sorta di sistema di costruzione degli spettacoli non è del tutto errato. Rientra in questo sistema lorganizzazione in “complessi” ovvero in strutture a carattere gerarchico-piramidale formate da un comitato direttivo, a sua volta costituito da un responsabile generale e da un vice responsabile incaricato di coordinare il lavoro dellamministrazione, del referente del servizio dordine e del coordinatore del lavoro di scena (preposto ai capisquadra). Rientra nella logica di un sistema di costruzione degli spettacoli anche la scelta delle tematiche e la modalità di scrittura dei copioni. Le tematiche riguardano in particolare episodi della Resistenza, loccupazione delle fabbriche o delle terre e trovano espressione, più in generale, nella lotta dei poveri contro i soprusi dei potenti. A partire da queste vicende contemporanee o riconducibili a un passato non troppo lontano vengono scritti i copioni, la cui elaborazione prevede una suddivisione in più fasi, come si è visto. Infine, di non minore importanza è lattenzione del Teatro di massa alla formazione: la programmazione di corsi per garantire unadeguata preparazione agli aspiranti attori, registi e tecnici, nonché la pubblicazione del più volte citato Manuale del teatro di massa di Vivaldi contenente le informazioni necessarie per la realizzazione di uno spettacolo. Insomma, considerata anche la consistenza dei problemi che questo tipo di messinscene comporta, si sente forte lesigenza di dare delle regole e sistematizzare il processo di costruzione degli spettacoli, secondo istanze organizzative che rispecchiano in qualche misura la radice “partitica” delliniziativa. Tuttavia, se da una parte la proposta teatrale del PCI si configura come sistema di costruzione degli spettacoli, dallaltra non bisogna intendere tale sistema come limposizione di una formula fissa, di un modello preconfezionato da usare di volta in volta. Se è riduttivo parlare di Teatro di massa in termini di spettacolo, altrettanto limitativo è piegarlo allobbedienza di un prototipo e alla rigidità di un apparente ordine. In tal senso, come precedentemente si accennava, occorre mutare prospettiva; il problema non è spiegare cosa il Teatro di massa sia ma con che cosa esso abbia a che fare. Il Teatro di massa riguarda la sperimentazione e laccadimento. Lidea di procedere per tentativi rimanda a qualcosa di molto concreto, come ad esempio la scelta del taglio da dare al testo, lintroduzione di un punto di vista nella costruzione drammaturgica, oppure ancora lideazione di una scenografia composta da tre semplici teli bianchi. La sperimentazione non prevede la possibilità di una forma ben confezionata; al contrario, essa considera la forma come “materia viva” da interrogare continuamente, da mettere costantemente alla prova. La regola, la formula fissa sono il punto di partenza; lanalisi dei differenti testi di Sartarelli indica un processo evolutivo. Evoluzione, questa, che riguarda la forma, le scelte registiche, il lavoro degli attori e i contenuti, dal momento che il Teatro di massa è in costante dialogo con il contemporaneo e con i mutamenti della società. Il progetto teatrale del PCI, nato a partire dalle intuizioni di Marcello Sartarelli, ha potuto affinare anche laspetto registico, frutto di unesperienza acquisita sul campo che si è nutrita di tante ore di prove con migliaia di contadini, mondine, operai, studenti, etc. Con laumento dei “complessi” di Teatro di massa, in particolar modo nel nord Italia, anche il lavoro attoriale si affina. A seconda degli spettacoli è possibile scegliere i giovani più portati alla recitazione. La sperimentazione è il volto nascosto, il laboratorio invisibile, il punto di incontro tra centinaia (anche migliaia) di persone impegnate nella costruzione di uno spettacolo, come fosse un prodotto dartigianato, inciso di mano in mano, livellato, lucidato, pronto per essere mostrato. La superficie è laccadimento: lo spettacolo è pronto per essere mostrato, o meglio lo spettacolo è pronto perché accada. Migliaia di spettatori e migliaia di attori in contemporanea rivivono la propria storia: un vissuto che hanno attraversato per via diretta o indiretta, del quale hanno comunque coscienza, consapevolezza, memoria. Unanalisi che mirasse a soffermarsi esclusivamente sullaspetto esteriore di questi spettacoli coglierebbe solo una forma a grandi linee, ma la loro vera forza è inafferrabile e indescrivibile poiché è in divenire. In quel continuo scambio energetico tra attori e spettatori prende vita il teatro. Ciò che è vero per tutto il teatro, tanto più lo è per quello di massa, proprio per le sue caratteristiche intrinseche e le sue finalità, e per il fatto che, rispetto alla gran parte del teatro tout court, non ha mai lobiettivo di fare dello spettacolo unentità esteticamente autonoma, che tenda a “nascondere”, più che a rivelare, il lavoro a monte e la processualità di cui lo stesso spettacolo non è che un momento. È necessario ancora una volta mutare prospettiva, individuare nella forza aggregante che il Teatro di massa è stato in grado di sprigionare, nel volto umano dellesperienza, il punto di fuga. Concludiamo con una citazione tratta da Il romanzo del teatro di massa di Leonesi, che mostra un interessante esempio in tal senso. In modo disincantato e pieno di umorismo, lautore racconta un momento delle prove di Sulla via della libertà, offrendo una vivace restituzione della dimensione “umana” dellesperienza: – Chi si sente di fare questa parte? – domandò in giro Sartarelli. Alcuni volontari si offrirono e Marcello li portò sullultimo scalino; effettivamente [la scala] era alta … […]
– Tu entri, sei armato, vedi in basso i partigiani, allora urli «achtung partizanen» e cerchi di sparare, ma loro sono più svelti e ti colpiscono. Allora tu ti porti le mani al petto, così. Non così, così! Bravo. Ti pieghi in avanti e rotoli giù dalla scala. Va bene? Capito tutto? Proviamo? Vai! E come sei giù, immobile: morto! – E poi urlò: – Cianin, sono a posto gli altri? Forza che cominciamo. –
Il primo fece come quando si va sul trampolino dei cinque metri. Guardò giù, molleggiò un po sulle ginocchia per darsi la spinta, poi disse:
– Socmel bèn, qui ci si rompe le ossa. – E declinò.
Il secondo ebbe più coraggio; rotolò scompostamente lungo gli scalini gemendo come da copione, ma si rialzò subito con una smorfia di dolore dipinta sul viso e nonostante che Marcello gli urlasse di stare giù, «morto devi stare» cominciò ad ispezionarsi la testa, le ginocchia e tutto il resto per constatare se era rimasto intero.
– Troppo alta – continuava a dire il cavaliere. […]
Si era arrivati al punto morto, quando si cerca disperatamente unalternativa che riesca a salvare capra e cavoli; difficilissima, ma che in teatro quasi sempre si trova. Il teatro è miracolo!
– Voglio provare io! – Era uno studente del Righi.
Marcello, evidentemente sollevato, volle rispiegargli la scena, ma lui disse:
– No, no, ho capito benissimo. –
Come venne colpito stese le braccia al cielo facendo volare larma, poi repentinamente si rattrappì su se stesso portando le mani al petto e urlando rotolò lungo i quindici scalini, rimbalzando come una palla per rimanere secco ai piedi della scala.
Tutti rimasero impietriti. Passarono alcuni secondi che sembrarono uneternità.
Lo studente alzò la testa, si guardò attorno e disse:
– Comè che non si muovono? I partigiani non debbono venire su per la scala? –
Un sospiro di sollievo uscì dal petto di tutti i cinquecento e anche lacciaccato di prima rantolò di soddisfazione. Marcello savvicinò allo studente e gli chiese se si era fatto male, se tutto era a posto. […]
– Io faccio palestra. – E strizzò locchio a Sartarelli come a dirgli che stesse tranquillo che con lui non ci sarebbero stati problemi: come andare sul velluto.
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