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Italo Moscati

La città, l'eclisse continua...

Data di pubblicazione su web 29/08/2006
"Blade Runner"

Io abito in una grande città. La vedo? La vedo poco, forse non la vedo. Mi ha accecato il cinema, mi acceca la tv. E’ un processo, cominciato da anni, che non riguarda soltanto me, anzi, si allarga ogni giorno di più per tutti. Le immagini si sono sovrapposte alla esperienza reale o almeno tentano di farlo, e spesso vincono. Ho cercato la risposta ai miei dubbi nella cineteca della memoria che riesco a trattenere.

Questa cineteca contiene centinaia di film che portano nel titolo la parola “città”, e la loro storia ha radici nel lontano lavoro dei fratelli Lumière. Impossibile citare anche soltanto i più importanti. Ne basterà ricordare qualcuno di tempi più vicini a noi: La città nuda di Jules Dassin (1948), La città si difende di Pietro Germi (1951), Città amara - Fat City di John Huston (1970), La città delle donne di Federico Fellini (1980). Un panorama di grattacieli, antichi centri storici, luoghi astratti solo apparentemente.

La città ha provocato tanti registi in tanti modi. Ad esempio, Woody Allen non ha forse immortalato New York con Manhattan (1979), e questa stessa New York sul mare non era stata descritta da Elia Kazan in Fronte del porto (1954)? Per l’Italia, come dimenticare la Napoli di Carosello napoletano (1953) di Ettore Giannini, la Roma della felliniana Dolce vita (1960), e quella ritratta da Michelangelo Antonioni in L’eclisse (1962)? O la Milano cosparsa di cadaveri in I cannibali (1968) di Liliana Cavani? Infine, Berlino: il ricordo parte di scatto e va a Wim Wenders e al suo Cielo sopra Berlino.

Sono opere di grandi artisti che, a mio parere, hanno intuito qualcosa di drammatico che ancora ci insegue, e cioè che questi artisti stavano raccontando storie di uomini ma nello stesso tempo stavano filmando un lunghissimo e lancinante funerale, proprio quello della città nel senso particolare ma anche in senso ampio, la città come testimonianza di vite e di fantasie che scandiscono i molti intrecci di una storia comune, la nostra; la città come progetto e soprattutto come forma concreta, materiale.

Le opere che ho citato, frutto dello sforzo di abitare con la creatività il posto in cui viviamo – o ci rifugiamo, casa per casa - ci costringono a pensare a un evento grande che ci accompagna e ci coinvolge.

Questo evento può essere rappresentato in una sintesi: la città non esiste più o esiste sempre meno ed è simbolo di una crisi del passato piuttosto che di un caos affacciato sul futuro.

Ci sono due film, due capolavori che stringono la città in una morsa e la fanno saltare fuori dalle dimensioni reali in cui siamo abituati a vederla, a considerarla, a indossarla. Sono Metropolis (1927) di Fritz Lang e Blade Runner (1982) di Ridley Scott. Il cinema del muto e il cinema del sonoro che si svela in tecniche sempre più raffinate. Opere di fantascienza? Noi crediamo di sapere che forse lo erano in partenza, e forse lo sono come appartenenza a un genere del cinema, ma in realtà non lo sono affatto. Le città sono un allarme in Metropolis e una conferma dell’allarme in Blade Runner. La vecchia città con le sue utopie è finita, la nuova con la sua pioggia sporca di invivibilità fa paura. Noi non ci accorgiamo nella quotidianità per proteggerci, perché chiusi nei nostri appartamenti e nei nostri uffici - come i personaggi delle commedie di Neil Simon -, vediamo solo questi spazi e le televisioni che facciamo entrare; chiusi negli abitacoli dei mezzi di trasporto, inseguiti dalle immagini televisive e pubblicitarie.

Fuori da questi ambienti, la città è quel che è, quel che conosciamo; e dentro è una cella, talvolta di prigione, talvolta di un convento incapace di stimolare riflessione; e anche di questo sappiamo.

Il cinema ha raccontato nella seconda parte del Novecento la sparizione della città e l’ha trasformata in un fondale; infatti, in certi film commerciali o nei telefilm, basta una cartolina per ricordare dove siamo e passare oltre.

Contro la sparizione, puntano verso il cielo come rampe per missili le torri e i grattacieli in competizione fra loro, per distrarci dagli sguardi fissi e farci volare verso l’alto e nell’altrove che “dobbiamo” imparare a conoscere. Ieri Parigi, New York, Los Angeles, oggi e domani Pechino, Shanghai, e altre città dell’Asia.

Contro la sparizione, si affermano le grandi vele che sovrastano edifici e piazze, sempre più larghe, sempre di più per prendere il vento e farci sapere che almeno si può ancora pensare di volare.

Ma il cinema con la sua storia di emozioni, con le sue architetture di ipotesi e di svelamenti, ci interroga, accecandoci. Chi risponde? E come? E’ possibile uscire dalla cecità?


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multimedia La città di "Blade Runner"

multimedia La città di "Metropolis"






 
 
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