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Siro Ferrone

Inventare progettare costruire prototipi

Data di pubblicazione su web 20/10/2004
La locandina dell'opera
Lo spettacolo Il Re Bello è il punto di arrivo di un processo artistico, produttivo e formativo originale. L'opera che viene rappresentata nei teatri di Prato e Firenze non vuole né può entrare in concorrenza con l'ordinario mercato dello spettacolo musicale; essa si propone piuttosto come prototipo di un metodo di lavoro applicato alla formazione superiore nel campo delle arti dello spettacolo. Anche queste discipline umanistiche, solitamente operanti nel perimetro delle teorie, possono infatti proporre opere e officine capaci di calarsi nel territorio della produzione materiale con elaborati innovativi rispetto alla normale routine artistico-turistica. La ricerca e la sperimentazione non appartengono solo alle aree tecnico-scientifiche. Proprio nell'area della cultura artistica possono fermentare i semi di una trasformazione originale della creatività applicata all'arte e allo spettacolo capace di innovare un panorama teatrale spesso appiattito e paralizzato da strutture organizzative vetuste, logiche mercantili di basso profilo, aberrazioni finanziarie e contrattuali, interferenze politiche e lobbystiche. 
 
Il prototipo formativo, artistico e produttivo che qui si presenta ha come caratteristica principale quella di essere il risultato di un consorzio di forze di diversa natura e complementari. Alla messa in opera e realizzazione del progetto hanno infatti partecipato strutture didattiche e scientifiche d'Ateneo (corsi di laurea delle Facoltà di Lettere e Filosofia e di Architettura, il coro e l'orchestra dell'Università, il Centro Studi Palazzeschi) e cittadine (l'Accademia di Belle Arti di Firenze, la Scuola di Musica di Fiesole), le principali aziende teatrali fiorentine (Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Teatro della Pergola), enti e istituzioni del territorio pratese (Comune, Provincia, Camera di Commercio, il Pin - la società consortile di servizi per il Polo universitario pratese - , il Teatro Politeama). A questi principali promotori si sono via via aggiunti altri importanti aiuti, trascinando ciascuno con sé energie umane e risorse professionali preziose e talvolta inedite.

L'interazione di personalità artistiche di alto livello (nel nostro caso ci basta ricordare Roberto De Simone) con i giovani in via di formazione, attraverso la mediazione di docenti e tecnici professionisti, può produrre un innalzamento di qualità dei nuovi quadri destinati a operare nella progettazione, produzione e gestione dello spettacolo, ma anche suggerire nuove procedure e nuovi contenuti a chi opera nei piani alti del settore. La sperimentazione è infatti tale se, oltre a ridistribuire e prolungare un sapere tra le nuove generazione, è capace di orientare in maniera originale anche il percorso dei professionisti patentati. Questo è avvenuto, nel nostro caso, per quanto riguarda i tempi e i metodi della produzione, l'analisi e il governo del budget, l'equilibrio tra i fabbisogni artistici e le disponibilità finanziarie, la ricerca di sponsor tecnici in corso d'opera, la strategia di comunicazione e quella editoriale, il controllo dei sistemi di sicurezza. 

Se si vuole ripercorrere dall'origine l'avventura di questo prototipo, si deve risalire al momento in cui il Rettore Augusto Marinelli – il principale promotore del progetto – mi ha chiesto, quale delegato alle attività musicali e teatrali d'Ateneo, di progettare un'opera musicale che potesse essere rappresentata durante l'anno in cui si sarebbe ricordato l'Ottantesimo anniversario della fondazione dell'Università di Firenze. Eravamo agli inizi del 2003. Mi parve opportuno andare al patrimonio culturale più originale della nostra comunità di cittadini e studiosi fiorentini, evitando di accettare passivamente il perimetro delle mura municipali e scegliendo quindi come punto di partenza l'opera di un autore di indiscusso valore nel secolo.

Tra gli scrittori del Novecento italiano sicuramente Aldo Palazzeschi – e lo ha dimostrato da tempo con bellissime interpretazioni un maestro della critica letteraria come Luigi Baldacci – occupa un posto di primo piano. La nostra Università gli è debitrice di un lascito generoso che ha consentito e consentirà di sostenere gli studi e le pubblicazioni dei giovani laureati. La parte migliore della sua opera è caratterizzata dall'inafferrabile giovinezza della scrittura, dall'arte del travestimento e della parodia, dal gioco divertito intorno ai "buffi" nostri contemporanei. Palazzeschi offre nei suoi testi, insieme a tratti più convenzionali , nutrimenti terrestri perennemente freschi, irriducibili al tempo e allo spazio quotidiani, personaggi e situazioni che hanno rispecchiamenti possibili solo nella scena artificiale del teatro. Se dunque opera musicale di ambito universitario e studentesco doveva essere, quale migliore patrono dell'autore del tempo futurista?

Scartata l'ipotesi di un nuovo adattamento del più celebre romanzo Perelà (uno in prosa era stato realizzato dal collettivo del Gruppo della Rocca nel 1974 e un altro, nella stagione 2002-2003, su libretto e musica di Pascal Dusapin, all'Opéra Bastille di Parigi), l'attenzione è caduta su Il Re Bello, un racconto lungo che contiene situazioni e personaggi, oltre che strutture, di forte vocazione teatrale per non dire melodrammatica. Se non altro una figura paterna doppia (il Re e il Maresciallo) che si presta a una ridondanza parodica di motivi appartenenti alla tradizione verdiana, una figura materna fantasmatica e morente, un figlio/figlia costretto in un'ambiguità sessuale en travesti che è materia per eccellenza comico-musicale, e infine un coro che coro non è, parodia nella parodia. 

Una volta fatta la scelta dell'autore e del testo di partenza era necessario che il progetto drammaturgico si rivolgesse, o meglio si adeguasse, ad un autore di sensibilità affine a quella di Palazzeschi. Il librettista doveva fungere da staffetta fra i due autori. Non un mediatore (ché la composizione teatrale non è una conciliazione giudiziaria o un compromesso politico) ma un prudente omeopata capace di curare l'arte (dell'uno) con l'arte (dell'altro). Era perciò necessario individuare un musicista capace di esercitare a suo modo la stessa parodia – misto di serio e di buffo, di antico e di moderno – che Palazzeschi aveva operato, applicandola al mondo di Palazzeschi come se questo fosse un mondo reale. E il principe dell'arte parodica nel teatro italiano contemporaneo è sicuramente Roberto De Simone.

Un metodo che potremmo definire stavinskijano quello adoperato dal musicista napoletano non solo nella composizione musicale (a cominciare da La gatta cenerentola) ma anche nelle messe in scena (memorabile in questo senso il Don Giovanni che vedemmo nel luglio del 1999 a Ravenna, sotto la direzione di Riccardo Muti) sempre attento a fare risuonare nelle forme della scena gli echi, più o meno capovolti o distorti, della tradizione. Il gioco di citazioni e di ibridazioni fa risaltare la profondità di ciò che appare superficiale oppure dà smalto formale a quanto sembra appartenere alla memoria accademica o libresca. 

De Simone accolse con entusiasmo l'idea che rinverdiva un suo antico amore per il nostro scrittore e cominciò a trasmettere impressioni, idee, suggerimenti per la lettura del testo letterario. Sulla base di quei pronunciamenti, in principio assai confusi e disordinati, ho cercato di comporre – servitore di due padroni – un libretto che non tradisse né l'uno né l'altro dei nostri autori. Nelle funzioni di go-beetween mi sono state di aiuto due studiose palazzeschiane preparatissime come Adele Dei e Rita Guerricchio. La stesura del libretto si è conclusa nell'estate del 2003. Intanto erano già cominciate le grandi manovre organizzative e produttive, mentre le riflessioni sul lavoro svolto e su quello da svolgere hanno dato corpo a un primo corso di Drammaturgia presso il Dams (con la partecipazione di Roberto De Simone) e a un secondo presso il Pro.Ge.A.S. Presso il corso di laurea di Progettazione della Moda (Facoltà di Architettura) altri studenti hanno avviato le difficili procedure di ideazione e produzione dei costumi sotto la guida di Isabella Bigazzi e la direzione di una costumista di fama internazionale come Odette Nicoletti: anche qui ostacoli pratici (disponibilità di macchinari e di spazi adeguati, il reperimento di colori e stoffe) inediti per un corso teorico hanno stimolato creatività e forme di cooperazione originali e sorprendenti, in particolare con i laboratori del teatro del Maggio Musicale. Lo stesso è avvenuto, sotto la guida esperta di Massimo Mattioli, docente all'Accademia di Belle Arti, con la collaborazione di uno straordinario stuolo di tecnici del medesimo teatro, grazie all'interessamento generoso e partecipe di Massimo Teoldi.

Ancora più complesse le operazioni che hanno segnato il percorso della preparazione musicale dell'opera, ma di questa parla in un altro articolo Maurizio Agamennone. Qui posso solo accennare al fatto che in un quadro di ridotte disponibilità finanziarie siamo riusciti a garantire all'artista De Simone la massima libertà espressiva, anche se l'autonomia del Maestro ha costretto l'organico ordinario della nostra orchestra e del nostro coro, composto quasi esclusivamente di volontari, a un grande sforzo di adeguamento. In parte i due complessi sono stati integrati da elementi esterni, ma sempre in uno spirito di partecipazione generosa. E' indubitabile che il mancato profitto economico di molti partecipanti alla nostra avventura è stato compensato da una tangibile crescita tecnica e artistica. L'esperienza ha comunque costituito un banco di prova talvolta arduo e sicuramente ancora imperfetto, d'altra parte si tratta di una prima assoluta che ci auguriamo possa avere una lunga vita e quindi anche adeguate limature e perfezionamenti.

Tutta la lunga storia della produzione e organizzazione dello spettacolo sarà oggetto di riflessioni consuntive (scritti, testimonianze, bilanci) che saranno messe a disposizione degli interessati in un volume che sarà pubblicato dall'Ente teatrale italiano-Teatro della Pergola. L'archiviazione di determinate procedure originali in cui la didattica si è sposata alla creatività non è solo un atto dovuto di documentazione ma anche una registrazione a futura memoria. L'innovazione contiene sempre in sé la sua canonizzazione anche se poi – è bene ribadirlo – la regola implica l'attesa della sua eccezione e del suo ribaltamento. 

In questa ottimistica disposizione di spirito il giovane Palazzeschi mi pare abbia trovato il terreno fertile per piantare di nuovo le sue inconsuete radici sul palcoscenico. Quanto il contesto studentesco e un po' avventuroso che abbiamo costruito abbia giovato alla qualità artistica del "prodotto" sarà il pubblico a dirlo.


 


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La segnalazione dell'opera


Premeditata e all'improvviso
articolo di Maurizio Agamennone

 Intervista a Roberto De Simone

Trascrizione del seminario tenuto da Roberto De Simone per gli studenti dell'Università di Firenze

Note di regia
di Roberto De Simone


 
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