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L’apothéose d’Arlequin. La Comédie-Italienne de Paris: un théâtre de l’expérimentation dramatique au XVIIIe siècle

A cura di Emanuele De Luca e Andrea Fabiano

Paris, Sorbonne Université Presses, 2023, 529 pp.
ISBN 9791023125498

Il volume, curato da Emanuele De Luca e Andrea Fabiano, raccoglie ventisette contributi che approfondiscono protagonisti, generi, immagini e spettacoli relativi a uno dei teatri principali della Parigi del Settecento: la Comédie-Italienne. Teatro ufficiale insieme alla Comédie-Française e all’Académie royale de musique (l’odierna Opéra), la Comédie-Italienne costituiva un caso del tutto particolare nel panorama spettacolare parigino, essendo sprovvista di monopolio su un particolare repertorio a differenza degli altri due teatri. La mancanza di privilegio le permise però di aprire il suo palcoscenico a un ventaglio molto variegato di artisti e di generi, plasmandone il carattere, lungo tutto il corso del secolo, all’insegna di una vera e propria sperimentazione drammaturgica. Quest’ultimo aspetto, considerato centrale dai curatori, è il fil rouge della lunga serie di contributi che costituiscono nel complesso l’esito del convegno La Comédie-Italienne de Paris (1716-1780), svoltosi a Parigi dal 15 al 17 dicembre 2016 in occasione delle celebrazioni per il tricentenario dell’arrivo nella capitale francese della compagnia di Luigi Riccoboni.

Come precisato nell’Introduzione, la storia della Comédie-Italienne affonda le sue radici nella seconda metà del secolo precedente, a partire almeno dal 1660 – anno in cui la compagnia guidata dal celebre attore Tiberio Fiorilli si installò a Parigi – e fino al 1780, quando gli attori italiani del teatro furono definitivamente congedati e il processo di francesizzazione integrale arrivò a termine. In questo lungo arco cronologico, un’importante frattura e un vuoto spezzarono questa presenza costante: nel 1697 Luigi XIV aveva infatti licenziato la prima compagnia stabile proveniente d’oltralpe e solo nel 1716, morto il Re Sole, il reggente Philippe d’Orléans ne aveva richiamata un’altra. In questo intervallo di tempo l’eredità della pratica teatrale italiana non andò persa: da un lato si diffuse in provincia grazie ad alcune compagnie itineranti (come quella di Giuseppe Tortoriti); dall’altra se ne appropriarono i teatri parigini esterni al circuito ufficiale, quelli delle celebri Fiere di Saint-Germain e di Saint-Laurent. Con la troupe di Luigi Riccoboni iniziò l’avventura della seconda Comédie-Italienne. Nel corso del nuovo secolo il teatro degli Italiani, che aveva la sua sede nell’antico Hôtel de Bourgogne, mise in scena un repertorio ampio, specchio dei cambiamenti in corso nella drammaturgia contemporanea: oltre a opere teatrali in italiano, si affermarono la parodia, la comédie en vaudevilles, il ballet pantomime, la comédie melée d’ariettes, generi nei quali la musica e la danza assunsero una parte sempre più preponderante nell’impianto drammaturgico. 

Un primo nucleo di saggi indaga le relazioni fra antica e nuova Comédie-Italienne e i teatri forains. Anastasia Sakhnovskaia-Pankeeva si sofferma sul periodo di transizione fra prima e seconda troupe italienne. Renzo Guardenti illustra alcuni suggestivi risvolti iconografici che caratterizzano questi anni cruciali di transizione, mettendo a confronto le immagini della raccolta del Théâtre italien dell’Arlecchino Evaristo Gherardi con quelle del Théâtre de la Foire di Lesage e d’Orneval. Il saggio di Stéphane Miglierina si focalizza sulle pièces di uno degli autori francesi, Charles Du Fresny, pubblicati nella raccolta di Gherardi. Ancora ai rapporti degli Italiani con il teatro forain sono dedicati i contributi di Paola Martinuzzi sulla danza e sulla pantomima e di Judith le Blanc sulle accese rivalità (e le innegabili somiglianze di repertorio) fra questi due teatri. 

Vari saggi indagano aspetti specifici dello spettacolo della Comédie-Italienne, come il canto e la danza. Barbara Nestola ripercorre le carriere di due cantanti della vecchia e della nuova Comédie-Italienne: Élisabeth Daneret e Ursula Astori. I saggi di Bertrand Porot e David Charlton si soffermano invece sulla prima metà del secolo: il primo sull’evoluzione della danza mentre il secondo si focalizza sull’attività di alcune figure di cantanti solisti. Emanuele De Luca approfondisce i balletti di Jean-Baptiste-François Dehesse, che contribuirono all’emergere del nuovo genere del ballet-pantomime

Un folto gruppo di contributi mette in luce la peculiarità dei generi sperimentati, i rapporti di alcuni autori francesi e italiani con la Comédie-Italienne e alcune tipologie e casi di testi e spettacoli. Isabelle Ligier-Degauque riflette sulle dinamiche della parodia dei primi anni Venti, avvalendosi delle idee di Louis Fuzelier, uno dei suoi maggiori autori, mentre Pauline Beaucé affronta il caso specifico della parodia operistica. Stéphanie Fournier approfondisce invece il nuovo vaudeville degli anni Ottanta, in bilico fra parodia, curiose questioni di attualità – la satira dell’astrologia e degli esperimenti connessi al magnetismo animale – che ne spiegano il grande successo e l’eredità della pratica teatrale italiana. Christophe Martin indaga il tema del metateatro nelle prime commedie per la Comédie-Italienne di Marivaux mentre due saggi di Lucie Comparini e di Andrea Fabiano esplorano le relazioni di Goldoni con testi e attori-drammaturghi francesi. Le commedie “italiane” di Jean-François Cailhava de L’Estandoux, interpretate dall’Arlecchino Carlo Bertinazzi, sono al centro del contributo di Silvia Spanu Fremder, dal quale emerge chiara l’importanza della collaborazione fra drammaturgo e attori nella stesura di testi che assumono «un statut particulier de produits hybrides, écrits par l’auteur pour et avec les acteurs» (p. 234). Camilla Maria Cederna studia il personaggio della coquette nella drammaturgia di inizio secolo. Giovanna Sparacello esplora le pièces magiques e la loro evoluzione fra Carlo Antonio Veronese e Goldoni. Patrick Taïeb esamina i mélanges tra drammaturgia francese e pratiche e testi teatrali italiani sottintesi nel Tableau parlant di Anseaume e Grétry

I contributi finali firmati da Claudio Vicentini, Sarah Di Bella, Emanuele De Luca e Paola Luciani indagano un aspetto di primaria importanza, complementare alla sperimentazione drammaturgica: quello del jeu, della grande questione della recitazione in entrambe le sue declinazioni, italiana e francese. La figura-chiave di Luigi Riccoboni (cui è dedicato anche il saggio di Beatrice Alfonzetti) ritorna qui prepotentemente in primo piano. 

Due digressioni extra-parigine arricchiscono il volume: un caso di diffusione del repertorio della Comédie-Italienne in provincia, a Marsiglia, presentato da Philippe Bourdin e lo studio di Piermario Vescovo sul commediografo e “maestro di Comica” napoletano Domenico Barone, che Vescovo dimostra essere il vero interlocutore di Diderot nel Paradoxe (e non solo). La chiusura è affidata al bel contributo di Maria Ines Aliverti sul dipinto di Giovanni Domenico Ferretti raffigurante L’Apoteosi di Arlecchino, scelto come immagine di copertina: la studiosa ricostruisce efficacemente il contesto in cui l’opera venne realizzata nel 1746 e soprattutto ne dimostra l’ascendenza prettamente spettacolare. A corredo del volume, completato da varie illustrazioni a colori, due appendici documentarie a cura di Silvia Spanu Fremder e una nutrita bibliografia.


di Italo Papandrea


La copertina

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