drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti

cerca in vai


Emmanuel Reibel

Du métronome au gramophone. Musique et révolution industrielle


Parigi, Fayard, 2023, 384 pp., 24,00 euro
ISBN 978-2-213-72225-2

Partendo dalla tecnologia più avanzata dei giorni nostri, Emmanuel Reibel realizza un’analisi estetica sul rapporto tra musica e tecnologia durante la rivoluzione industriale, attraverso la narrazione della nascita e dell’utilizzo di macchine tecnologiche nella vita musicale europea, con un’attenzione particolare alla Francia. Il volume inizia – e, come vedremo, finirà – con il ricordo di quanto la tecnologia sia stata essenziale durante il lockdown per far arrivare la musica nelle case degli ascoltatori, prendendo come spunto la celebre registrazione del Boléro di Ravel dell’Orchestre National de France: gli orchestrali registrarono da remoto tramite smartphone le proprie esecuzioni, successivamente riunite e sincronizzate in un unico video.

Nella prima sezione, Le métronome ou la mécanisation du temps musical, Reibel esamina la storia del metronomo, meccanismo che si impose sui vari cronometri e pendoli musicali a partire dal 1815, anno in cui Autrichien Maezel depositava il suo brevetto a Parigi, città «dans laquelle la vie musicale est la plus perméable à la civilisation industrielle» (p. 17). Sebbene alcuni contemporanei fossero restii ad accettare un oggetto così coercitivo a livello interpretativo (Carl Maria von Weber si domandava: «veut-on donc mécaniser l’Art?»; Diderot lo riteneva nocivo per la macchina musicale per eccellenza: il musicista), molti compositori compresero la necessità di trasmettere la propria idea di tempo agli esecutori attraverso il nuovo metronomo: ben presto infatti si osservano all’interno delle partiture le prime indicazioni metronomiche, con dicitura MM, abbreviazione per Métronome de Maelzel. Si osserva tuttavia una posizione ambivalente per tutto il diciannovesimo secolo: Boieldieu, Cherubini, Paër, Spontini, Czerny, oltre al Conservatorio di Parigi, riconobbero presto la validità del metronomo, mentre altri compositori, come il già citato Weber, Mendelssohn, Brahms e Wagner rimasero piuttosto perplessi, temendo di perdere la libertà e la naturalezza interpretativa.

Nella seconda sezione, À toute vapeur! Les inteprètes au temps des machines, vengono analizzati i principali effetti della rivoluzione industriale nella vita musicale, in particolare la nascita e l’uso della macchina a vapore. In uno dei disegni di Jacques Grandville (per l’appunto, in copertina) si ironizza sulla disumanizzazione dei musicisti, esecutori androidi che suonano senza l’ausilio delle partiture, mentre dalle loro teste esce un fumo bianco, creando così un “concerto a vapore”. L’orchestra viene vista come una macchina del suono, pronta a rispondere ai comandi del direttore – in questo caso un orologio – nell’ideale della precisione e della regolarità industriale.

Reibel descrive l’industrializzazione della produzione di strumenti musicali, in primis del pianoforte (strumento per eccellenza del diciannovesimo secolo), per il quale l’uso delle macchine a vapore permette di realizzare numerose migliorie nella meccanica. Vengono costruiti nuovi strumenti, come il sassofono, ma anche i più “tecnologici” organi meccanici (il Panharmonicon del già citato Maelzel) e i rulli perforati, necessari per diffondere la musica più in voga nei centri abitati minori. Anche la formazione musicale viene vista in chiave industriale, con la pubblicazione di numerosi metodi vocali e strumentali, oltre alla nascita di macchinari dedicati ai giovani allievi pianisti, come il chirogymnaste per allenare le dita: il musicista (incluse le sue mani) viene immaginato come una macchina da perfezionare.

Nella terza parte, Composer à l’heure industrielle, si affronta l’avvento dell’industrializzazione nelle composizioni. Se «en un siècle où le mouvement des hommes, des marchandises et de l’argent va s’accélérant, la musique se transforme bel et bien en miroir du tempo moderne» (p. 250), emerge il peggioramento della qualità musicale a favore della quantità, a causa della produzione di massa di opéra-comiques in Francia, di melodrammi italiani e di repertorio cameristico. La produzione musicale diviene industriale per la presenza considerevole di compositori-automi, che scrivono continuamente nuove partiture per conservare la propria notorietà. Il ritmo serrato e l’accelerazione continua – ben presenti in Rossini, che veniva considerato un meccanico senza anima e senza arte, ma anche in Beethoven e in Offenbach – sono effetti dell’ideologia della velocità, nata dall’industrializzazione.

Nell’ultima sezione, Les auditeurs au temps de l’électricité, Reibel individua una correlazione estetica tra musica ed elettricità, poiché i sentimenti che la musica richiama nella mente e nel fisico dell’ascoltatore sono equiparabili a un’esperienza elettrostatica, immediata e intensa. Del resto l’elettricità permette di ascoltare musica ovunque. I principali spettacoli dell’Opéra e del Théâtre-Français potevano essere ascoltati comodamente da casa attraverso il théâtrophone, oggetto presentato durante l’Exposition parigina del 1889. L’avvento di questi macchinari, come anche degli apparecchi automatici a gettoni, permetteva non solo una diffusione capillare della musica, ma anche un ascolto più concentrato. Allo stesso modo il grammofono, definito «la machine parlante» (p. 319), è stato un oggetto essenziale nella riproduzione della musica, che ha permesso oltre all’ascolto casalingo anche la conservazione archivistica, permettendo inoltre la democratizzazione della musica.

Come anticipato, il contributo si conclude con il Boléro e con un aneddoto a esso legato, in cui si racconta la celebre discussione tra Ravel e Toscanini: il primo accusò il secondo di aver eseguito l’opera a una velocità troppo sostenuta e di non aver preso in considerazione le sue indicazioni metronomiche in partitura; Toscanini affermò di aver ascoltato, inciso su un disco, un Boléro diretto dallo stesso Ravel e che i tempi staccati fossero uguali. Non sempre la tecnologia mette tutti d’accordo.


di Isabella Rossi


La copertina

cast indice del volume


 
Fayard

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013