Lopportuna
riedizione da parte della casa editrice Cue Press di questo importante volume
di Sara Mamone a oltre trentanni dalla sua prima pubblicazione (1987)
ha il merito di riportare allattenzione di specialisti e appassionati un libro
imprescindibile di riferimento, che dimostra come la Storia dello Spettacolo
possa essere maestra di vita per la Storia. Pregevole esempio di indagine, la
monografia di Sara Mamone prende in esame in unottica sovranazionale il ciclo
di festeggiamenti che ebbe luogo nel 1600 in Italia e in Francia in occasione
del matrimonio di Maria de Medici con Enrico IV, nonché gli spettacoli
promossi dai regnanti e poi dalla regina fino allavvento al potere di Luigi
XIII. Con una metodologia esemplare lautrice legge in maniera unitaria
unimponente serie di documenti scritti e iconografici (complesso miscuglio di
spettacolo, politica, propaganda e sperimentazione) e stabilisce decisivi
collegamenti fra di essi. Le feste e le celebrazioni della corte granducale
fiorentina, il viaggio verso Parigi, gli ambigui rapporti con il re e con i
favoriti italiani, gli intrighi e gli intrecci con lattività dei comici
dellArte diventano tasselli di un affascinante capitolo di storia moderna che
trova chiarificazione solo a patto di considerare lo spettacolo come momento
privilegiato della più complessa dinamica politica.
Riportiamo
di seguito la Premessa alla prima edizione del volume.
Gli studi storici hanno ormai
sancito il ruolo centrale della civiltà fiorentina nel definirsi di una moderna
idea di spettacolo, dando alla corte, e alla sua ordinata funzione di centro
coordinatore e propulsore delle attività artistiche e artigianali che del
teatro moderno costituiscono il segno specifico, tutti i titoli che le
competono. Agli albori del secolo diciassettesimo, anzi proprio nellanno di
grazia 1600, quando la principessa Maria de Medici va sposa, con
festeggiamenti sontuosi, al re di Francia Enrico IV, il granduca e la
granduchessa, il loro entourage e i loro artisti e artigiani sono pronti
a una sorta di bilancio, politico e artistico, di sessantanni di civiltà
medicea. I giorni sovraccarichi delle feste nuziali sono un catalogo dei
raggiungimenti tecnici e artistici, oltreché politici, lultimo e più pubblico
bene dotale consegnato nelle mani di una sposa che si avvia a diventare regina
di un gran regno e che potrà farlo fruttare con gli innesti autoctoni della
patria di elezione. La storia dello spettacolo fiorentino può trovare in Maria
il tramite clamoroso e potente di un “lancio” e di un consolidamento
internazionali, fondati sullesportazione di un modello culturale, ma
soprattutto sullaura che si crea attorno a essa e sul potere di influenza
esercitato da un entourage così
numeroso e forte da costituire una sorta di corte italiana parallela. Proprio
su tale discrimine è maturato questo studio, attento a osservare le zone di
trapasso, il progetto internazionale che già germinava nella prima fase (quella
italiana e granducale) dei festeggiamenti, il cui approntamento andava ben al
di là di particolarismi e “specificità” fiorentine. La coincidenza tra
lavvenimento e la sua storicizzazione (non solo attraverso le consuete e più o
meno devote vie tradizionali della descrizione e della cronaca) ne avrebbero
reso possibile appunto lesportazione e luso in situazioni anche
imprevedibili. Valga per tutti lesempio dellopera di Rubens, chiamato
a dipingere la storia della vita di Maria circa un quarto di secolo dopo le
nozze fiorentine. In essa la pittura si fa strumento politico anche attraverso
la memoria teatrale, una memoria decantata, selezionata e opportunamente
richiamata in vita dopo le vicende di anni tumultuosi e dissipatori ma decisivi
per la fondazione della Francia moderna. Quella Francia che non per caso,
dismessi tragicamente i divertimenti e le raffinatezze dei Valois, dopo anni di
forte pragmatismo enriciano ritroverà, anche attraverso la Medici divenuta
reggente, il gusto dello spettacolo come rappresentazione ufficiale di sé. E
sarà, in uno scambio ininterrotto di memorie ed esperienze tra le due patrie, il
tentativo di fondazione di un vero spettacolo sovranazionale le cui componenti
storiche e culturali sono comprensibili appieno soltanto valutandole nelle
interazioni reciproche, negli inevitabili adeguamenti di una civiltà allaltra,
nello sforzo fecondo e vigile della cattura degli elementi compatibili nel
terreno “franco” e scivoloso di una continua mediazione. Di questo mondo assai
complesso e non facilmente definibile Maria è il punto di riferimento, capace
di tenere insieme, al di là delle accuse dei suoi avversari e denigratori e al
di là del bilancio finale, le fila del cammino di una civiltà teatrale di cui
contribuisce a mutare le regole. Insieme alle guide di un teatro ‘alto e
cerimoniale che ebbe ampio modo di esplicarsi negli avvenimenti del regno, essa
resse anche quelle di un teatro più “basso” ed esposto ai rischi di questa
terra (o quanto meno tempo) di frontiera. I Comici dellArte, non più e non
solo occasione di divertimento signorile, diventarono il fronte umile e
‘anfibio di un più complesso progetto di identità internazionale, uno strumento
che aiutasse due comunità, con lelastica duttilità del tramite “performativo”
e non linguistico, a trovare forse nuovi punti di contatto. In questo continuo
sforzo di adeguamento e dinnesto, e nella difficoltà di dare a esso la
consistenza della realizzazione tra i differenti caratteri – cerimoniale e,
appunto, performativo – delle due civiltà, si è consumata la prima parte della
vicenda francese di Maria, si è venuto a costituire una sorta di romanzo della
regina, sub specie theatri. La parte
musicale non trova qui molto spazio, avendo già goduto di grandi e competenti
attenzioni da parte degli esperti.
Le difficoltà obiettive di
reperimento dei materiali darchivio pertinenti per un periodo per il quale le
lacune documentarie sono dolorose e spesso ingiustificate, sono risultate
particolarmente accentuate per la parte iconografica che, al di là delle composizioni
più note, è lesito di un lungo e arduo lavoro di ricerca e attribuzione.
Il risultato spero valga a dare più
compiutamente il senso, non tanto del lavoro svolto, quanto della complessità
dellindagine applicata alla storia dello spettacolo, disciplina per la quale è
infecondo rifugiarsi nei sistemi precostituiti di metodi settoriali (letterari,
filosofici, artistici, eccetera). Di questa lezione devo ringraziare Ludovico
Zorzi, che mi ha insegnato a riscattare linerzia del minuto documento alla
luce di prospettive storiche più ampie e a coltivare contemporaneamente la
passione per il dato puntuale e rivelatore, e DArco Silvio Avalle, dal
quale ho appreso limportanza sottile e paziente della ricostruzione del
documento. Ma a molti altri sono, in diversa misura, debitrice e vorrei qui
ringraziarli, in ordine sparso: i componenti la giuria del Premio Pizzi, Carlo
Bertelli, Carlo Bo, Pierluigi Cervellati, Gianalberto
DellAcqua, Giorgio Mascherpa e Rodolfo Pizzi, che con il
loro giudizio hanno promosso la pubblicazione di questo libro; Eve Borsook,
Helène e Attilio Maggiulli, Jean-Baptiste Giard e François
Fossier, Françoise Decroisette, Siro Ferrone, Claude
Perrus, Chiara Pruno, Margaret Haines, Giorgio Bonsanti,
Silvia Meloni Trkulja, Caterina Caneva, Anna Maria Testaverde,
Maria Sframeli, Ferdinando Taviani, Luigi Sponzilli, Giuseppe
De Juliis, Elvi Zorzi, Riccardo Bruscagli, Piero Marchi,
Giuseppe Ferrini, Domenica Landolfi, Claudia Burattelli, Monique
Verhoye, Cristina François, Teresa De Robertis, Robert
Amadou. Infine mi sia consentito un ringraziamento più domestico: a mia
madre, a Federico e a Giulia; e a mio padre, alla cui memoria
vorrei dedicare questo mio lavoro
Firenze, giugno 1987
di Sara Mamone
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