La collana “Biblioteca Pregoldoniana” diretta da Javier Gutiérrez Carrou nellambito del progetto ArpreGo. Archivio del Teatro Pregoldoniano si arricchisce grazie ad Anna Scannapieco di «una scheggia documentaria di singolare valore» (p. 9): La clemenza nella vendetta di Giovanni Palazzi, pubblicata a Padova nel 1736 e trasmessa da un unico esemplare superstite conservato nella Raccolta Corniani-Algarotti della Biblioteca Braidense di Milano (n. 5356). Un titolo che rimanda a un tema à la page nel teatro settecentesco, ma la data della stampa e la qualifica di tragicommedia legittima il sospetto che lo spettacolo intendesse cavalcare per via parodica il successo della metastasiana Clemenza di Tito, che nel gennaio 1735 aveva debuttato in “prima nazionale” al teatro San Giovanni Grisostomo nelladattamento di Domenico Lalli con musiche di Leonardo Leo, divenendo poi uno dei più fortunati drammi per musica di tutto il secolo.
Il frontespizio delledizione padovana lascia nellanonimato lautore, che viene celato dietro le iniziali «G. P.» anche nel permesso di stampa riprodotto a p. 14 del volume. Il primo a riferire lopera al librettista di Vivaldi – per il quale Palazzi aveva composto Armida al campo dEgitto (1718), La verità in cimento (1720, in collaborazione con Lalli) e Rosilena ed Oronta (1728) – è stato Francesco Bartoli, ma per lungo tempo si è perpetuata una curiosa duplicazione autoriale tra un Giovanni Palazzi librettista e un Giovanni Palazzi (o Gaetano, secondo Claudio Sartori) drammaturgo. Spetta ad Anna Scannapieco il merito di aver corretto lerrore e aver restituito al nostro anche Medea e Giasone, musicato da Francesco Brusa (1726), e quattro intermezzi comici (1733-1734) conservati manoscritti alla Biblioteca di Casa Goldoni e alla Marciana: Pasquale Gastaldo, Il marito confuso e chiarito, Lisetta e Cacain turco, Drusilla vedova.
La pubblicazione in edizione moderna de La clemenza nella vendetta contribuisce inoltre a definire meglio i repertori delle compagnie attive a Venezia nella fase pregoldoniana e paragoldoniana, in particolare per quello che era il tempio comico dei teatri lagunari: il San Luca. La dedica della tragicommedia «al signor Gio. Battista Garelli detto Pantalone da Antonio Franceschini detto Argante» dà infatti piena visibilità al conduttore della compagnia di stanza al teatro dei Vendramin, Antonio Franceschini, ricordato da Goldoni come un attore “strepitoso” e sia limpegnativo apparato iconografico previsto, sia i nominativi degli attori riportati nella lista dei personaggi confermano la destinazione del testo. Con ogni probabilità la stampa fu promossa dalla compagnia durante una tournée primaverile a Padova, dopo che il primo allestimento aveva avuto luogo a Venezia nellautunno dellanno precedente.
A unattenta lettura la tragicommedia si rivela una scrittura di servizio pensata per la compagnia e la presenza dei nomi degli attori (che costituisce un valore aggiunto di grande rilievo) permette di soppesare quella distribuzione delle parti che sarà stata a monte del disegno drammaturgico. Tra laltro, se nellimpasto dei diversi linguaggi performativi, tra cui inserti musicali e coreutici, si può riconoscere uno dei fattori genetici della Commedia dellArte, occorre evidenziare che, salvo qualche sporadica indicazione di lazzo, siamo di fronte a un testo in versi interamente disteso. La clemenza nella vendetta è dunque uninsostituibile testimonianza di un aspetto del teatro di inizio Settecento che certe semplificazioni storiografiche rischiano di farci dimenticare, ovvero la fisiologica alternanza, nelle pratiche dei comici, di arte rappresentativa allimprovviso e di arte rappresentativa premeditata.
di Lorena Vallieri
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