Un volume dedicato a Dina Galli (1877-1951) era necessario e, da tempo, atteso.
Con questa monografia Mariagabriella
Cambiaghi e Raffaele De Berti
colmano la vistosa lacuna bibliografica che ha investito la gaia interprete
milanese.
A lungo confinata nella
impolverata schiera delle “dimenticate” del teatro italiano, Dina Galli è tra
gli ultimi illustri rappresentanti della prosa italiana preregistica. Attrice
comica deccellenza del primo Novecento, nellarco della sua lunga carriera si
è divisa tra teatro, cinema e radio. Questo studio rende finalmente giustizia
alleterogeneità del suo iter artistico, calato nel contesto storico-teatrale
dellepoca, e alla ricchezza delle relazioni maturate sul palcoscenico e in
seno alla platea contemporanea.
Dopo
un excursus biografico, la struttura
tripartita del libro conduce nel vivo dei rapporti più significativi per il
percorso teatrale dellattrice, intelligentemente indagato da Cambiaghi, per
poi affondare con De Berti negli aspetti concernenti la carriera radiofonica e
cinematografica. A seguire unindagine iconografica su “limmagine” della diva.
LAppendice propone, infine, un elenco accurato delle compagnie con le quali
Galli ha lavorato dal 1891 al 1949 e la modesta ma significativa filmografia.
Gli
autori fanno finalmente chiarezza tra le troppe fonti inquinate e la scarna
bibliografia. Il profilo dellattrice, affiorante dal mare magnum dellaneddotica coeva, acquista qui dignità
storiografica, anche alla luce di uno stato dellarte pressoché inesistente
essenzialmente riconducibile al contesto generale.
Figlia
darte di modesti attori milanesi, Dina Galli si forma alla fine del XIX secolo
nel fertile alveo delle compagnie condotte da Edoardo Ferravilla. Un contesto vivace che seralmente propone
commedie in dialetto e vaudeville in
cui gli interpreti recitano, cantano e ballano. Ancora bambina carpisce i
segreti comici delleclettico attore-autore lombardo conquistando gradatamente
parti di maggiore importanza: «intuitiva e versatile in ogni ambito comico,
Dina è presto in grado di sostenere ogni parte femminile del repertorio per
sostituire i colleghi indisposti, meritando così lo scherzoso soprannome
“Turabuchi”» (pp. 21-22).
La sopraggiunta celebrità locale non tarda a
riecheggiare sulla scena nazionale e, nel 1900, Galli entra a far parte della
Compagnia Nazionale di Virgilio Talli,
Irma Gramatica e Oreste Calabresi come prima attrice
giovane e comica. Dora in avanti la carriera dellattrice sarà in continua
ascesa. La attende, infatti, un precoce capocomicato cui seguirà il fortunato
sodalizio artistico con il brillante toscano Amerigo Guasti. Già alla fine degli anni Dieci «il suo nome diviene
emblema di comicità, le sue performances brillanti
e sentimentali fanno ridere e commuovere ogni strato della società» (p. 63). Da
regina della pochade ottocentesca,
lattrice diventa incarnazione della commedia moderna primonovecentesca,
prestando il proprio talento ad alcuni tra gli autori più prolifici dellepoca
come Arnaldo Fraccaroli, Dario Niccodemi, Giovacchino Forzano e Giuseppe
Adami. La cifra comico-patetica di certe interpretazioni, di cui è emblema Scampolo di Niccodemi (1915), fissa un
punto di non ritorno nella storia della comicità femminile e non tarderà ad
approdare al cinema.
Gli anni della maturità sono segnati dalle due Guerre
Mondiali e dalla perdita di Guasti che muore nel 1921. La ricerca di un nuovo
punto di riferimento darà vita a una serie di collaborazioni con artisti a lei
non sempre affini artisticamente, come il brillante istriano Antonio Gandusio. Il debutto alla radio
negli anni Trenta e lintensificarsi delle apparizioni cinematografiche
completano, integrandola, lattività teatrale dellattrice.
Eterna “monella”, in vecchiaia Galli non abbandonerà
il piglio bambinesco e la verve comica, nonostante linsorgere di alcuni
problemi vocali e lavanzare delletà. Pur cedendo al tempo, si dedica a un
repertorio costruito a sua immagine in cui il personaggio mantiene viva
limpronta dellinterprete, esaltandone capacità identificative come il
«trasformismo attoriale» (p. 242).
Totalmente immerso negli ultimi scampoli del
cosiddetto “teatro allantica italiana” (per dirla con Sergio Tofano), lo spettro di Dina Galli ha aspettato settantanni
prima di rivivere tra le pagine di questo prezioso contributo. Il profilo
disegnato dagli autori è inedito e dimostra come, a fronte di unappartenenza
tradizionale al sistema teatrale ottocentesco, Galli abbia saputo superare «la
dimensione artigiana», imponendosi come «attrice comica svincolata dal sistema
dei ruoli e dotata di una personalità in grado di riflettersi sui personaggi,
animandoli di unenergia e di una verve
capaci di imprimersi nella memoria dello spettatore» (Premessa).
di Giulia Bravi
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