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Biblioteca teatrale, n.s., n. 139, 2023
La ricerca e la formazione nel teatro e oltre. Alessandro Fersen e il tema della rappresentazione in rapporto alla scena

A cura di Desirée Sabatini

182 pp., 22.00 euro
ISSN 0045-1959

Il fascicolo curato da Desirée Sabatini riprende e approfondisce alcune linee di indagine proposte in occasione della seconda edizione del convegno internazionale La ricerca e la formazione nel teatro e oltre, tenutosi presso la Link Campus University nel 2021, a vent’anni dalla scomparsa di Alessandro Fersen (1911-2001). Raffinato intellettuale ebreo, antifascista, saggista, regista, cofondatore del Teatro Stabile di Genova e fondatore dello Studio d’Arti Sceniche di Roma, dove da 1957 ha insegnato recitazione, Fersen è noto per aver ideato un originale metodo di lavoro con gli attori in cui l’improvvisazione deriva da un processo di ricerca psichica che molto deve allo sciamanesimo. Si tratta del cosiddetto mnemodramma, ovvero di «una tecnica psicologica che si serve in modo rudimentale e periferico anche dello psicodramma, però a fini solo teatrali. […] L’elemento fondamentale […] è una ricerca interdisciplinare, che privilegia soprattutto l’antropologia. Antropologia come ricerca della forma primordiale di teatro, della ritualità. Nel rito ci si immedesima nel dio, si diventa altro da sé: si effettua un’operazione che è, già di per sé, teatrale». Il suo pensiero, testato in allestimenti storici quali Fuenteovejuna, La fantesca, Leonce e Lena, fu affidato a esperienze come quella raccontata in Psicodramma e mnemodramma, da cui è ripresa la citazione, o a pagine ambiziose come quelle della Critica del teatro puro, senza però giungere mai a una trattazione estesa.

A tale tecnica sperimentale è dedicato il saggio di Paola Bertolone, che già nel titolo definisce il mnemodramma come un Laboratorio della trasformazione in quanto utilizza tecniche affini a quelle praticate nel Candomblé: una religione di matrice africana diffusa in Brasile in cui l’adepto entra in trance per danzare “posseduto dalla divinità”. Sulla base di evidenze e testimonianze, l’autrice individua concrete derivazioni nell’utilizzo di oggetti osservati o manipolati, nell’amnesia finale, nella partecipazione comunitaria, nella dimensione sovra-individuale e nella comune funzione di resilienza. Tali tematiche si trovano anche nell’articolo L’alleanza col santo: l’identità dell’iniziato nel Candomblé, in cui Francesca Bassi presenta vari aspetti del processo iniziatico proprio del rito brasiliano, come la connessione tra umano e non umano, l’attenzione alla dimensione onirica, le trasformazioni ontologiche vissute dall’iniziato, il successivo effetto liberatorio, mettendoli in relazione con le intuizioni di Fersen. 

Il rapporto tra teatro e pratiche rituali religiose viene esplorato anche da Silvia Cristofori che in Profezia e storia nel teatro di Wole Soyinka propone una riflessione sulla drammaturgia del primo Premio Nobel africano per la Letteratura (1986). L’autrice si sofferma in particolare su tre opere degli anni Settanta: il dramma A Dance of the Forests, composto in occasione dell’indipendenza nigeriana dal dominio britannico, e le due commedie satiriche raccolte sotto il comune titolo di The Jero Plays, che hanno come protagonista un profeta ciarlatano. Le tre drammaturgie mettono in scena il potere ambivalente del profetismo, sia cristiano che Ifa, ed esaltano il vivace dinamismo e l’apertura al cambiamento delle società africane, sconfessando tanto il mito coloniale di un’Africa senza storia, quanto quello nazionalista di un glorioso passato africano interrotto dal trauma coloniale. 

Il mnemodramma è oggetto di analisi anche da parte di John Green, che, in Alessandro Fersen’s “Holy Theatre”, racconta un’esperienza vissuta in prima persona nel marzo 1992 dietro invito di Fersen. Green offre un dettagliato resoconto della preparazione e della realizzazione pratica di un “dramma della memoria” ricostruendo le influenze interdisciplinari che caratterizzano le strutture filosofiche e la pratica del mnemodramma: teatro, antropologia, storia e filosofia. In questa direzione muove anche il lavoro di Clemente Tafuri e David Beronio Un durare che non diviene, in cui si analizza il pensiero di Fersen e, in particolare, il tema dell’evento teatrale come portatore di una forma di conoscenza originaria e prelogica. Nell’Incorporeo il maestro spinge la sua capacità filosofica e immaginativa fino ad affrontare gli estremi paradossi che si possono manifestare su una scena teatrale, quelli cioè di un corpo non corporeo in grado di compiere un movimento fuori dal tempo. 

In occasione del convegno del 2021 vennero investigate anche altre metodologie di insegnamento sviluppatesi nel secondo Novecento, nonché le trasformazioni della pedagogia nella scena contemporanea e le influenze dell’antropologia, della religione e della filosofia nella pedagogia teatrale. Argomenti in parte ripresi ne L’uomo dallo stato di rappresentazione allo stato di estasi. Appunti per una ricerca interdisciplinare, firmato dalla curatrice di questo numero di «Biblioteca teatrale». Partendo dalle posizioni di Fersen sul rapporto tra rito e teatro, Sabatini espone alcune personali considerazioni sulle modalità espressive messe in atto nelle forme performative interattive e digitali in relazione al corpo in scena.

Irene Scaturro esplora la formazione dell’attore statunitense fra istanze democratiche ed esigenze produttive lungo un arco cronologico che, dal 1990, arriva al 2020. L’autrice mette in rilievo il ruolo del training all’interno del processo creativo nell’ambito delle prassi legate alle produzioni statunitensi di devised theatre e si sofferma sulle pratiche collaborative elaborate da Anne Bogart in seno alla SITI Company, co-fondata con Tadashi Suzuki. Dalle sue pagine emergono le ricadute che le tecniche di allenamento adottate hanno avuto nel regolare le dinamiche di potere all’interno del gruppo, nel definire l’iter produttivo degli spettacoli e nel costruire una comunità teatrale di riferimento attorno alla compagnia stessa. Sergio Lo Gatto si fa portavoce di un’esperienza vissuta in prima persona legata all’offerta formativa di Emilia Romagna Teatro/Teatro Nazionale, ovvero quella di Un modello contemporaneo di dramma didattico. Il progetto Classroom Plays, nato dall’esigenza di riparare all’evidente insufficienza di divulgazione della cultura teatrale nelle scuole italiane. Commissionato al drammaturgo Davide Carnevali, il progetto ha portato alla scrittura e alla messa in scena di testi teatrali di piccolo formato, per due soli interpreti, destinati a un allestimento estremamente agile e dunque adatti per essere proposti alle scuole medie superiori di secondo grado.

Il tema della pedagogia dell’attore è al centro anche del primo dei due saggi che compongono la sezione Miscellanea. Marcello Cotugno ne I tre usi dell’attore. Pragmatismo nella recitazione 3.0 propone una riflessione sull’apprendimento a partire da una domanda di natura specificatamente artigianale: quali sono gli approcci più efficaci nell’ambito dell’insegnamento della recitazione? Dopo aver esaminato varie prospettive, legate a tradizioni attoriali differenti, l’autore si sofferma sulle criticità dei metodi basati principalmente sull’indagine psicologica ed emotiva dei personaggi, che possono in taluni casi rappresentare un ostacolo per l’attore, limitandone le possibilità espressive. In chiusura Claudio Passera, prendendo spunto da alcune notizie sul funambolo Albertus che, tra l’aprile e il maggio 1460, incantò Milano, avanza alcune ipotesi sulle abilità possedute dagli acrobati quattrocenteschi, sui contesti festivi in cui si esibirono e sulle emozioni suscitate negli spettatori. Al centro della riflessione i dispacci dell’oratore mantovano Vincenzo della Scalona e due testi latini inediti di cui viene offerta la trascrizione: il Carmen quorundam ludorum di Giovanni Luigi Toscani e una lettera dell’umanista Giorgio Valagussa indirizzata a Guglielmo Paleologo del Monferrato. 

                                                                                             

di Lorena Vallieri


Biblioteca teatrale, n.s., n. 139, 2023

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