È
operazione benemerita aver rilanciato una collana come “Altre visioni. Atlanti
per la Storia dello Spettacolo” per Titivillus, fondata anni fa da Stefano Mazzoni con un volumetto su Spazi e forme dello spettacolo in occidente,
dal mondo antico a Wagner (2003, riedito nel 2017) che ancora circola diffusamente
tra gli studenti dei Dams dItalia e poi rimasta in sospeso nel 2009 dopo luscita
dellAutobiografia per immagini di Giorgio Strehler a cura di Paolo Bosisio e Giovanni Soresi.
Tanto
più se a incaricarsene, assumendo la direzione della collana stessa, è uno
specialista come Renzo Guardenti, che alliconografia teatrale
ha dedicato tanti dei suoi studi ormai classici – da Gli italiani a Parigi. La Comédie Italienne (1660-1697) (Bulzoni
1990) a In forma di quadro. Note di
iconografia teatrale (Cue Press 2020) – fino a considerare la lettura delle
immagini una via daccesso privilegiata per interpretare in senso
epistemologico la storia dello spettacolo nel suo lungo arco diacronico e a
differenti latitudini. Esemplare in questo senso è il lavoro sullarchivio
Dionysos, fondato da Cesare Molinari
e diretto da Guardenti stesso, una collezione digitale di oltre
ventiduemilacinquecento immagini e schede catalografiche su teatro e spettacolo
dallantichità alla prima metà del Novecento che ha dato vita a suo tempo a una
pubblicazione su CD-Rom (Titivillus 2006).
Lo
spirito degli Atlanti è riproposto da Guardenti fedelmente, attraverso un itinerario
iconografico che si snoda, un po come un corso universitario di antica scuola,
“diapositiva” dopo “diapositiva”, incentrandosi su un soggetto principe della storia
dello spettacolo che da sempre affascina studiosi e artisti: la Commedia
dellArte. Gli stimoli offerti nelle pagine prefatorie e disseminati nelle
righe introduttive a ciascuna delle cinque sezioni che scandiscono questo viaggio
accompagnano il lettore senza pregiudicarne il gusto di perdersi nelle
immagini, o meglio acuendone lo sguardo per poi maturare percorsi propri al di
là di quelli prestabiliti, in un gioco di intrecci e sovrapposizioni di piani
narrativi che costituisce uno dei punti di forza dellopera.
Tra
fonti dirette di spettacoli e sedimentazioni mitopoietiche, Guardenti compendia
limmaginario della Commedia dellArte in duecentocinquanta illustrazioni
selezionatissime a fronte di una produzione sterminata, che va dalle prime circoscritte
testimonianze allapparire del fenomeno alla diffusione esponenziale del
repertorio a partire dal Settecento, quando il teatro dei comici di mestiere inizia
a transitare dalle tavole del palcoscenico al territorio del mito. Il ricco
ventaglio delle tecniche artistiche impiegate, i diversi contesti produttivi,
la varietà degli artisti esecutori e dei rispettivi committenti «testimoniano
la crescente vitalità della forma spettacolare» (p. 10), aperta a molteplici
tipi di pubblico e a differenti modalità di fruizione.
Nella
prima delle cinque sezioni (Iconografia
delle origini), definita da una cronologia compresa tra lultimo quarto del
Cinquecento e la prima metà del Seicento, la scelta iconografica è per lo più
“obbligata”: come non includere gli affreschi della Scala dei buffoni (Narrentreppe) custoditi tra le mura del
Castello di Trausnitz in Baviera, le gallerie di maschere in azione incise su
rame da Ambrogio Brambilla, le
xilografie della Raccolta Fossard di Stoccolma, il variopinto collage di piume
di uccello del codice di Dionisio
Menaggio, proseguendo con le enigmatiche illustrazioni delle Compositions de Rhétorique di Tristano Martinelli e i ritratti dei
comici Francesco e Isabella Andreini.
Poi,
man mano che la cronologia avanza, il gioco di selezione si fa più complesso, a
fronte di un repertorio in crescente espansione, inducendo a scelte di campo o
a strategie interpretative di tipo tematico. Così, nella seconda sezione (Nelle strade e nelle piazze), il lettore
può “girovagare” – letteralmente – in luoghi di spettacolo «alternativi a
quelli degli stanzoni da commedia e dei teatri frequentati dalle compagnie più
blasonate» (p. 77), passando dai duelli e lazzi di maschere su sfondo urbano
immortalati dai celeberrimi Balli di
Sfessania di Jacques Callot
(1622), alle attestazioni seicentesche del sottomondo di imbonitori,
ciarlatani, saltimbanchi di piazza nei dipinti di Matthias Scheits, Karel
Dujardin e Cornelis van der Meulen,
fino a lambire il Settecento con le recite
en plein air dal sapore bozzettistico di Giovanni Michele Graneri e Marco
Marcola.
Particolarmente
corposa è la terza sezione (La Commedia
dellArte in Francia tra pratiche sceniche e mito figurativo), frutto degli
approfonditi studi dellautore da oltre trentanni concentrati sullattività e
i destini dei comici italiani oltralpe a partire dagli anni Settanta del
Cinquecento. Un percorso nel percorso, quello qui raccontato, che illustra
esemplarmente il processo di autopromozione figurativa della Commedia dellArte,
passata tra XVII e XVIII secolo dalle pratiche sceniche illustrate dagli Almanacchi Bonnart e dai frontespizi
illustrati del Théâtre Italien di Evaristo Gherardi allastrazione
leggendaria delle visioni immaginifiche di Claude
Gillot e Antoine Watteau o delle
oleografiche decorazioni di Nicolas
Lancret, Jean-Baptiste Pater e Jean-Baptiste Oudry.
Il
cammino di riversamento della Commedia dellArte nella vita e nellimmaginario
di ieri e di oggi si compie definitivamente nella quarta sezione (Oltre il palcoscenico: la vita delle
maschere nellEuropa del Settecento), dove le maschere entrano nella
quotidianità attraverso la produzione di statuette di porcellana e oggetti di
vario tipo. Così, nella quinta sezione (Dopo
la Commedia dellArte) tale processo è già compiuto: gli antichi comici
sono ormai le ombre sbiadite di un rito glorioso scolpito in una dimensione
senza tempo rinverdita da artisti come Honoré
Daumier, Pablo Picasso, James Ensor, Gino Severini, André Dérain, o attualizzata a teatro dalle
grandi regie di Mejerchold, Copeau, Reinhardt, Dullin, Strehler, Fo.
Apparecchiato con
didascalie puntali e un selezionato apparato bibliografico, quello tracciato da
Guardenti è un percorso ben definito ma aperto, dichiaratamente ricco di «omissioni»
(p. 9) e sbilanciato su versanti cari allautore, su tutti quello francese. Una
specie di “ipertesto analogico” i cui collegamenti, più che essere predefiniti,
sono spesso suggeriti o del tutto impliciti, spronando il lettore dellera
digitale a maturare nella sua mente, in piena autonomia, i propri link.
di Gianluca Stefani
|
|