drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti

cerca in vai


Matteo D'Amico

La musica di scena nel teatro di Adelaide Ristori


Perugia, Morlacchi, 2022, 94 pp. + Appendice, euro 18,00
ISBN 978-88-9392-376-7

L’Avvertenza editoriale informa sulla scelta di pubblicare in copia anastatica la tesi discussa dall’autore nel 1983, senza aggiornarla ed emendarla. Accostare quello studio riapre così una ricerca inedita e preziosa per scoprire, nella realtà della scena italiana dell’Ottocento, la generale mancanza di musiche composte specificamente per lo spettacolo drammatico. Il caso di Ristori, esemplare per valore artistico e aspetto imprenditoriale, mostra, nella sua eccezionalità, l’anticipazione d’una funzione destinata ad affermarsi nel nuovo secolo con il mutamento della messa in scena.

L’autore, che si laureava allora con Ferruccio Marotti e Ferdinando Taviani, avrebbe confermato la sua sensibilità al problema dei rapporti fra le arti dello spettacolo, continuando una carriera di compositore apprezzato per lavori operistici, strumentali, di balletto e di commenti musicali per il teatro. I limiti della ricerca sono dichiarati nel «ricostruire la storia esterna delle musiche. […] Fornire una analisi descrittiva delle musiche. […] Individuare e valutare la funzione drammaturgica della musica nell’ambito dello spettacolo ristoriano» (pp. 3-4). L’esame della situazione induce D’Amico a prendere atto dell’assenza della componente musicale nello spettacolo drammatico in Italia, nel periodo d’oro del grande attore. Il confronto con l’ambito europeo indica una decisa svolta soltanto nel dopoguerra, in concomitanza del consolidarsi della regia quale nuovo principio ordinatore della rappresentazione.  

Fra i documenti in repertorio relativi ai dieci titoli esaminati, sette corrispondono alle caratteristiche della categoria indagata. I contributi musicali, di qualità e misura diseguali, sono sufficienti a vagliare funzioni, modalità d’uso e risultati estetici. Pure, “cavalli di battaglia” quali Maria Stuarda ed Elisabetta regina d’Inghilterra non risultano corredati da musiche. La verifica dei documenti rileva che diversi firmatari delle partiture restano ignoti quali autori riconoscibili.

La competenza musicologica del laureando già garantiva giudizi calzanti e coerenti, a partire da Mirra di Vittorio Alfieri (1853-1855) e da Medea di Ernest Legouvé, prime partiture esaminate. Al successo di Medea, creata a Parigi nel 1856, non corrispose riscontro adeguato per la musica dichiarata di Iulius Cariot, autore privo di referenze storiche. Lo spartito superstite è per arpa, probabilmente impiegato nel rispetto delle didascalie del testo, così lo studioso ipotizza alcuni «accoppiamenti fra brani musicali e azioni sceniche» (p. 23), coerenti con quel criterio. Per Camma, tragedia dell’italiano Giuseppe Montanelli (esule in Francia), le parti riguardano due arpe e il trio violino, viola e violoncello. Certi dettagli riguardano il modo d’uso nei riferimenti agli “attacchi”, talvolta riconoscibili sulla musica dall’indicazione della “battuta”. Logica suggerisce che fosse attribuito agli archi il ruolo di sostegno e di rafforzamento della melodia principale (p. 27). Un commento di cronaca attesta il rimarchevole impatto emotivo ottenuto dall’esecuzione.   

Il pubblico parigino assistette conquistato alla recita in francese di Béatrix ou la Madone de l’art (Legouvé, 1861). L’occasione comportava un più sofisticato apporto musicale, in quanto alcuni episodi della commedia richiedevano l’accompagnamento della protagonista da parte di strumenti. I brani sono più ampi, articolati, evidentemente collegati all’azione. Viene sottolineato, ad esempio, per lo scioglimento dai sentimenti forti e di significativo registro patetico, l’uso di un tema riconoscibile, il «dolce e sentimentale Andante cantabile – quello del primo incontro fra i due amanti nel secondo atto – con un effetto sul pubblico facilmente immaginabile» (p. 33). La tragedia Norma di Alexandre Soumet fu recitata da Ristori in italiano a Pietroburgo nel 1862. La partitura era prevista da eseguirsi “nell’atto quarto” dal firmatario autore Gaetano Malaguti, anch’esso personalità non documentata. L’esigenza musicale nasce ancora dalla didascalia che prescrive: «Un suono d’arpa accompagna la voce di Norma» (p. 35). Prosegue D’Amico: «Le musiche per la Maria Antonietta di Paolo Giacometti a causa della loro ampiezza e grandiosità, si staccano nettamente da tutti gli altri commenti musicali utilizzati dalla Ristori» (p. 37). La dimensione organizzativa tendeva infatti a potenziare la redditività dell’impresa a livello industriale, mediante una pubblicità adeguata. La creazione newyorkese (1897), straordinaria per cura e ambizioni, è seguita nell’elaborazione dell’imponente partitura, che vede il ricorso a due compositori (Paolo Giorza e Roberto Stoepel) per poi richiedere il contributo di un terzo autore (Franco Faccio) quando l’opera s’avventurò in una lunga, fruttuosa tournée

Molto dettagliata è l’analisi delle trascrizioni musicali, indice della vicenda del loro uso in luoghi e tempi diversi. Si accerta così la prassi di una professione soggetta a gusti e circostanze variabili, nei segni autografi apportati dagli esecutori alle loro carte, di alto interesse storico ed estetico, pervenuteci in stato di conservazione insperabile (p. 45). All’esteso capitolo, segue quello su Macbeth, necessariamente ridotto per scarsità di notizie probanti e comunque documentato sulle carenze. Caso a parte, Les deux reines de France, dramma di Legouvé previsto per la creazione di Ristori nel 1865 ma mai da lei allestito. Con le musiche di Charles Gounod, la prima rappresentazione si ebbe nel 1872. Nelle Considerazioni riassuntive si considera come il gusto per il melodramma abbia influenzato la concezione scenica della Ristori (pp. 88-89), concorrendo al successo grande e duraturo della sua arte.

Si conferma la notevole sensibilità dello studioso nel verificare le conseguenze drammaturgiche sulle rappresentazioni e nel comparare queste esperienze precorritrici a esiti in seguito perseguiti dall’arte cinematografica. 


di Gianni Poli


La copertina

cast indice del volume


 

Morlacchi Editore

 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013