«Solo dai risultati di
unesperienza vissuta possono scaturire idee, nuovi spunti e curiosità,
conoscenza». Così scrive Francesco
Giannattasio nella Premessa a Il concetto di musica (Bulzoni, Roma,
1992) – testo cardine delletnomusicologia italiana – a proposito della ricerca
sul campo nellambito delle scienze antropologiche, sottolineando limportanza
dei rapporti umani che lo studioso intesse con persone e comunità di cui analizza
i comportamenti, la cultura, la musica. Nellarco della sua lunga carriera di
docente e ricercatore, il dialogo inteso come fonte di conoscenza è stato non
soltanto valido strumento dindagine ma presupposto atto a favorire un continuo
scambio tra etnomusicologia e ambiti di studio più o meno contigui. Lo stesso
concetto di “transculturalità” nellaccezione proposta dal filosofo Wolfgang
Welsch ha fornito un rilevante apporto alle più recenti riflessioni di
Giannattasio attorno allo statuto della sua disciplina, che sempre più si misura
con le dinamiche interculturali e intersoggettive tipiche del nostro tempo e
che proprio per questo, come lo studioso ha in più occasioni sottolineato,
tende oggi a configurarsi come una “musicologia transculturale”.
Raccogliendo leredità
dellomaggiato in occasione dei suoi settantanni, il presente volume si pone perciò
sin dal titolo entro una cornice teorico-riflessiva che intende ripensare –
anche alla luce del dibattito più attuale di cui lo stesso Giannattasio si è
fatto animatore – ipotesi di indagine e interpretative dei fenomeni musicali,
rimettendo sotto esame alcune questioni cruciali che letnomusicologia –
soprattutto in Italia – ha affrontato negli ultimi decenni. Dopo una Introduzione dei curatori Giorgio Adamo e Giovanni Giuriati, il volume si apre con la lettera Dear Francesco,… firmata da Steven Feld: alle pagine di diario
redatte durante i Seminari internazionali di etnomusicologia del 2001 e del
2014 (Venezia, Fondazione Giorgio Cini), vi si intrecciano ricordi personali e
riflessioni a proposito di quella esperienza di condivisione, umana e
scientifica, e dellilluminante incontro con il musicista Ali Farka Touré.
Il volume prosegue con un
contributo di Agostino Ziino, che
ricostruisce il contesto culturale in cui fu promossa la creazione
dellIstituto Italiano di Sociologia della Musica (IISM) – presieduto da Diego
Carpitella – e che chiarisce i presupposti scientifici che diedero impulso alle
sue attività.
A partire da una disamina delle
stesse denominazioni proposte per ridefinire la disciplina, Maurizio Agamennone propone unarticolata
riflessione sui mutati scenari dindagine e sugli sviluppi teorici attuali delletnomusicologia,
che abbraccia campi di investigazione in costante trasformazione e con i quali
il ricercatore deve di volta in volta misurarsi. Roberta Tucci si occupa della collana discografica i Suoni: musica di tradizione orale, fondata
da Carpitella nel 1979, nellottica di una riflessione sullimportanza di
questi documenti nel loro valore di «fonti etnico-musicali di prima mano» (p.
49).
Piero Innocenti e Marielisa Rossi si concentrano sullinteresse drammaturgico di cui
è stata oggetto nel Novecento la Mandragola
di Machiavelli da parte del pubblico tedesco. Si prosegue poi con due approfondimenti
su altrettante esperienze di indagine condotte assieme a Giannattasio: quello
di Sergio Bonanzinga sulla “musica
dellincudine” nel quadro di una ricerca sui ritmi di lavoro dei maestri ferrai
in Sicilia; e quello di Nicola
Scaldaferri, che ricostruisce il contesto delle rilevazioni effettuate tra
gli arbëreshë della Val Sarmento in
Basilicata nei mesi di maggio e agosto del 1990.
Nico Staiti ripercorre le trasformazioni di
alcuni strumenti a fiato e la conseguente modificazione della prassi esecutiva che
li coinvolge, attraverso una analisi morfologica e specifici rimandi iconografici.
Antonello Ricci approfondisce i temi
della trasmissione e dellincorporazione del sapere musicale nellambito della
tradizione orale attraverso coordinate bibliografiche e “finestre” etnografiche.
Grazia Tuzi riflette sul concetto di
tradizione attraverso lanalisi di alcune procedure di recupero di elementi
preispanici nella danza rituale dei voladores
della Sierra di Puebla. Fulvia Caruso
affronta la questione dellevolversi delle tradizioni musicali tramite
lesempio dei riti sospesi durante la pandemia da coronavirus, e nello
specifico della Settimana Santa a Castelsardo (SS).
Il curatore Adamo riporta il focus di questo “dialogo a più voci” sul
tema dei rapporti tra musica, trance
e fenomeni di possessione attraverso la rilettura di prolungate esperienze
etnografiche e documenti audio-visivi realizzati in Malawi. Al tema della
possessione è pure dedicato il denso resoconto di Laura Faranda su alcune esperienze di ricerca riguardanti uno specifico
culto femminile officiato a Tunisi.
Laltro curatore, Giovanni
Giuriati, propone una riflessione sui processi improvvisativi, ripensando e
ampliando le intuizioni scaturite da ricerche svolte sulle musiche del sud-est
asiatico e su quelle del Carnevale di Montemarano. Se Vincenzo Caporaletti fa il punto sulla concezione del pentatonismo
in Brăiloiu a partire dallesempio di unantica melodia scozzese, Bernard Lortat-Jacob analizza il
rapporto tra parola e musica nella canzone Lhistoire
dun amour, resa immortale dallinterpretazione di Dalida.
Sempre sul tema dei rapporti tra testo
poetico e formalizzazione musicale, Giorgio
Banti e Simone Tarsitani analizzano
metro, caratteristiche poetiche e stili performativi di alcune stanze di un
poema oromo sulla creazione delluniverso, mentre Paolo Di Giovine approfondisce questioni relative alla metrica
vedica. Nella riflessione sui confini tra parlato e cantato Serena Facci pone in comparazione il
genere declamato degli amazina del
Burundi con unesperienza di rap contemporaneo, individuando allinterno di due
formalizzazioni così distanti interessanti similitudini formali e
contenutistiche. In chiusura, Ignazio
Macchiarella esamina la struttura formale e i contesti esecutivi dei mutos a chiterra, fornendo suggestioni
per un inquadramento più generale dei rapporti tra modello poetico e modello musicale.
Proseguendo la serie dei “Quaderni
di Etnografie Sonore / Sound Ethnographies Series” delleditore NeoClassica, questo volume offre insomma un ampio ventaglio
di questioni, riflessioni, spunti che, pur provenendo da esperienze di ricerca
individuali, “consuonano” (per usare un termine caro allomaggiato) tra loro. Tutti
i contributi sembrano infatti proiettarsi verso
un discorso più ampio, che forse è appena allinizio e che senzaltro aprirà la
strada a nuove interessanti piste dindagine.
di Antonella Dicuonzo
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