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Il quaderno delle lezioni di Luca Ronconi

A cura di Antonella Astolfi (in collaborazione con Paola Bigatto e Lisa Capaccioli)

Roma, Dino Audino, 2020, pp. 160, euro 18,00
ISBN 978-88-7527-431-3

Gli scritti qui presentati sono tratti dagli appunti degli allievi della Scuola del Piccolo Teatro, alla quale Luca Ronconi è giunto nel 1999 per dirigerla fino al 2015, in collaborazione con Enrico D’Amato. Il volume propone «un lavoro che parla dei ragazzi in ascolto delle lezioni di Luca Ronconi e del loro modo di parteciparvi […]. Il quaderno è una composizione corale. Non un saggio, ma un mosaico con tessere piccole e di diversi colori, poco significative se osservate da sole, ma nella loro complessità capaci di comporre un disegno utile» (p. 8), nel quale intervengono rilievi sul cammino alla conquista d’una identità interpretativa. 

Nell’Intervista a Ronconi di Barbara Calbiani, Pensare la scuola, s’incontrano risposte spesso paradossali da parte del maestro: «Gli attori si formano in palcoscenico, ma bisogna vedere anche come ci arrivano, in che condizioni ci arrivano […]. Non esistono tecniche di recitazione!» (p. 11). E Ronconi prosegue insistendo sulla necessità di preparare l’allievo al “ruolo”, nella scelta responsabile delle proprie capacità e della propria sensibilità espressiva: «Io non ho un modello, mentre in generale l’insegnamento è avere un modello e cercare di proporlo» (p. 15). 

La tripartizione del materiale pone le Lezioni per conoscere all’inizio del corso Luchino Visconti (2014-2017). Offrono i loro scritti tredici tra coloro che vi presero parte. Dagli appunti del primo (Aurelio Di Virgilio) su Pilade di Pasolini si legge: «Le parole hanno delle radici e dietro ogni parola c’è un universo misterioso e affascinantissimo. Compito dell’attore è trovare quelle radici […]. Non mi ricordo delle lezioni, ma di incontri illuminanti in cui si andava in fondo alle cose, in cui si percepiva il sapore umido di queste desiderate radici» (p. 21). 

Cristina Nurisso confessa: «Uno degli insegnamenti che più mi è rimasto impresso è il concetto di consapevolezza dell’attore» (p. 28), qui riferito al testo Le mosche di Jean-Paul Sartre. Dell’insegnante l’allieva trattiene alcune intenzioni: «Ho scelto appositamente testi non facili per abituarci a processi interpretativi che non sono quelli immediati del sentimento: sono quelli della decodificazione di un testo prima di metterci dentro il sentimento» (p. 32). 

Leda Kreider rivive l’impressione di certe dichiarazioni perentorie: «Mi piace prendere una distanza dal concetto di personaggio. La funzione della drammaturgia, al di fuori delle commedie, non esiste […]. Le parole non sono chiacchiere. Sono azioni, sono fatti che succedono, pezzi di corpo» (p. 35). 

Ciò che vale anche per la poesia, oltre che per la scena, fa riemergere dettami sui criteri di scansione della parola che diventa ritmo musicale, con suggestioni sull’esecuzione della battuta che rendono lo scritto densamente significativo. Yasmin Karan, impegnato nell’Orestea, annota: «ATTORE = MAGNETE: devo sempre essere interessato a cosa fa, dove va. Cambiare ritmi, tempi, non compiacersi del proprio tempo. […] Far lavorare l’ipotesi, la fantasia, l’emozione» (p. 54). 

Due allieve (Roberta Bonora ed Elena Rivoltini) presentano la loro scelta alla curatrice, prima di raccontare la loro esperienza. Jacopo Sorbini trascrive la registrazione di una lezione del maestro, integrandola con spiegazioni e aggiunte (p. 60). Marica Mastromarino si sofferma sulle sensazioni e sugli effetti che Ronconi, con la sua influenza pedagogica, produceva sul proprio comportamento, testimoniando il risultato sorprendente, soprattutto nell’incontro umano con il maestro. 

Così ancora Matteo Principi, con una espressione poetica diretta, si dichiara riconoscente verso Ronconi ed è oggettivo nel rappresentare sé stesso: «Questo è stato Ronconi per me, quelle poche volte che sono stato in contatto con lui: un’indagine, un’auto indagine a cui ho dato il lasciapassare» (p. 71). Caterina Filograno descrive, giudicandolo, il monologo recitato da un ex compagno di corso, tratto da Venezia salva di Simone Weil

In Lezioni per studiare, le relazioni e i concetti annotati lungo i corsi tenuti da Ronconi (dal 1999 al 2014) permettono di comprendere «qualcosa di chi sta utilizzando gli echi, le indicazioni delle lezioni, stratificatesi nel tempo, e del valore attribuito ad esse» (p. 77). 

Lezioni per la scena è composto da registrazioni di sedute attorno a I soldati di Jakob Lenz (2005) e a L’opera seria di Raniero De Calzabigi (2006), allestiti come saggi; quindi da testimonianze di interpreti degli spettacoli Il Panico e Pornografia (Valentina Picello) e Lehman Trilogy (Maria Laila Fernandez). 

La stessa Picello e Mauro Avogadro chiudono il volume parlando – da “dentro la scuola” – del loro passaggio dall’apprendistato fecondo con Ronconi all’insegnamento professionale. 


di Gianni Poli


Il quaderno delle lezioni di Luca Ronconi

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