Il
nuovo numero della rivista diretta da Angela Maria Andrisano e Giusto
Picone si presenta ricco e vario nei contenuti. Si alternano contributi
prettamente filologici, indagini sulla messinscena, studi sulla ricezione dei
testi drammatici, presentazioni di nuovi volumi.
In
apertura Tommaso Braccini propone una nuova emendazione del frammento problematico
di Frinico TrGF 3 F14 recuperandone la natura marcatamente ironica. Lo
studioso ipotizza che il verso possa appartenere alla tragedia LAnteo o
forse a un dramma satiresco in cui un eroe (Eracle?) si scontra con uno xenoktonos
(tagliatore di teste), personaggio attestato nella tradizione teatrale
successiva.
Andrea
Rodighiero
illustra le diverse sezioni in cui si articola la nuova edizione dellElettra
di Sofocle, pubblicata dalla
Fondazione Lorenzo Valla nel 2019 (introduzione e commento di Francis Dunn, testo
critico a cura di Liana Lomiento). La traduzione di Bruno Gentili «si segnala
per eleganza, leggibilità e fedeltà alloriginale (aspetti che per le versioni dal
dramma attico non sempre procedono di pari passo), con inevitabili e fortunate
concessioni a un grado maggiore di fruibilità diciamo pure teatrale» (p. 22). Utili
gli indici delle cose notevoli e dei termini greci.
Valentina
Caruso
ripercorre la vexata quaestio della messinscena del suicidio di Evadne
nelle Supplici di Euripide.
Data la complessità tecnico-scenografica della scena – una roccia sopraelevata dove
si trova la donna; la pira su cui ardono i resti di Capaneo; il salto di Evadne
– e in base al confronto con altri casi di morte tragica, la studiosa trae la
conclusione che il suicidio fosse ampiamente affidato allimmaginazione del
pubblico.
Mattia
De Poli
si concentra sui vv. 581-584 dellElettra di Sofocle, variamente interpretati
dagli editori moderni. De Poli si sofferma in particolare sul v. 582 in cui le
parole di Oreste apparirebbero così evocative ed enfatiche da ipotizzare unἀποσιώπησις,
ossia una intenzionale reticenza, a fine verso.
È noto come nelle
commedie di Aristofane sia presente la detorsio comica di generi lirici tradizionali
quali parteni ed epitalami. Vasiliki Kousoulini considera a questo proposito gli
esodi di Pace, Uccelli e Lisistrata, in cui
il commediografo sfrutta lallusione a questi componimenti poetici contenenti
riferimenti alla choreia per esprimere lemozione
del coro, in particolare la gioia del komos conclusivo.
Virginia
Mastellari analizza i vv. 1108-1110 della
commedia aristofanea Le rane con particolare attenzione allinsistito uso dellaggettivo
λεπτός, “sottile”, ossia intellettualmente sofisticato. Laggettivo nellagone
comico sembra qualificare Euripide piuttosto che Eschilo, viceversa
caratterizzato come βαρύτης (“pesante”, “grave”) nel corso di tutta la commedia.
Renata
Raccanelli
ipotizza una nuova lettura complessiva della scena del Curculio plautino
(vv. 216-250) in cui il lenone Cappadoce è oggetto di una spietata canzonatura
da parte del servo Palinuro. Inquadrata
la questione critica relativa al passo, contestualizzata la battuta nellimmaginario
plautino, Raccanelli propone
unesegesi critica soprattutto dei vv. 240-243, ακμή del motteggio, sulla base
del lessico gastronomico latino (salsura) e del confronto con loci
paralleli pertinenti. I diversi modi di
parlare presenti nelle commedie di Plauto e Terenzio sono esaminati da Łukasz Berger, combinando la teoria del quadro di
partecipazione di Erving Goffman (Frame Analysis. An Essay on the
Organization of Experience, Cambridge, Harvard University Press, 1974) con strumenti di
analisi conversazionale. Le interazioni verbali in Plauto e Terenzio vengono quindi
analizzate in relazione alla loro struttura e al tipo di partecipazione
che instaurano con gli interlocutori.
Micol
Muttini
approfondisce un argomento poco indagato: la lettura di Aristofane in epoca umanistica.
Tracce di letture quattrocentesche delle commedie aristofanee, quali glosse
interlineari e annotazioni marginali, si conservano ancora inedite e
inesplorate in alcuni dei manoscritti dellepoca. Il focus del saggio è lo
studio di un manoscritto conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (ms.
Vat. Ottob. gr. 166), in cui il testo del Pluto è corredato da numerose
postille autografe dellumanista Antonio
Urceo Codro.
Jean
Robaey
mette a
punto un primo studio sulla traduzione nederlandese Zeven op Thebe los del poeta Karel van de Woestijne. Una versione
molto fedele dei Sette contro Tebe di Eschilo per
la quale lautore ricorse alle Tragoediae teubneriane
di Henri Weil del 1884 e delledizione dei Sept contre Thèbes di
Hachette del 1860. Lopera, rimasta incompiuta, venne pubblicata nel 1907.
Sara
Troiani ricostruisce i primi
spettacoli diretti da Ettore Romagnoli
presso lUniversità di Padova tra il 1911 e il 1913, cogliendone le possibili
influenze sulle successive rappresentazioni classiche al Teatro greco di
Siracusa. Emergono chiaramente il ruolo formativo del teatro greco e la sua
importanza nella divulgazione della cultura classica sostenuto ai tempi da
Romagnoli.
Francesco
Puccio
indaga lo spettacolo Greek diretto e interpretato da Steven Berkoff, rappresentato per la prima volta allHalf Moon Theatre di
Londra nel 1980. Dopo un breve excursus storico sullallestimento, è approfondito il
personaggio di Eddy/Edipo nellambito della ricezione dei testi teatrali greci sulla
scena contemporanea. Segue una riflessione sulloperazione compiuta da Berkoff:
riscrittura del modello sofocleo o creazione di un vero e proprio testo “altro”?
Conclude
il numero della rivista la recensione di Daniele Seragnoli al volume Registrare
la performance. Testi, modelli, simulacri tra memoria e immaginazione, a
cura di Michela Garda ed Eleonora Rocconi (Pavia, Pavia University Press, 2016),
prendendo in esame i due capitoli iniziali del libro dedicati al teatro greco
antico Seragnoli segnala la validità di alcune questioni relative alla storia
del teatro, ma soprattutto i limiti metodologici, storiografici e critici di
studi condotti sulla base della cosiddetta New Philology.
di Diana Perego
|