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Deus ti salvet Maria. L’Ave Maria sarda tra devozione, identità e popular music

A cura di Marco Lutzu

Nota, Udine, 2020, 304 pp., euro 25,00
ISBN 9788861632042

A tre anni dalla pubblicazione di Non potho reposare. Il canto d’amore della Sardegna (Udine, Nota, 2017), Marco Lutzu torna a indagare i processi di diffusione e le dinamiche di attribuzione di senso relativi a un canto che, al pari di A Diosa, ha assunto nel corso della sua storia una forte valenza identitaria.

Del Deus ti salvet Maria, antica pregadoria ancora molto presente in ambito devozionale e diffusa in tutta la Sardegna, esistono oggi numerose incisioni discografiche. La natura di questo oggetto culturale, che dalla dimensione rituale liturgica e paraliturgica è approdato a quella spettacolistica grazie all’attività di coristi, musicisti e interpreti, ha suggerito al curatore di questo volume di adottare un approccio teorico e metodologico pluridisciplinare (p. 7). L’indagine è perciò stata portata avanti attingendo al bagaglio etnomusicologico e a quello dei popular music studies e della musicologia storica, avvalendosi della collaborazione di studiosi i cui contributi sono qui raccolti.

Ricostruire la storia di quello che è diventato «il canto religioso della Sardegna per eccellenza» (p. 13) significa tornare molto indietro nel tempo, almeno al XVII secolo, quando operò il gesuita Innocenzo Innocenzi (1624-1697). A lui è difatti attribuita la parafrasi mariana Dio ti salvi Maria che, tradotta in sardo, si è poi diffusa in tutta l’isola. L’affondo nei documenti d’archivio, soprattutto fonti a stampa e manoscritte, è stato condotto da Roberto Milleddu, nel cui saggio si rintracciano testimoni che datano almeno alla fine degli anni Sessanta del Seicento la composizione del testo in volgare italiano (p. 20) e ai primi decenni del Settecento il suo transito in Sardegna e la sua traduzione in logudorese a scopi devozionali (p. 39).

A seguire lo stesso Lutzu procede con la ricostruzione storica del fenomeno a partire dal Pontificio Seminario Regionale di Cuglieri, luogo di fissazione di un “modello” con melodia e armonizzazione a tre voci del testo che si diffonderà in tutta l’isola. Oltre all’azione dei seminaristi che, conclusi gli studi a Cuglieri, portavano poi il canto nelle parrocchie dell’isola, lo studioso approfondisce l’acquisizione del Deus nel repertorio del canto a quattro: questo processo sembra rappresentare un importante snodo nel passaggio del canto dall’ambito devozionale alla dimensione spettacolistica e a quella dell’espressione identitaria (p. 104) orbitando in una cornice di senso dinamica che Lutzu delinea sin dalle prime pagine del testo e che permette di esplicitare la pluralità di usi e di significati che il canto porta con sé (pp. 11-12). Dai protagonisti della coralità di scuola nuorese alle interpreti sarde del folk music revival – Maria Carta su tutte – il Deus ti salvet Maria travalica i confini regionali e raggiunge un pubblico più ampio, anche grazie al mercato discografico.

Una guida all’ascolto (pp. 235-271) di sedici tracce selezionate dalla vasta discografia e raccolte all’interno del CD audio allegato al libro è curata da Diego Pani e Luigi Oliva: essa consiste in altrettante schede tecniche che comprendono da un lato l’analisi di alcuni elementi formali dei brani e dall’altro la collocazione di questi ultimi all’interno della produzione musicale dei loro interpreti, arricchendosi di volta in volta di stralci di interviste ai protagonisti che lasciano ampio spazio alla riflessione. Una discografia generale (pp. 286-301) contenente all’incirca duecento voci è stata invece raccolta da Mauro Aresu a partire dalla prima incisione del brano nel 1938.

Completano il volume le Brevi note teologiche (pp. 173-185) di Roberto Caria, che approfondiscono, appunto, questioni teologiche più generali ma anche legate al particolare carattere che la devozione mariana ha assunto in Sardegna, e i Percorsi storico-analitici (pp. 187-231) ancora di Lutzu che presentano un’analisi formale – melodica, armonica e testuale – delle diverse varianti della pregadoria composta nella forma metrica della zingaresca.

Il volume, per meticolosità di indagine storica ed etnografica e approfondita analisi formale delle numerose versioni registrate e incise cui si rimanda nel testo, si iscrive a pieno titolo in una produzione scientifica esemplare, in cui la coniugazione di diversi approcci musicologici può divenire la lente con cui osservare la produzione musicale umana, che sempre più necessita di uno sguardo investigativo multidisciplinare. Dall’altro lato, lo stile divulgativo della scrittura e i numerosi materiali audio-video presenti sul sito dell’editore del volume – ai quali è possibile accedere tramite scansione dei codici QR riportati nel testo – permettono di godere sia della lettura che dell’ascolto senza rinunciare a spessore di contenuti e profondità di riflessione.




di Antonella Dicuonzo


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