Il drammaturgo Jean-Luc Lagarce (1957-1995), approfondito
e fatto conoscere al grande pubblico dal giornalista e critico Jean-Pierre Thibaudat, ha conseguito
una fama postuma tanto più rapida quanto più lenta e accidentata è stata la sua
carriera in vita. Vita breve di un tormentato, appassionato poeta del teatro, votato
a unarte per lui totale e assolutizzante. In questa biografia si apprende della
sua nascita da una famiglia operaia (i genitori lavorano alla Peugeot) in
ambiente protestante; nonché delliniziazione al teatro durante il liceo,
quando scrive la prima pièce da
recitare con i compagni. Il gusto per la scena diventa presto vocazione
impellente. Per gli studi di filosofia e arte drammatica si trasferisce dal
1975 a Besançon, manifestando nelle sue frequentazioni uninclinazione bisessuale
e poi una omosessualità accettata e vissuta.
Con la tesi Théâtre et pouvoir en Occident, Lagarce pone
nel 1980 le basi della sua visione del rapporto dellautore con le istituzioni.
Seguace degli ideali di Vilar, ha intanto
fondato nel 1977 la compagnia amatoriale La Roulotte. Per essa scrive i testi
desordio – in debito dichiarato verso Ionesco,
Beckett e Genet – nei quali affiora quel tema del “ritorno a casa” che si
affermerà nella sua scrittura a venire. Crea La Bonne chez Ducatel e Erreur
de construction, a cui seguono gli adattamenti Clytemnestre (mito degli Atridi, 1978) e Elles disent… lOdyssée (corale femminile per un ritorno, 1979). Utili
per seguirne il percorso e le intenzioni, redige Mes projets de mises en scène (appunti di regia chiari e rigorosi)
e il Journal: degni di entrare, per
qualità di pensiero e dinformazione (come del resto la Correspondance), nellopera riconosciuta e pubblicata.
Da teatrante
completo, Lagarce riesce a farsi apprezzare dal Centre Dramatique National di
Besançon, oltre i limiti del regime amatoriale dellimpresa, condivisa con gli
amici della prima ora. È decisivo lincontro con Lucien Attoun, animatore del Théâtre Ouvert a Parigi e sostenitore di
una drammaturgia giovane e nuova. La Roulotte accede al professionismo (diretta
insieme a Ghislaine Lenoir dal 1980)
mentre, grazie anche alle radiotrasmissioni dei suoi testi, Lagarce conquista
unélite che applaude le sue rappresentazioni
sorprendenti: Carthage, encore (1979)
e Ici ou ailleurs (1981). Voyage de Mme Knipper, dato al Petit
Odéon (1982), ottiene la recensione lusinghiera di «Le Monde». Un adattamento
di Phèdre di Racine, con i soli personaggi di Œnone e Phèdre, ottiene lo stesso
anno consenso da un nuovo pubblico. Nella capitale incontra nuovamente, alla fine
degli anni Settanta, il compagno di classe Dominique
Hérard, al quale resterà legato sentimentalmente per tutta la vita. Anche Sandra Mladenovicth, insegnante di
mimo, rientra negli amori intensi e fugaci di quel periodo.
La spola fra
Besançon e Parigi comporta la crescita in esperienza di gestione e in sagacia di
scrittura teatrale, grazie alle quali lartista alterna testi propri a regie di
opere classiche. Thibaudat individua
nelle prove successive i passi decisivi verso la fiducia in sé stesso, fonte di
soddisfazione artistica, ma anche di una profonda angoscia che preannuncia la
malattia. A trentuno anni (il 23 luglio 1988) laccertamento del contagio del
male acuisce il rovello interiore, la consapevolezza del pericolo, in lotta
misurata e silente verso lesterno: «La nouvelle du jour, de la semaine, du
mois, de lannée, etc… Je suis séropositif» (p. 103; dal Journal), senza che “sida” (aids) venga pronunciato. Ma il Journal
sinfittisce di allarmi: «A la sortie de lhôpital, je me demandai ce que
jallais pouvoir faire de tout ce temps qui me restait à vivre […]. Ce qui
me faisait sourire maintenant et jétais inquiet aussi de ma propre
inconscience […]. Ce qui me faisait marcher sans douleur, comme anesthésié» (pp.
107-108). Sono memorie e sensazioni intime confrontate con
un bilancio esistenziale segnato da autoironia nel presentimento della fine.
Il lascito scritto
è vasto, ricco di ventitré pièces,
due film, racconti, saggi, diario e corrispondenza. Il giudizio che Lagarce esprime
sulle proprie pièces è illuminato dalle
sue condizioni di vita, poiché la sua opera appare autobiografica, nella
necessità di esprimere istanze essenziali e ineludibili. Ricostruire la sua biografia
potrebbe comportare il rischio di sminuire la sostanza della sua opera: invece sulle
pagine, a ogni citazione dei testi (riletti o riscoperti), essa riappare più
lacerata e ferita, ma con più vivo fulgore. Passano dunque in rassegna i
soggetti e le loro strutture drammaturgiche, incarnati da personaggi i cui
modelli avevano potuto richiamare quelli di Čechov. Di Hollywood (1985), Derniers
remords avant loubli (1987), Nous,
les héros (1993), Les règles du
savoir-vivre dans la société moderne (1993), Juste la fin du monde (1990) e Le
Pays lontain (1994), Thibaudat fornisce le circostanze sorgive e gli
aspetti formali comparati. In effetti, arte, estetica e
documento sincontrano, dopo lattenzione partecipativa dedicata a valutare unopera
lunga e complessa mediante la verifica di unesistenza sincera fino al candore e
disgraziata, toccata da bellezza e dolore.
Il Journal resta a garanzia per lartista
duna memoria che non deve disperdersi, pure negli eventi che la storia
personale subisce o sceglie quasi come un destino. Del resto Thibaudat aveva
notato in un precedente Profilo (Paris,
Culturesfrance éditions, 2007) la convergenza dei destini di tre autori morti
prematuramente a fine Novecento: Bernard-Marie
Koltès, Didier-Georges Gabily e,
appunto, Lagarce, nati in provincia, lungi dai centri di produzione e divenuti registi
(eccettuato Koltès, esaltato da Chéreau)
dei propri testi. Accomunandoli nel compimento della loro opera, la morte ha
fatto di essi un simbolo, un segno di coloro che nella scrittura drammatica hanno
rinnovato una stagione finora decisa e governata dai metteurs en scène.
di Gianni Poli
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