drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti

cerca in vai


Maqam. Percorsi tra le musiche d’arte in area mediorientale e centroasiatica


Roma, Squilibri, 2019, 322 pp., euro 28,00
ISBN 978-88-85571-31-0

Il volume di Giovanni De Zorzi, professore di Etnomusicologia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e apprezzato suonatore di ney (tipo di flauto mediorientale), si pone un obiettivo ambizioso: dar conto di tradizioni musicali dalla portata vastissima, in senso geografico e storico, adottando una visione a un tempo panoramica e microscopica. Se lo scopo principale è quello di guidare il lettore in una serie di percorsi che della dimensione del viaggio vogliono mantenere il fascino, ciò non implica che si rinunci a una ricostruzione minuziosa – saldamente ancorata alle vicissitudini storiche – delle pratiche e delle teorie musicali che vanno sotto il nome di maqām: una vera e propria koinè, che unisce tradizioni diffuse dall’Andalusia alla Cina occidentale, consolidatesi nella trattatistica del XIV secolo, ma con radici molto più lontane nel tempo.

Con il termine maqām si individua dunque un sistema modale tipico di un insieme di musiche d’arte accomunate da forme, generi, strumenti, denominazioni e teorie; viceversa le singole tradizioni locali presentano caratteristiche uniche che le differenziano tra loro anche in modo netto. Se l’uniformità rispecchia un retroterra culturale condiviso, di matrice arabo-islamica, le distinzioni derivano da una molteplicità di fattori, tra cui influssi culturali e musicali, vicende politiche, orizzonti religiosi e sociologici peculiari.

Il volume è strutturato in forma di suite, come le espressioni tipiche del maqām: dopo un preludio (capitolo I) in cui si forniscono le coordinate principali per la “navigazione”, si registra una serie di capitoli tematici, un interludio e alcune modulazioni che prendono in esame sistemi musicali “imparentati” con il maqām (come il mugam azero e alcuni generi della musica classica afghana). Nel capitolo II si mettono a fuoco molteplici significati di questo stesso termine (“luogo” fisico, ma anche inteso come “posizione strumentale”, e ancora “forma ciclica”, cui si aggiungono i significati spirituali riscontrabili nella tradizione sufi). Si dà poi conto dei tratti basilari del sistema (modalità, microtonalità, monofonia, eterofonia, ciclicità ritmica e formale) e dei contesti performativi e sociali: quelle del maqām sono «musiche d’arte suonate da professionisti e nobili dilettanti presso le principali corti dell’area, nelle dimore di aristocratici musicofili e nei centri dei dervisci» (p. 24), sviluppatesi attraverso la sintesi di elementi di tradizioni precedenti (greco-ellenistica, bizantina e sassanide).

Il terzo capitolo è dedicato a una dettagliata esplorazione della trattatistica sul sistema musicale del maqām, a partire dalle fonti preislamiche (in cui emerge il concetto fondamentale di ghinā, “canto”, ma spesso anche “musica” tout court). La trattazione è organizzata per fasi cronologiche coincidenti con le successioni dinastiche del mondo arabo, legate all’emergere progressivo di importanti capitali culturali: Damasco, Baghdad, Cordoba, Granada, Herat, Tabriz, Costantinopoli, Bukhara, Samarcanda, le sei “città oasi” che costeggiano il deserto del Taklamakan, infine il Cairo. Di grande interesse sono, nei due capitoli successivi (IV e V), gli affondi sui rapporti tra musica e Islam: dalla posizione giuridica delle espressioni musicali nel contesto religioso alle prassi della cantillazione coranica e dell’adhān (“appello alla preghiera”), fino all’esplorazione delle pratiche sonore tipiche del sufismo. Nate nell’alveo di questa corrente ascetico-esoterica dell’Islam, alcune forme coreutico-musicali hanno avuto anche un grande successo turistico e mediatico, come gli spettacolari repertori dei cosiddetti “dervisci rotanti” in area ottomano-turca.

Il corpo centrale della pubblicazione è costituito dai capitoli VI, VII, VIII e X dedicati ai quattro grandi blocchi geo-culturali in cui fiorisce tale sistema musicale: il mondo di lingua araba, l’area persiano-iraniana, quella ottomano-turca e quella centroasiatica. Di ognuno di queste macro-aree si traccia la storia, con particolare enfasi sul periodo che segue la conquista islamica cui la diffusione del maqām è legata; nonché si descrivono le caratteristiche accomunanti, alcuni musicisti di rilievo, i principali generi e repertori locali destinati a mutare nel tempo. Questa parte centrale è cadenzata da un interludio (capitolo IX) sui rapporti tra Occidente e Oriente: se delle mode “orientaliste” diffuse in Europa il lettore è probabilmente consapevole (dalle porcellane rinascimentali alle “turcherie musicali” del Settecento, su cui ci si sofferma a lungo), meno note sono le vicende della musica occidentale alla corte ottomana, con la diffusione dei teatri d’opera e l’introduzione della notazione e dei sistemi didattici europei (una figura cardine di questi processi fu Giuseppe Donizetti, fratello del noto compositore).

Nell’ultima parte del volume (capitolo XI) sono minuziosamente descritti gli strumenti musicali del maqām, suddivisi per famiglie organologiche: quelli “storici”, dismessi di fronte a esigenze rinnovate e oggi ricostruiti dai liutai per esecuzioni di intento filologico; quelli tradizionali ancora in uso (tra i più noti, i liuti ‘ūd e tanbūr); infine quelli recenti come gli elettrofoni, che insieme all’amplificazione vocale e all’uso del riverbero hanno profondamente cambiato l’estetica sonora del maqām. In conclusione, si riassumono le dimensioni estetiche in gioco (capitolo XII), che insistono anzitutto sul concetto di ciclo, presente a tutti i livelli: dalla teoria alla struttura della performance musicale, dalla relazione con le sfere celesti alle diffuse pratiche di terapia musicale. A ciò pure si collega la particolare concezione dell’amore che informa i testi poetici del maqām, incentrata sulla dimensione della nostalgia e sulla sovrapposizione tra sentimento terreno e divino, cui tanto deve l’estetica provenzale e stilnovista.

Chiudono la pubblicazione una ricca discografia, che permette al lettore di comprendere appieno e avere un riscontro pratico di ciò che viene trattato, e una affascinante galleria di immagini, che raccoglie fonti iconografiche antiche e fotografie di suonatori storici e attuali provenienti dalle quattro macro-aree. 


di Giulia Sarno


Maqam. Percorsi tra le musiche d’arte in area mediorientale e centroasiatica

cast indice del volume


 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013