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A companion to Medieval and Renaissance Bologna Edited by Sarah Rubin Blanshei


Lieden-Boston, Brill, 2018, 663 pp., euro 249,00
ISBN 978-90-04-35348-0

Negli ultimi anni la storiografia su Bologna si è arricchita di nuovi, validi titoli che hanno avuto il merito di chiarire il ruolo niente affatto subordinato della città petroniana nel più vasto contesto italiano ed europeo. Essa ebbe, fin dall’antichità, una naturale vocazione a punto di scambio e di incontro: uno strategico crocevia economico e culturale favorito dalla felice posizione geografica, dagli importanti avvenimenti politico-diplomatici che qui si svolsero e dalla lunga e consolidata tradizione dello Studio. Al centro delle indagini più recenti anche il periodo dell’Umanesimo e del Rinascimento, spesso rimasto in ombra a causa di sconfortanti “assenze” dettate, ad esempio, dalla distruzione di palazzo Bentivoglio in Strada San Donato e dalla perdita degli affreschi di Francesco Del Cossa ed Ercole de' Roberti per la Cappella Garganelli in San Pietro.

Necessaria e opportuna, dunque, la corposa silloge curata da Sarah Rubin Blanshei che, attraverso i contributi di alcuni dei maggiori esperti in materia, fa il punto sulle nostre conoscenze del periodo e mette a disposizione un primo, utile regesto delle fonti e della bibliografia pregressa (pp. 18-25 e 601-604, da integrare con quanto registrato a conclusione dei singoli interventi). Punto di partenza per ulteriori indagini, il volume introduce il lettore ai temi, ai problemi e alle controversie della storia e della storiografia bolognese. Lo fa già a partire dall’introduzione (pp. 1-25), dedicata all’annosa questione della “storia delle storie di Bologna” – per citare un noto titolo di Gina Fasoli – dai primi tentativi medievali e quattrocenteschi a quelli più recenti. Un percorso segnato dai fallimenti, se si pensa che ancora nel 1969 la studiosa lamentava la mancanza di una adeguata, complessiva ricostruzione delle vicende cittadine e che tale lacuna è stata colmata solo tra il 2005 e il 2008 con la pubblicazione, in più volumi, della Storia di Bologna diretta da Renato Zangheri per la Bononia University Press.

Una difficoltà che va messa in relazione sia al ritardo con cui si affermò un forte senso di identità civica – che non si definì almeno fino alla cattura di Re Enzo nel 1249 –, sia ai successivi, divergenti interessi del Senato e del Papato. Mentre in tempi più recenti ha pesato l’assenza di edizioni moderne delle fonti primarie, base imprescindibile per un tale lavoro. Fonti qui illustrate da Diana Tura per quanto riguarda i documenti archivistici (pp. 26-41) e da Rosa Smurra per quelli finanziari (pp. 42-55).

L’articolato saggio di Francesca Bocchi (pp. 56-102) traccia le coordinate spaziali in cui vanno inseriti i saggi del volume e ricostruisce, anche attraverso le nuove tecnologie digitali, l’urbanistica della città dall’antico impianto romano agli interventi cinquecenteschi, secolo in cui vennero realizzati alcuni dei monumenti-simbolo di Bologna, come la fontana del Nettuno e il palazzo dell’Archiginnasio. Guy Geltner (pp. 103-128) affronta il tema della medicina e della salute pubblica, nonché il ruolo svolto dalla Assunteria di Sanità e dall’Ufficio del fango nella prevenzione delle epidemie e nella salvaguardia dei cittadini e degli stranieri. Un argomento strettamente collegato sia a quello del cibo e dell’alimentazione, come emerge dalle pagine di Antonella Campanini (pp. 129-153), sia a quello dell’economia e dello sviluppo demografico, al centro delle riflessioni di Fabio Giusberti e Francesca Roversi Monaco (pp. 154-184).

Massimo Giansante (pp. 185-210) commenta i vari aspetti della vita economica bolognese – dalle banche alle società di cambio, dall’usura ai Monti di pietà – evidenziando lo stretto legame con le coeve vicende politiche, tra scontri e prese di potere, tra rivendicazione della libertas (parola che dal 1376 campeggia sull’emblema del Comune) e necessità di riconoscere la sovranità papale. D’altro canto, la storia di Bologna tra Medioevo e Rinascimento è scandita dalle intermittenti ma frequenti ribellioni contro i signori stranieri (pontifici e viscontei); da quel conflitto civile che caratterizzò il XIV secolo e che si protrasse fino ai Capitoli di Niccolò V del 1447; dalla breve stagione della Signoria dei Bentivoglio, conclusasi con la conquista della città da parte di Giulio II nel 1506. Luci e ombre di un lungo periodo, affrontate, secondo diversi punti di vista, da Giorgio Tamba (pp. 211-238), Giuliano Milani (pp. 239-259), Tommaso Duranti (pp. 261-288) Angela De Benedictis (pp. 289-309) e Andrea Gardi (pp. 310-334). Quelle stesse luci e ombre che caratterizzano la giustizia criminale su cui si è concentrata la Blanshei in collaborazione con Sara Cucini (pp. 334-360).

Il rapporto tra Chiesa e identità religiosa e civile viene approfondito da Gabriella Zarri (pp. 361-385), già autrice di importanti studi sulla religiosità femminile e sulla vita monastica in età moderna; mentre Nicola Terpstra (pp. 386-410) indaga il ruolo delle confraternite tra carità e assistenza. Un forte impulso alla loro nascita venne dai primi ordini mendicanti, che si insediarono presto a Bologna impegnandosi attivamente nella lotta alle eresie medievali, come dimostrato da Riccardo Parmeggiani (pp. 411-435). Il loro ruolo fu fondamentale anche in rapporto allo Studio, la cui presenza, come si è detto e come investigato da David A. Lines (pp. 436-473), favorì la circolazione internazionale di testi e di idee, di saperi e di linguaggi artistici.

Il volume non trascura la storia della letteratura, a cominciare da quella in volgare, segnata da una parte dai soggiorni petroniani di Dante, Petrarca e Cecco d’Ascoli, dall’altra da una spiccata caratterizzazione grafica e fonetica (Armando Antonelli e Vincenzo Cassì, pp. 474-498). Senza dimenticare che a Bologna nacque Guido Guinizzelli e che qui si sviluppò una forma di Umanesimo, in bilico tra filologia, poesia e immagine, che ebbe larga fortuna in tutta Europa (Gian Mario Anselmi e Stefano Scioli, pp. 499-529). Il Medioevo fu anche una delle “età d’oro” dell’arte felsinea, grazie sia all’innovativa organizzazione del lavoro, sia all’attività di raffinati orafi, di eleganti miniatori e di pittori come Giovanni da Modena, autore i quegli affreschi per la cappella Bolognini in San Petronio di fronte ai quali non si può non rimanere ammirati (Raffaella Pini, pp. 530-558). Meno conosciuta, anche a causa delle numerose dispersioni, l’arte del Quattrocento e il ruolo dei Bentivoglio come mecenati. Un periodo, quello della loro Signoria, contraddistinto dall’attività di scultori come Niccolò dell’Arca e pittori del calibro di Lorenzo Costa, Francesco Francia e dei già ricordati del Cossa e de’ Roberti. A loro è dedicato l’ultimo saggio, firmato da David J. Drogin (pp. 559-600).

In conclusione va però fatto un appunto: spiace che non si sia trovato lo spazio per interventi dedicati alla musica e allo spettacolo, nonostante l’importanza che ricoprirono nella Bologna del tempo.



di Lorena Vallieri


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