Curato da Wolfram
Koeppe, Making Marvels. Science and Splendor at the Courts of Europe è il catalogo dellomonima mostra
allestita presso il MET (Metropolitan Museum of Art) di New York alla fine del
2019 e dedicata al collezionismo di oggetti e “ingegni” straordinari delle
corti europee rinascimentali e barocche. Strumento e specchio del potere, le “meraviglie”
artistiche e tecnologiche giocano un ruolo centrale per la comprensione della
società cortigiana di Antico regime, ma anche per far luce sul progresso
scientifico e sul valore dellartigianato in quei secoli. Il volume, suddiviso
in quattro sezioni, si avvale di un approccio interdisciplinare, con uno
sguardo focalizzato sul contesto di area imperiale.
Nella
prima sezione (Setting the Standard: Forging a Culture of Magnificence), Koeppe introduce il concetto di marvel
in quanto «wonder; any thing astonishing» (p. 15). Lobiettivo delle corti
europee era quello di sbalordire ospiti, sudditi e rivali, in tempo di festa e
non solo, con laccumulo e la produzione di oggetti e ingegni preziosi ad
abbellire i già sontuosi palazzi. Il fenomeno è analizzato nella
lunga durata: «a transformative era in Europe between the outdated medieval
order and the tumult wrought by the French Revolution and the end of the ancien
régime» (p. 15).
Nella seconda sezione (The Kunstkammer: a Haven
of Splendor & Study),
Dirk Syndram passa in rassegna collezionisti e possessori di “gabinetti
di curiosità” nellarea imperiale: dallarciduchessa Margherita dAustria a
Ferdinando I (fratello minore dellimperatore Carlo V) fino ad Alberto V duca
di Baviera. Lo studioso descrive il gabinetto delle curiosità come luogo di
autorappresentazione e di conoscenza. Se Paulus Rainer spiega che tra le
pagine dei libri ivi conservati si possono trarre informazioni su mondi esotici
di recente scoperta, Pamela H. Smith si concentra sui trattati
filosofici e sul ruolo della filosofia stessa nelle dinamiche di corte. Conclude
la sezione Florian Thaddaus Bayer con un approfondimento sul gabinetto
della famiglia Esterhazy e in particolare su quello di Nikolaus Esterhazy,
conte palatino del regno di Ungheria.
La
terza parte (Princely Education and Entertainment) è dedicata
alleducazione e allintrattenimento principesco. Peter Plassmeyer si
occupa degli strumenti scientifici la cui presenza negli studioli dei principi
è documentata, oltre che dagli oggetti superstiti, da molti dipinti. Odometri,
meridiane, orologi astronomici, sfere armillari, globi, piccoli automi e
trattati sulla matematica, sulla meccanica e sulla scienza sono simbolo di
conoscenza e quindi di autorità. Alcuni di questi oggetti rivelano la loro
preziosità non solo per il meccanismo, la forma o lutilità ma anche dal punto
di vista del materiale: lavorio, afferma Noam Andrews, fa di tali
strumenti degli ibridi in grado di superare i confini della scienza e dellarte.
Ana Matisse Donefer-Hickie si concentra invece sul rapporto tra potere e
alchimia, in particolare sul lavoro dellalchimista e vetraio Johann Kunckel
presso la corte di Frederick William elettore di Brandeburgo.
Nellultima
sezione (Technological Marvels in Motion) ancora Koeppe descrive gli
ingegni meccanici – orologi e automi – come sintesi tra scienza, arte e
spettacolo. La disamina dello studioso sul concetto di “tempo” nella storia, sbrigativa
e talvolta anacronistica, fa riferimento agli antichi senza un puntuale
riferimento alle fonti e, non avendo la pretesa di una precisa ricostruzione
filologica, fornisce spunti estemporanei a carattere multidisciplinare (come la
citazione del trattato sullAnatomia pratica di Paul Barbette, 1659).
In breve: il volume, corredato da un ricco
apparato iconografico, offre unarticolata riflessione a più voci sui temi del
potere cortigiano, della rivoluzione scientifica e dellostentazione del
possesso, fornendo nel complesso unoriginale chiave di lettura per lo studio
di un contesto più vasto che supera le pareti palaziali e che comprende larchitettura,
lurbanistica e lo spettacolo.
di Benedetta Colasanti
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