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A passi di danza. Isadora Duncan e le arti figurative in Italia tra Ottocento e Avanguardia

A cura di Maria Flora Giubilei e Carlo Sisi in collaborazione con Rossella Campana, Eleonora Barbara Nomellini e Patrizia Veroli
Catalogo della mostra (Firenze, Villa Bardini, 13 aprile-22 settembre 2019)

Firenze, Polistampa, 2019, 302 pp., € 35,00
ISBN 9788859619581

Il pregevole volume, catalogo della mostra dedicata a Isadora Duncan nella suggestiva cornice di Villa Bardini a Firenze, oltre che raccogliere le opere e i materiali esibiti nell’esposizione si presenta come un’importante raccolta di riflessioni che inquadrano la danzatrice americana nel contesto storico-culturale in cui visse. Attraverso una serie di saggi abilmente focalizzati su specifiche questioni, si ripercorre non soltanto la biografia personale e artistica della Duncan ma, soprattutto, le vediamo finalmente restituito quel ruolo fondamentale, spesso dimenticato a favore degli aneddoti ormai consegnati al leggendario, che la sua arte e la sua rivoluzione coreutica apportarono non solo nella codificazione della danza libera di delsartiana ispirazione ma anche nella riflessione artistica più ampia delle Avanguardie del periodo, in un dialogo perfettamente integrato e omogeneo.

Il volume si presenta diviso in due sezioni nella prima delle quali si raccoglie una serie di saggi tesi a inquadrare determinati fulcri tematici. La seconda sezione rappresenta il catalogo vero e proprio con la descrizione dettagliata delle opere esposte, anch’esse raggruppate per tematiche a ricalcare fedelmente la ratio della mostra articolata nelle stanze della villa (fra cui: Isadora Duncan e lo studio del mondo classico; L’esperienza fra Londra, Parigi e Berlino; L’incontro con gli artisti italiani; L’esperienza coreutica in Italia, 1902-1915; Le danzatrici libere in Italia; Da Berlino a Firenze, il rapporto con Eleonora Duse e la collaborazione dell’attrice con Craig). Quello che ne esce è un quadro della Duncan innovativo, dinamico e profondamente contestualizzato, come da tempo bisognava proporre allo spettatore amatoriale e al panorama scientifico del settore, che finalmente riceve un eclettico ritratto d’artista perfettamente restituito dall’esposizione fiorentina.

Seguendo lo spirito dell’esibizione, i saggi affidati agli specialisti di varie tematiche tendono tutti a ricollocare la Duncan in un ruolo centrale nel panorama della riflessione artistica del primo Novecento, ripercorrendo la genesi e lo sviluppo del percorso della danzatrice nella fitta e complessa rete dei fermenti culturali dell’epoca. Il testo introduttivo della curatrice Maria Flora Giubilei espone le ragioni della mostra: il rapporto fra Isadora Duncan e l’Italia, filo conduttore centrale dell’esposizione, passando dal profondo legame con Eleonora Duse e con tutti gli artisti con i quali la Duncan entrò in stretto contatto nelle città italiane che visitò e delle quali calcò i palcoscenici (Trieste, Venezia, Roma, Rimini, Firenze, Viareggio), tappe fondamentali della sua formazione e della sua “rinascita” dopo i tragici eventi biografici del 1913.

Patrizia Veroli ripercorre le fasi della codificazione della danza libera, a partire dalle riflessioni estetiche di Delsarte e dalle pratiche di Dalcroze; l’attenzione poi si sposta sulla ricezione della “nuova danza” in Italia e sulle sue effettive sedimentazioni, direttamente ispirate dalle esibizioni italiane della Duncan e dal recupero generale della tematica dell’antico da lei proposta nell’elaborazione del suo modello estetico-coreutico. Il contributo di Eleonora Barbara Nomellini restituisce, in uno dei momenti più tragici della biografia della Duncan (i mesi successivi alla morte per annegamento dei figli), l’incontro fra il pittore Plinio Nomellini e la straziata danzatrice, da lui immortalata nella cornice della spiaggia tirrenica di Lido di Camaiore: incrocio di arti e vite, affinità che le furono congeniali nello spirito e nell’intuizione creativa, e determinanti per la sua rinascita interiore e artistica.

Si prosegue con la riflessione di Rossella Campana a focalizzare un altro incontro privilegiato, quello con lo scultore fiorentino Romano Romanelli, le cui opere direttamente ispirate a Isadora (Il risveglio di Brunilde e Testa femminile, entrambe presenti nell’esposizione) consentono di tracciare un ritratto più approfondito sia del rapporto personale fra i due artisti sia del significato che le creazioni di Romanelli ebbero all’interno della vasta iconografia duncaniana e nello sviluppo del percorso artistico dello scultore. Il concetto di opera d’arte totale viene affrontato nel saggio di Paolo Bolpagni, in riferimento all’impatto che la proposta estetica e coreutica di Isadora Duncan abbia di fatto “contaminato”, più indirettamente che direttamente, la riflessione e la produzione artistica del tempo: come Auguste Rodin, che vedeva nella danzatrice l’unione perfetta fra l’arte e la vita («la vie en la danse»), la sintesi suprema delle diverse espressioni artistiche profondamente legata al tema dell’antico, non solamente richiamato nell’accezione estetica-figurativa ma soprattutto nel senso dell’eterno, dell’assoluto.

Il saggio di Francesca Simoncini chiarisce il controverso ruolo che la stessa Duncan autobiograficamente si attribuisce quale tramite del rapporto artistico fra il compagno scenografo Edward Gordon Craig e Eleonora Duse per la realizzazione dell’allestimento fiorentino del Rosmersholm di Henrik Ibsen proposto nel dicembre del 1906 al teatro della Pergola. Isadora, quotidianamente al fianco della Duse nei giorni dell’allestimento e delle prove, fu di fatto la vera ispiratrice dell’interpretazione dell’attrice e della poetica di Craig: indissolubilmente legato alle creazioni coreutiche della compagna danzatrice, lo scenografo realizzò per la Duse un allestimento innovativo, non a caso dalla critica del tempo definito di potenza emotiva musicale e di interpretazione attoriale profondamente ritmica, quasi cadenzata.

Giorgina Bertolino sposta l’attenzione sulla cerchia intellettuale torinese raccolta intorno a Cesarina Gurgo Salice e al marito imprenditore Riccardo Gualino. I coniugi mecenati, fortemente ispirati dal soggiorno a Parigi presso l’Akadémia di Raymond Duncan (fratello di Isadora), al ritorno in patria focalizzarono la loro attenzione sulla danza libera, praticata in prima persona da Cesarina, e che determinò la nascita del particolare progetto artistico dell’Accademia di via Galliari, basata sull’ideale platonico della fusione delle arti e nella quale le istanze estetiche della danza naturale rivestiranno un ruolo fondamentale.

Conclude la sezione dei saggi il contributo di Anna Mazzanti, che traccia un ritratto definitivo della straordinaria corrispondenza personale e artistica fra Isadora Duncan e Craig, tracciandone le fasi più significative e definendone le interazioni più profonde. Lo stile naturale della danza di Isadora si adatta perfettamente all’essenzialità della grafica craighiana, alla “nudità” della raffigurazione spaziale, ma al tempo stesso ne ispira gli approfondimenti interpretativi, sia nell’attitude degli attori che nella restituzione scenica: piedi nudi, abiti leggeri che agevolano il movimento dell’attore, un corpo che si trasfigura in luce e ritmo, assecondando un’energia naturale del tutto innovativa per i canoni recitativi del tempo, “liberati” dalla leggerezza ispiratrice della Duncan.


di Caterina Pagnini


La copertina

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