La
ricerca iconografica applicata alla storia dello spettacolo che da sempre
contraddistingue lapproccio metodologico di Cesare Molinari alla disciplina trova nuovo esito in questo
volumetto dedicato a Emma Lady Hamilton,
sdoppiato in due tomi il secondo dei quali interamente dedicato alle illustrazioni.
Un approdo, quello dello studioso alla controversa figura della celebre avventuriera
inglese, che potremmo quasi definire “naturale”, viste le peculiarità delle sue
famose attitudes da molti specialisti
considerate «il punto di sutura fra arti figurative e teatro» (p. 11). Più
ritratta della regina Vittoria, artista e opera darte al tempo stesso, la “divine
Lady” ha sedotto ammiratori di ieri e di oggi, entrando in vita nella sfera del
mito. Il suo alone di leggenda pre e post mortem, alimentato da una
pseudo-autobiografia frutto della penna di Alexandre
Dumas père, nonché da aneddoti,
romanzi coevi e contemporanei, pellicole cinematografiche, ha condizionato
buona parte degli studi a lei dedicati, in bilico tra opera narrativa e saggio
storico. Una bibliografia ciclopica, quella relativa alla seducente moglie di
sir William Hamilton, poi ingrassata
amante dellammiraglio Nelson, che
Molinari dimostra di conoscere puntualmente, tanto da passarla in rassegna
prima di imprimere il suo affondo da studioso di razza lì dove non si è fatta
abbastanza luce. Perché
Lady Hamilton, in fondo in fondo, era unattrice, e le sue attitudes erano teatro: esibizioni programmate, con un minimo di
allestimento scenico, che prevedevano una fluida successione di congelate figurazioni
della durata di pochi minuti. Avviate nello studio del pittore George Romney con la complicità del
primo amante Charles Greville, le attitudes rivelano il talento di unex
prostituta capace di danzare, cantare, e tutto sommato “recitare”. Ecco allora
che tali performances diventano un provvido terreno da riscoprire per lo
storico dello spettacolo: unarea anfibia, a metà strada tra arte figurativa e
arte teatrale, confinante con il moderno pantomimo ma le cui radici si
proiettano molto più lontano. Che
fossero performance teatrali lo dicono anche auree fonti letterarie: dalla
testimonianza di Goethe, suo immenso
ammiratore, che ebbe modo di apprezzarle a Napoli e nella villa di Hamilton a
Caserta sul finire degli anni Ottanta del Settecento; a Horace Walpole, che lodò senza esitazione le virtù canore di “miss
Hart” riconoscendole doti di eccellenza nelle arie dopera della Nina, o sia la pazza per amore di Paisiello in cui pare si fosse esibita a
Londra sul principio del nuovo secolo. Ma
è soprattutto sul piano iconografico che la fortuna di Lady Hamilton e delle
sue attitudes si consacra,
guadagnandole lammirazione, e in qualche caso il disprezzo moralistico, degli
intellettuali e della buona società del tempo. Molinari conduce per mano il
lettore, attraverso puntuali rimandi nel testo, nella sconfinata galleria di
ritratti della “più bella dInghilterra”, corteggiata dai migliori artisti che ambirono
ad averla come modella: dal citato Romney, che in un quinquennio scarso le
dedicò una trentina di ritratti; al primo presidente della Royal Academy Joshua Reynolds, autore di una
eloquentissima tela che la immortala come baccante; fino alle notevoli prove di
Angelica Kauffmann, Richard Westall, Thomas Lawrence, Heinrich
Tischbein, Elisabeth Vigée-Lebrun,
Thomas Baxter. In ultimo i
caricaturisti – Cruikshank, Rowlandson e soprattutto il temutissimo
Gillray – che non ebbero pietà della
sua pinguedine accumulata alla soglia dei trentanni utilizzando la sua
immagine “iconica” in divertenti allegorie spesso ad alto tasso erotico. Un
materiale figurativo, quello qui raccolto in centocinquanta riproduzioni a
colori, che diventa per Molinari documentazione primaria per cercare di
ricostruire lo svolgimento di quelle attitudes
ancora in parte misteriose. Ed è su questo versante che lo sguardo dello
studioso si affila: a partire dalla nota suite
di dodici disegni di Friedrich Rehberg
incisi da Tommaso Piroli, Molinari da un lato tenta di decifrare i personaggi di volta in volta interpretati
dallattrice, siano essi storici, mitologici, letterari, alla luce di modelli
figurativi e culturali ispirati da celebri dipinti moderni o, più spesso,
dallantica statuaria; dallaltro ricerca lazione drammaturgica – accompagnata
da un passo di danza, dallapporto di strumenti musicali, dalluso degli
immancabili scialli o altri accessori di scena – nei movimenti di traslazione
tra una figurazione e laltra. In questo modo lo studioso dimostra che le attitudes «non erano delle semplici pose
e neppure dei tableaux vivants» (p.
91): nellinterpretare la Maddalena che scendeva al sepolcro di Cristo o
Cleopatra supplice ai piedi di Ottaviano, Lady Hamilton recitava sì da statua,
ma in movimento. Era,
parafrasando il titolo del volume, “una statua danzante”, le cui esibizioni
continuano a influenzare la cultura artistica e performativa fino ai giorni
nostri.
di Gianluca Stefani
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