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Francesco Paolo Di Teodoro

Lettera a Leone X di Raffaello e Baldassarre Castiglione


Firenze, Olschki, 2020, 72 pp., 23.00 euro
ISBN 978-882-266-677-4

Uno degli argomenti più sentiti e dibattuti di questo 2020 dedicato a Raffaello – complice anche la situazione di crisi a seguito del LockDown per il Covid-19 – è indubbiamente quello della protezione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico della nostra Penisola, non solo come salvaguardia delle opere d’arte in sé, ma anche in relazione ai luoghi della loro conservazione. Un tema di lunga durata che avrebbe coinvolto anche l’urbinate, almeno secondo una parte della critica, che non esita a definire Raffaello il “primo soprintendente alle antichità di Roma”. Al suo compito di tutelare le vestigia della città andrebbero ascritti sia l’ambizioso progetto di rilievo e mappatura delle rovine di Roma antica, sia la celebre Lettera a Leone X, la cui stesura fu probabilmente affidata all’abile penna dell’amico Baldassare Castiglione.

Siamo nel pieno di quella che viene indicata come l’età dell’oro del Rinascimento romano. Dopo la politica “imperiale” portata avanti da Giulio II, il mito di Roma antica e cristiana raggiunge con Leone X i suoi frutti più coerenti; la città caput mundi diventa metà privilegiata di artisti e letterati, attratti dalle prestigiose committenze papali e da quelle delle famiglie cardinalizie e della nobiltà locale. Se è impossibile, per ovvi motivi di spazio, ripercorrere qui le principali tappe del rapporto di Raffaello con i propri mecenati, non si possono non ricordare almeno due momenti salienti del suo approccio all’antico: il sostegno al volgarizzamento di Fabio Calvo da Ravenna del De architectura di Vitruvio e i disegni per il teatro di Villa Madama, in cui l’artista elaborò il rapporto tra scena prospettica ed esegesi vitruviana. Entrambi sono databili al 1518-1519, gli stessi anni a cui viene fatta risalire la ricordata Lettera sull’architettura classica che, a eccezione di alcuni rilievi archeologici, è tutto ciò che resta della progettata pianta delle rovine di Roma.

Un documento ancora misterioso e dibattuto, spesso conosciuto solo dagli addetti ai lavori e di cui non di rado viene messa in dubbio l’autorialità. Ma che ora è finalmente riproposto da Francesco Paolo Di Teodoro in una agile edizione, pensata per un più ampio bacino di lettori. Una pubblicazione che anticipa quella in preparazione presso lo stesso editore Olschki degli Scritti di e per Raffaello e che, seppur priva dell’apparato filologico che accompagnerà il testo nella futura raccolta, è condotta con rigore scientifico sulle redazioni della Lettera conservate all’Archivio di Stato di Mantova e alla Bayerische Staatsbibliothek di Monaco. Ad accompagnarla un ampio saggio introduttivo, una suite di immagini e una essenziale bibliografia di riferimento.

Nelle pagine iniziali l’epistola viene riletta alla luce del più ampio contesto storico, politico e religioso coevo. Anzitutto come componente di un ben preciso programma di celebrazione pontificia di fronte a eventi, come il successo di Lutero, che ne stavano mettendo in discussione l’autorità; poi come abbozzo di un trattato di architettura «difficile da immaginare nel suo complesso», ma che, sulla base di alcune testimonianze, in primis le parole di Marcantonio Michiel, possiamo immaginare «formato da almeno tre ingredienti principali: una pianta icnografica di Roma antica, un testo, e disegni in pianta, prospetto e sezione degli edifici più notevoli» (p. 12). Il curatore presenta poi i testimoni del testo – quattro codici manoscritti e uno a stampa conservati, come si è detto, tra Mantova e Monaco – ed espone le controversie sulla datazione e sulla paternità – riprendendo l’ipotesi della collaborazione tra Raffaello, Castiglione e Antonio da Sangallo il Giovane già avanzata da Christof Thoenes –; i rapporti con la cultura antiquaria della Roma di primo Cinquecento; i problemi tecnici legati ai rilievi e alle proiezioni ortogonali degli edifici; la scomparsa della Lettera alla morte di Raffaello e la sua fortuna critica dopo il ritrovamento nel Settecento.

In sintesi: un testo chiave della nostra storia culturale è finalmente disponibile in una edizione corretta e facilmente accessibile e lo si può leggere alla luce della solida guida di un esperto dell’Urbinate come Di Teodoro.


di Lorena Vallieri


Lettera a Leone X di Raffaello e Baldassarre Castiglione

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