Pubblicato
in occasione dellomonima mostra alla Biblioteca Braidense di Milano,
il catalogo curato da Alessia Alberti,
Roberta Carpani e Roberta Ferro propone una accurata
lettura della cosiddetta Porta dellonore:
una xilografia raffigurante un imponente arco trionfale, commissionata da Massimiliano I dAsburgo per tramandare
il ricordo delle proprie gesta. Un documento/monumento enigmatico, dalle
dimensioni inusuali, oltre tre metri per tre, realizzato tra il 1512 e il 1518 sotto la direzione delliconologo di corte Johannes Stabius. Tra gli artisti
coinvolti Jörg Kölderer, a cui
si deve limpianto architettonico, Albrecht
Dürer, responsabile degli “ornamenti”, e Albrecht Altdorfer, a cui furono affidate le due torri
circolari laterali.
Un documento enigmatico, dicevamo, e aggiungerei
complesso. Se da un lato lopera si presenta come un arco trionfale a tre
fornici che rimanda allantica tradizione imperiale romana, dallaltro è
realizzata in un materiale, la carta, che è ben lontano dalla solennità dei
preziosi marmi di cui si fregiavano le architetture classiche. La sua struttura
sembra piuttosto avvicinarsi agli apparati effimeri realizzati per le occasioni
festive, ma i centonovantadue blocchi xilografici che, collegati tra loro,
costituiscono il monumento rinviano anche agli spazi di fruizione del mondo
librario e della stampa: «lArco,
riproducibile in più copie, facilmente trasportabile, leggero e riducibile alle
dimensioni di un codice, può essere visto come una sorta di esperimento
tipografico di grande originalità» (p. 56). Nellindagarlo occorre anche tener
presente il concetto di «autorialità multipla» delle stampe (p. 35), come
dimostrano le tre firme in forma di scudo araldico apposte sullarco in basso a
destra. Ai ricordati ideatori del progetto, occorre dunque aggiungere
lesecutore materiale dellintaglio, Hyeronymus Andreae, gli stampatori
e i committenti delle diverse edizioni – Massimiliano e i suoi discendenti – che
furono a lungo proprietari delle forme lignee, giunte numerose fino a noi e oggi
conservate allAlbertina di Vienna.
La
trattazione è divisa in tre parti. La prima raccoglie gli Studi di contesto e,
opportunamente, inizia con la narrazione della storia della Casa dAustria, da Rodolfo I, in carica dal 1273 al 1291, a
Massimiliano I. La sua ascesa, abilmente condotta tra non pochi ostacoli, lo
portò a essere incoronato re dei Romani nel 1486, quando il padre Federico III era ancora in vita, e Romanorum Imperator nel 1508, con una cerimonia
“irregolare” celebrata nel Duomo di Trento. Non bisogna poi trascurare la sua
lungimirante strategia matrimoniale, che lo indusse prima a sposare Maria di Borgogna (1477), aumentando
notevolmente le risorse finanziarie e culturali degli Asburgo, poi Bianca Maria Sforza (1493), stabilendo
così un legame con il Ducato di Milano (su cui si segnala il saggio di Stefano Meschini, pp. 25-32). Una politica
di alleanze proseguita con il doppio matrimonio ispano-asburgico dei figli, che
condusse alla supremazia degli Asburgo sulla Spagna, e con quello dei nipoti
Maria e Massimiliano con gli Jagelloni, che valse il dominio su Ungheria e
Boemia. La strada per il giovane astro nascente Carlo V era tracciata (Matthias
Schnettger, pp. 16-24).
Dal
punto di vista culturale il suo regno è ricordato come la prima età
dellUmanesimo germanico, a ridosso della tormentata stagione della Riforma
(pp. 33-44). È stato notato come nel caso di Massimiliano occorra parlare, più
che di puro mecenatismo, «di un interessato attaccamento al sapere letterario e
artistico, finalizzato alla costruzione della fama eterna» (p. 33). Quella Gedechtnus che guidò molte delle
commissioni dellimperatore, compresa la Porta
dellonore, e che aveva nel richiamo allantichità un punto di riferimento
imprescindibile: attraverso larte e la letteratura si poteva e si doveva
creare un gioco di metafore grazie al quale il nuovo sovrano del Sacro Romano
Impero diventava il naturale successore degli antichi imperatori romani,
legittimando così il suo potere. Lo attesta il complesso programma iconografico
della Processione trionfale,
strettamente collegato a quello della Porta
dellonore, ideato a partire dal 1505 dal già ricordato Stabius, poeta,
matematico, astrologo, geografo e storico di corte, autore anche della
fantasiosa Genealogia di Massimiliano I (1512
ca.).
Daltro
canto il riferimento agli antichi archi imperiali è esplicitato dallo stesso
Stabius nelle battute introduttive del testo posto in calce alla xilografia.
Secondo Alessandro Rovetta larchitettura
della Porta è più vicina alle libere
ricostruzioni tipiche dellarea emiliana – a cominciare da Bologna e Padova,
dove Dürer soggiornò nel 1506 –, piuttosto che ai tentativi di restituzione
filologica di un Mantegna o di un Giuliano da Sangallo. Imprescindibile
anche il confronto con la descrizione della decorazione figurata e istoriata
della Porta Magna nella Hypnerotomachia
Poliphili, edita da Aldo Manuzio
nel 1499. Come non pensare alluniverso allegorico qui dispiegato da Francesco Colonna? Mediazioni a cui vanno
aggiunte le suggestioni derivanti dalla cultura antiquaria milanese di Bramante, Bramantino, Cristoforo
Solari e degli altri artisti attivi nella città dellalleato sforzesco (pp.
45-55). Una stratificazione semantica e funzionale approfondita da Sonia Maffei, che rileva come nella
ideazione delle immagini simboliche dellArco
abbia avuto un ruolo speciale la moda dei geroglifici, diffusa già nel
Quattrocento e che, nei primi decenni del secolo successivo, ancora godeva di
grande favore tra gli intellettuali europei (pp. 56-65). Mentre Carpani indaga
i legami con la cultura festiva e, in particolare, con la passione di
Massimiliano I per i tornei e con luso efficace e consapevole che seppe fare dei
linguaggi performativi per la propaganda politica (pp. 66-73).
Nella
seconda sezione del catalogo sono illustrate e commentate le sette parti in cui
è diviso lArco (pp. 76-87). Sono poi
riproposti in lingua originale con traduzione di Giovanni Gobber i testi della Porta
dellonore (pp. 91-107), con particolare attenzione alle specificità
linguistiche (pp. 108-112). Infine, sono
accuratamente schedati i legni, a eccezione delle piccole cornici decorative
poste tra una storia e laltra e quelle che separano lalbero genealogico dalle
bande verticali con gli stemmi (pp. 113-175) A fare da guida il Clavis che Stabius appose in calce alla
figura, in forma di ampia legenda a fascia. Anche se, opportuno sottolinearlo,
questa decisiva chiave di lettura è assente nellesemplare della Braidense, qui
accuratamente descritto (pp. 88-90).
Chiude il volume il Catalogo delle opere esposte,
fondamentale per meglio comprendere il clima culturale e figurativo in cui
lopera venne pensata (pp. 176-275), e una ricca bibliografia (pp. 276-295).
Lindice dei nomi è invece disponibile solo on line sul sito della casa
editrice: www.officinalibraria.net. Una scelta,
questultima, non del tutto condivisibile, a fronte di un catalogo ricco di
suggestioni e spunti di riflessione.
di Lorena Vallieri
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